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Urania - Asimov d'appendice
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HERTZ, CROOKES, MARCONI & C. - Isaac Asimov
Titolo originale: The three who died too soon

L'esistenza delle onde hertziane, che oggi chiamiamo radioonde, fu dimostrata nel 1888 dal fisico tedesco Hertz a sostegno della teoria elettromagnetica della luce, formulata venticinque anni prima dal matematico scozzese Maxwell. Ma nessuno, sul momento, previde neppure lontanamente le conseguenze pratiche della scoperta.
Nel 1892, però, il fisico inglese William Crookes (1832-1919) sostenne la possibilità di servirsi delle onde hertziane per le telecomunicazioni. Le onde hertziane, infatti, si muovono in linea retta e alla velocità della luce, in più la loro lunghezza era tale che attraversavano o aggiravano gli ostacoli. Le onde potevano essere rivelate con facilità, e avviandole e fermandole secondo un codice preciso, si sarebbero potuti riprodurre i punti e le linee che costituiscono l'alfabeto Morse, evitando così i complessi e costosi sistemi di migliaia di chilometri di cavi in rame e di ripetitori necessari al normale telegrafo.
Crookes, in poche parole, suggeriva la possibilità di una telegrafia senza fili.
Una simile idea dev'essere sembrata fantascientifica (nel senso spregiativo caro agli snob ignoranti), ed Hertz, purtroppo, non poté vederla realizzata. Mori nel 1894, a 42 anni, per un'infezione cronica che oggi, con probabilità, sarebbe stata curata facilmente con gli antibiotici.
Comunque, pochi mesi dopo la morte di Hertz, l'italiano Guglielmo Marconi (1874-1937), che all'epoca aveva solo vent'anni, lesse delle scoperte di Hertz, ed ebbe istantaneamente la stessa idea di Crookes.
Per produrre le onde hertziane, Marconi si servi dei sistemi che lo stesso Hertz aveva usato, ma sviluppò un rivelatore molto più perfezionato, un cosiddetto coesore, consistente in un contenitore riempito di limatura metallica, ma non premuta. In condizioni normali, questa presentava una forte resistenza alla corrente elettrica, ma la sua conducibilità aumentava notevolmente quando era colpita da onde hertziane.
Un po' alla volta, Marconi perfezionò i suoi strumenti, mettendo a terra sia il trasmettitore sia il ricevitore. Inoltre si servi di un filo isolato che fungeva da antenna (o aereo) facilitando e la trasmissione e la ricezione.
Marconi iniziò a trasmettere su distanze sempre maggiori: cominciò nel 1895 col primo, famoso esperimento dalla sua casa al giardino, e in seguito, superò la distanza di un chilometro. Nel 1896, visto che il governo italiano non aveva mostrato alcun interesse per il suo lavoro, si recò in Inghilterra (sua madre era irlandese e Marconi parlava correntemente l'inglese) dove trasmise un segnale a quattordici chilometri di distanza, dopodiché chiese, e ottenne, il primo brevetto nella storia della telegrafia senza fili.
Tornato in Italia nel 1897, trasmise un segnale da terra a una nave da guerra che si trovava a venti chilometri al largo, e, nel 1898, di nuovo in Inghilterra, superò coi suoi segnali la distanza di trenta chilometri.
Il suo lavoro stava cominciando a essere conosciuto. Il settantaquattrenne fisico Lord Kelvin pagò per spedire un marconigramma al fisico G. G. Stokes, suo amico, che allora aveva settantanove anni. Questa comunicazione tra due anziani scienziati fu il primo messaggio commerciale della telegrafia senza fili. Nello stesso anno Marconi fece uso dei suoi segnali per comunicare i risultati delle regate di Kingstown.
Nel 1901 Marconi era all'apice delle sue ricerche. I suoi esperimenti l'avevano convinto che le onde hertziane non si irradiavano nello spazio come ci si sarebbe potuto aspettare, ma seguivano la curvatura terrestre (In seguito si scoprì che le onde hertziane vengono riflesse dalla ionosfera, una regione dell'atmosfera più esterna, da particelle cariche. In questo modo viaggiano lungo la curva della Terra rimbalzando continuamente tra il suolo e la ionosfera). Studiò quindi accurati preparativi per trasmettere un segnale attraverso l'Atlantico, dall'estremità sudovest dell'Inghilterra fino a Terranova, al largo della costa orientale del Canada, servendosi di palloni per portare le antenne il più in alto possibile. Il dodici dicembre 1901 gli arrise il successo.
Gli inglesi chiamarono, e chiamano ancora oggi, questa tecnica telegrafia senza fili (wireless telegraphy, abbreviando con wireless). Negli Stati Uniti ebbe invece il nome di radiotelegrafia, dovuto al fatto che il segnale viene trasportato da un'irradiazione elettromagnetica invece che da una corrente elettrica condotta da un filo. Dal momento che la scoperta di Marconi si fece strada più rapidamente negli Stati Uniti, che allora erano la nazione più progredita dal punto di vista tecnologico, il termine radio ebbe la meglio su wireless. In tutto il mondo si dice radio, oggi, e il dodici dicembre 1901 è solitamente ricordato come il giorno "dell'invenzione della radio".
Le onde hertziane vennero così chiamate sempre più spesso radioonde, e il vecchio nome cadde in disuso. Quella parte dello spettro elettromagnetico che va da una lunghezza d'onda minima di un millimetro (ossia il limite superiore dell'infrarosso) fino a un massimo equivalente al diametro dell'Universo (un'estensione di cento ottave) è contenuta nella gamma delle radioonde.
Le radioonde usate normalmente per le trasmissioni radiofoniche hanno una lunghezza da 190 a 5.700 metri circa. La frequenza varia da 53.000 a 1.600.000 cicli al secondo (oppure da 530 a 1.600 chilocicli). Il ciclo al secondo, o periodo, è stato battezzato hertz in ricordo dello scienziato, per cui possiamo dire che la gamma delle frequenze radio varia da 500 a 1.600 chilohertz. Nella modulazione di frequenza (FM) si usano frequenze più elevate, ed ancor di più in televisione (VHF, Very High Frequency e UHF, Ultra High Frequency).
Col passare degli anni, la radio divenne sempre più di uso quotidiano. Si svilupparono diversi metodi per convertire i segnali radio in onde sonore, in modo da poter ascoltare alla radio non solo l'alfabeto Morse, ma anche parole e musica. La radio poteva cioè essere accoppiata alle normali tecniche di comunicazione telefonica ottenendo così la radiotelefonia. In altre parole, ciò vuol dire che è possibile usare il telefono per comunicare con qualcuno a bordo di una nave in mezzo all'oceano standosene sulla terraferma: i fili telefonici trasporteranno il messaggio sul tratto a terra, mentre le radioonde si incaricheranno di fargli traversare il mare.
Però c'era un problema. L'elettricità trasportata da un filo era in grado di riprodurre un suono in modo perfettamente chiaro (come dimostrò il telefono di Alexander Graham Bell), ma le radioonde trasportate dall'etere venivano costantemente disturbate da un rumore irregolare che è chiamato statica (Una delle cause della statica è l'accumulazione di cariche elettriche sopra l'antenna).
La Bell Telephone Co. era naturalmente interessata a ridurre al minimo i disturbi nelle trasmissioni, ma, per farlo, era indispensabile scoprire quanto più si poteva sulle sue cause. Questo compito fu affidato a un giovane ingegnere, Karl Guthe Jansky (1905-1950).
Fra le cause della statica c'erano sicuramente i temporali, per cui una delle prime cose che Jansky fece fu di costruire una complessa antenna, fatta di numerose astine metalliche, disposte sia verticalmente che orizzontalmente, che potevano captare segnali da diverse direzioni. Ma la particolarità più importante era che l'antenna era installata su un telaio di automobile munito di ruote, che si poteva far girare in una direzione o nell'altra, per sintonizzarsi su ogni disturbo che veniva scoperto. Grazie a questo dispositivo, Jansky era in grado di scoprire, attraverso gli scoppiettii della statica, temporali lontanissimi.
Ma non era tutto. Esplorando l'etere, captò un sibilo, ben distinto dai crepitii dei temporali. Stava ricevendo, senza dubbio, delle radioonde provenienti dal cielo, radioonde che non erano state generate né da esseri umani né da temporali. Inoltre, proseguendo nello studio di questo sibilo, Jansky si accorse che non proveniva da tutto il cielo indistintamente, ma, per la maggior parte, da un punto ben preciso. Muovendo adeguatamente il suo sistema di antenne, riuscì ad orientarle nella direzione in cui il suono era più intenso, e si accorse che questo punto si muoveva nel cielo, esattamente come faceva il sole.
All'inizio Jansky credette che la fonte delle radioonde fosse proprio il Sole, e, se in quel periodo fosse stata in corso un'intensa attività solare, sarebbe stato nel giusto.
Il Sole, però, era in periodo di scarsa attività, e quelle poche radioonde che emetteva non potevano essere captate dalle primitive apparecchiature di Jansky. In un certo senso fu un bene, perché ne risultò che Jansky era sulle tracce di qualcosa di ben più grosso. In principio pareva che gli apparecchi di Jansky fossero orientati verso il Sole quando ricevevano il sibilo con maggiore intensità, ma, giorno dopo giorno, si scoprì che puntavano sempre più lontano dal Sole.
Il punto da cui il soffio aveva origine era fisso rispetto alle stelle, mentre il Sole, visto dalla Terra, non lo era. Nella primavera del 1932 Jansky era certo che l'origine del sibilo si trovasse nella costellazione del Sagittario. Era stato solo perché il Sole si trovava in Sagittario quando captò il soffio cosmico per la prima volta, che Jansky aveva inizialmente confuso l'uno con l'altro.
Jansky pubblicò i risultati delle sue ricerche sul numero del dicembre 1932 di Proceedings of the Institute of Radio Engineers (Atti dell'Istituto di Ingegneria Radiofonica), e questa data segna la nascita della radioastronomia.
Ma come potevano delle radioonde provenienti dallo spazio esterno raggiungere la Terra senza essere riflesse dalla ionosfera? La ionosfera impedisce alle radioonde che originano dalla Terra di sfuggire verso lo spazio, e dovrebbero impedire a quelle provenienti dallo spazio di raggiungere la superficie terrestre.
Si scoprì che le onde più corte, dette microonde, quelle più prossime all'infrarosso, per un'estensione di circa undici ottave, riuscivano a penetrare la ionosfera. Questa parte di ottave è conosciuta come finestra delle microonde.
La finestra delle microonde comprende lunghezze da circa dieci millimetri a dieci metri e frequenze da trenta milioni a trenta miliardi di cicli al secondo, cioè da 30 a 30.000 megahertz.
Per un puro caso, gli apparecchi di Jansky erano sensibili a una frequenza di poco all'interno del limite inferiore della finestra delle microonde. A una frequenza appena un po' più bassa non avrebbero potuto captare il sibilo stellare.
La notizia della scoperta di Jansky riempì a buon diritto la prima pagina del New York Times. Grazie agli studi e all'esperienza successivi, siamo ora in grado di valutare appieno l'importanza della finestra delle microonde: in primo luogo comprende un'ampiezza sette volte maggiore di quella dello spettro della luce visibile; in secondo luogo, mentre la luce consente osservazioni astronomiche non solari esclusivamente in nottate limpide, le microonde raggiungono la Terra con qualsiasi tempo, ed è possibile servirsene anche di giorno, quando non sono oscurate dal Sole.
Con tutto ciò, gli astronomi professionisti prestarono scarsa attenzione a queste scoperte. L'astronomo Fred Lawrence Whipple (nato nel 1906), che aveva da poco iniziato il suo lavoro ad Harvard, ne discusse animatamente, ma aveva il vantaggio di essere un accanito lettore di fantascienza.
Non è però il caso di biasimare troppo gli astronomi: dopo tutto c'era ben poco che potessero fare. La strumentazione necessaria per captare le microonde con un'accuratezza sufficiente per essere di utilità pratica in astronomia, non esisteva ancora.
Lo stesso Jansky non diede seguito alla sua scoperta: doveva occuparsi d'altro e la sua salute peggiorava di giorno in giorno. Mori a quarantatré anni per un'affezione cardiaca, e arrivò a malapena a vedere i primi passi della radioastronomia. Per una singolare coincidenza, tre degli scienziati di primo piano nella storia della radio, Maxwell, Hertz e Jansky, morirono intorno ai quarantanni d'età, senza poter vedere le conseguenze pratiche del loro lavoro, conseguenze realizzate puntualmente nel giro di dieci anni dalla loro morte.
La radioastronomia, comunque, non era del tutto dimenticata. C'era un appassionato che proseguiva nelle ricerche. Si trattava di Grote Reber (nato nel 1911), entusiasta radioamatore fin dall'età di quindici anni. Mentre era studente all'Institute of Technology dell'Illinois, si appassionò alle scoperte di Jansky, e si provò a proseguirne gli esperimenti. Per esempio, tentò di far rimbalzare dei segnali radio sulla Luna e di captarne l'eco (Non ci riuscì, ma era una buona idea. Una decina d'anni dopo, l'Army Signal Corps, disponendo di un equipaggiamento molto più completo, riuscì nel tentativo).
Nel 1937 Reber costruì, nel suo cortile di Wheaton, nell'Illinois, il suo primo radiotelescopio. Il riflettore, che riceveva le radioonde, aveva un diametro di nove metri e mezzo. Era stato disegnato a forma di paraboloide, per concentrare sul rivelatore posto nel fuoco le onde ricevute.
Nel 1938 cominciò a ricevere, e, per parecchi anni, fu il solo radioastronomo del mondo. Scoprì nel cielo dei punti che emettevano un flusso di radioonde più intenso di quello di fondo. Queste "stelle-radio" non coincidevano con nessuna delle stelle visibili (Alcune delle stelle radio di Reber furono poi scoperte in galassie lontane).
Reber pubblicò le sue scoperte nel 1942, e da quel momento vi fu un cambiamento sorprendente nell'atteggiamento degli scienziati nei confronti della radioastronomia.

Il fisico scozzese Robert Watson-Watt (1892-1973) era profondamente interessato al modo in cui le onde radio si riflettono. Aveva notato che le radioonde potevano venire riflesse da un ostacolo e che era possibile captarle dopo che si erano riflesse. Dal lasso di tempo intercorso tra l'emissione e la ricezione, era possibile determinare la distanza dell'ostacolo, e la direzione da cui provenivano le onde riflesse avrebbe dato la direzione dell'ostacolo.
Le radioonde più corte sarebbero state le più adatte a questo scopo, ma se fossero state troppo corte non sarebbero riuscite a penetrare le nubi, la nebbia o gli accumuli di particelle di polvere nell'atmosfera. Erano quindi necessarie frequenze abbastanza elevate per assicurare un certo grado di penetrazione, e, al tempo stesso, abbastanza basse per essere riflesse chiaramente dagli oggetti che si desiderava scoprire. La gamma delle microonde era quella adatta allo scopo e, nel 1919, Watson-Watt aveva già ottenuto un brevetto riguardante la radiolocalizzazione per mezzo dello onde corte.
Il principio è di una semplicità sorprendente, ma la difficoltà sta nel riuscire a sviluppare gli strumenti capaci di inviare e ricevere microonde con l'accuratezza e la precisione necessarie. Nel 1935 Watson-Watt aveva brevettato degli apparecchi perfezionati che consentivano di seguire il volo di un aereo per mezzo dell'eco di radioonde. Questo sistema fu chiamato Radio Detection and Ranging (Individuazione e localizzazione radio) che fu abbreviato in r.a.d.a.r. o radar.
Le ricerche furono proseguite in assoluta segretezza, e già nell'autunno del 1938 sulle coste inglesi funzionavano delle stazioni radar. Nel 1940 l'aviazione tedesca attaccò queste stazioni, ma Hitler, furioso per un leggero bombardamento effettuato su Berlino dalla RAF, ordinò ai suoi aerei di concentrare i loro sforzi su Londra. Di conseguenza le stazioni radar poterono operare indisturbate, e i tedeschi, per non aver assolutamente capito la loro importanza, non furono mai in grado di sorprendere il nemico. Pur con tutto il rispetto dovuto agli aviatori inglesi, la Battaglia d'Inghilterra fu vinta in realtà dal radar (D'altro canto, i radar americani individuarono le ondate di aerei giapponesi in avvicinamento la mattina del sette dicembre 1941, ma la segnalazione fu ignorata).
Le stesse tecniche che avevano reso possibile il radar potevano essere utilizzate dagli astronomi per ricevere microonde dalle stelle, e anche per inviarne un fascio sottile verso la Luna o altri corpi celesti e riceverne l'eco.
Se c'era bisogno di qualcosa che stuzzicasse gli appetiti degli astronomi, nel 1942 successe ciò che era in grado di farlo: d'improvviso le stazioni radar inglesi si ritrovarono cieche e sorde. Si pensò subito che i tedeschi avessero trovato il modo di neutralizzare il radar, ma la realtà era ben diversa. Il colpevole era il Sole. Una vampata gigantesca aveva irrorato la Terra di radioonde e aveva ingolfato i ricevitori radar. Ebbene, se il Sole era capace di emettere una tale quantità di radioonde, e visto che la tecnologia per studiarle era ormai sviluppata, gli astronomi riuscirono a malapena ad aspettare la fine della guerra.
E, finita la guerra, i progressi arrivarono in fretta. La radioastronomia prosperò, i radiotelescopi divennero più precisi e completi, si fecero nuove scoperte assolutamente sorprendenti. La nostra conoscenza dell'Universo ebbe una crescita smisurata, quale aveva avuto solo negli anni successivi all'invenzione del telescopio.

FINE