Science Fiction Project
Urania - Asimov d'appendice
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LE ORIGINI DELLA FONDAZIONE - Giuseppe Lippi

È il mattino del primo agosto 1941; a New York, nella Settima Avenue, un giovanotto di belle speranze sale i gradini del palazzo Street & Smith, la vecchia casa editrice specializzata in pulp magazines che pubblica "Astounding Science Fiction" (ex "Astounding Stories"). Il giovanotto ha un appuntamento col signor Campbell, sì, John W. Campbell jr., conferma all'usciere mentre attende impaziente il pass.
Attraversa quindi alcuni corridoi, e finalmente (dopo la visione di una magica stanza in cui sono accumulati, in tanti pacchetti, gli "Astounding" del mese dopo!), accede all'ufficio del signor Campbell. Il giovanotto è Isaac Asimov, un promettente nuovo autore che ha già venduto cinque racconti e che si considera ormai uno di famiglia lì ad "Astounding", il re dei pulp di fantascienza. Quando si reca agli appuntamenti con Campbell - vere e proprie story conferences, come si dice oggi in gergo hollywoodiano - Asimov dimentica completamente il mondo esterno, non riesce che a pensare ad "Astounding", al suo direttore e ai racconti in fieri di cui dovranno parlare insieme.
Così, oggi, primo agosto 1941, Asimov non pensa all'ombra minacciosa di Hitler che sovrasta l'Europa, all'invasione della Russia o alla battaglia d'Inghilterra: ma al fatto che lui deve discutere un nuovo soggetto con Campbell, e che, purtroppo, non ha nessun nuovo soggetto in mente...
Preso dalla disperazione (e mentre l'usciere lo annuncia al direttore), Asimov comincia a sfogliare nervosamente un volume che tiene sotto il braccio: sono i libretti di Gilbert & Sullivan, i famosi autori d'operette che rimarranno per tutta la vita gli idoli del nostro autore. Ed ecco, il libro si apre a caso su una pagina della Iolanthe in cui la Regina delle Fate si butta ai piedi del soldato Willis. Il soldato Willis... uhm, fantastica Asimov abbandonandosi alla libera associazione d'idee... Spesso, dove ci sono regine e soldati, c'è anche un impero. Come l'impero romano, per esempio. Che cadde nel 476 per far posto a un lungo Medioevo... A questo punto, la scintilla: Asimov ha letto per ben due volte il Declino e caduta dell'impero romano di Gibbon e si è trastullato con l'idea di volgerlo in chiave fantascientifica. Ora sa di che cosa parlerà a Campbell: di un impero galattico e del suo crollo.
Appena in tempo, perché l'usciere si fa da parte e invita Asimov a entrare: il signor Campbell lo aspetta.
John Wood Campbell è un pezzo d'uomo coi capelli tagliati a spazzola e gli occhiali con montatura d'acciaio. Il suo non è un grande ufficio, ma in quel momento gli occhi di Asimov luccicano: sulla scrivania ingombra di carte, in un angolo, spicca l'originale della copertina del numero di agosto, un bel disegno di Rogers che raffigura un gruppo di astronavi azzurrine sulle rampe di lancio e che illustra il racconto di Nat Schachner Jurisdiction. C'è anche il manoscritto di Robert Heinlein relativo alla seconda puntata dei Figli di Matusalemme, uscita quello stesso mese. Le correzioni editoriali, a matita rossa, sono discrete ma evidenti. Ma il cuore di Asimov ha un tuffo quando scorge un secondo originale di Rogers, quello per il numero di settembre: illustra nientemeno che un suo racconto, il celebre Notturno!
In un ufficio così c'è da perdere la testa, e Asimov deve sedersi. Campbell capisce: la sindrome dell'autor giovane ha colpito ancora, e gli porge un bicchiere d'acqua.
"Caro Asimov, di cosa parliamo oggi?"
Asimov fa appena in tempo a rispondere: "Di imperi galattici" che subito Campbell s'infiamma, l'idea lo ha conquistato, bisogna scrivere al più presto il racconto. Ne discutono insieme i particolari, e ben presto Campbell convince il suo scrittore che un'idea così non si può comprimere in una singola storia: ce ne vorranno due, tre, una serie. Facendo piccoli saltelli eccitati per la stanza (mentre Asimov lo guarda con un misto di soddisfazione e d'apprensione) Campbell si fa raccontare i dettagli, che il giovane collaboratore improvvisa lì per lì. Dunque, il Primo Impero Galattico è crollato: ci vorranno mille anni prima che il Secondo possa sorgere dalle sue ceneri, ed è di questo periodo d'interregno che si occuperà la serie. Vi saranno narrate le lotte, le difficoltà, gli imprevisti cui i difensori della pace galattica andranno incontro per porre fine al turbolento Medioevo stellare...
A questo punto (è facile immaginarlo) Campbell si volta verso Asimov e fa schioccare le dita: "Caro Asimov, è tutto grandioso, assolutamente inedito, ma come può un Medioevo galattico durare solo mille anni? Andiamo, è ridicolo che su scala cosmica si debbano rispettare tempi e cronologie tipicamente terrestri! No, qui ci vuole una trovata..."
E così, mentre la story conference prosegue sempre più infervorata, Asimov e Campbell abborracciano assieme il concetto di psicostoria. Si tratta di una scienza immaginaria in virtù della quale i ricostruttori dell'Impero potranno prevedere scientificamente ciò che avverrà negli anni d'interregno, influenzando direttamente gli eventi storici. In questo modo il terribile Medioevo galattico, destinato a durare trentamila anni, si ridurrà a soli mille.
Campbell e Asimov si lasciano il primo agosto su questa intesa; Asimov corre a casa, scrive il racconto (intitolato Foundation) e lo spedisce l'8 settembre. Vedrà la luce sul numero di "Astounding" datato maggio 1942. Asimov, che fin da quei giorni lontani è un saggio amministratore di se stesso, fa in modo che il racconto termini su un momento di grande suspense: in questa maniera non c'è pericolo che Campbell cambi idea e annulli il progetto di una serie.
Ma il nostro autore ha fatto i conti senza l'oste, e cioè la sua immaginazione. Che, a quanto pare, si rifiuta categoricamente di escogitare nuove avventure per i seguaci di Hari Seldon e i suoi psicostorici, i soli uomini capaci di far risorgere l'Impero abbattuto. Il 2 novembre del 1941 - come Asimov annota nel suo diario - lo scrittore, sconfortato, incontra l'amico Frederik Pohl sul ponte di Brooklyn. Gli confida in breve le sue ambasce, specificando che da quasi dieci giorni tenta inutilmente di dare un seguito a Foundation. Pohl ribatte qualcosa che Asimov non ricorda, ma che evidentemente mette in moto un meccanismo inconscio. Tornato a casa, infatti, il nostro autore siede al tavolino e comincia a comporre diligentemente Bridle and Saddle, il secondo episodio della serie (pubblicato su "Astounding" del giugno 1942).
Superato questo scoglio, dice Asimov i racconti successivi verranno scritti facilmente. Si tratta di: The Big and the Little (agosto 1944), The Wedge (ottobre 1944), Dead Hand (aprile 1945) e The Mule, pubblicato in due parti nei numeri di novembre e dicembre 1945: quando apparirà la seconda puntata, Asimov sarà ormai sotto le armi.
Terminato il servizio militare, il nostro scrive Now You See It (gennaio 1948) e si rende conto che la serie della Fondazione ormai l'ha un po' stufato. Nelle sue parole: "Mi ero stancato del ciclo Fondazione, così in Now You See It cercai di porvi fine, risolvendo il mistero dell'ubicazione della Seconda Fondazione. Ma Campbell, quando lo lesse, non ne volle sentir parlare: mi obbligò a riscrivere il finale e ottenne la promessa che avrei preparato almeno un altro racconto". La storia conclusiva appare sui numeri di "Austounding" del novembre
1949, dicembre 1949 e gennaio 1950, divisa in tre puntate. Si intitola And Now You Don't, forse l'inizio di una minacciosa protesta nei confronti di Campbell: "E adesso non ti azzardare a chiedermi un seguito".
Otto anni della sua vita, un totale di 220.000 parole: è questo il bilancio che Asimov fa guardandosi alle spalle e ripensando all'avventurosa storia del ciclo della Fondazione. L'ultimo racconto esce all'inizio di una nuova fase della sua carriera: ormai il nostro è diventato professore di biochimica alla Facoltà di Medicina dell'Università di Boston, ha pubblicato il suo primo libro e non pensa più agli imperi galattici. Ma come spesso succede, e a dispetto del suo creatore, la creatura non vuol saperne di morire.
Chi pensava che il ciclo della Fondazione dovesse languire per sempre nelle pagine di "Austounding", sbagliava di grosso: negli anni Cinquanta la fantascienza comincia a venire pubblicata anche al di fuori delle riviste, sia in paperback che in edizioni rilegate. Asimov fotocopia diligentemente i racconti della Fondazione e li sottopone a due case importanti, ma sia Doubleday (destinato, in futuro, a diventare il suo editore permanente) sia Little, Brown respingono il serial. Ne è invece attratta una piccola ditta specializzata in fantascienza, la Gnome Press, fondata nel 1950. L'editore accetta di pubblicare il ciclo in edizione rilegata, ma chiede ad Asimov il piccolo sforzo di scrivere un supplemento introduttivo, perché ha la sensazione che il primo racconto cominci troppo bruscamente. Nel 1951, dunque, vede la luce Foundation, che raccoglie l'introduzione e le prime quattro storie originali; nel 1952 è la volta di Foundation and Empire (con la quinta e la sesta storia) e nel 1953 Second Foundation, con i racconti numero sette e otto.
Purtroppo, però, Gnome è un editore quasi amatoriale: Asimov non percepisce un solo centesimo di diritti d'autore, e questa situazione esasperante dura dieci anni buoni. Le cose cambiano nel 1961, quando la Doubleday - che è ormai diventata la casa fissa di Isaac Asimov, almeno per quel che concerne la fantascienza - riceve una richiesta di traduzione del ciclo da parte di un editore portoghese. Dato che la serie della Fondazione non le appartiene, Doubleday gira la richiesta ad Asimov, il quale si sfoga sconfortato col suo editor: "Al diavolo, Tim, quei libri sono fuori del mio controllo". Timothy Seldes provvede subito a che le cose cambino, acquistando dalla Gnome tutti i diritti. L'accordo è raggiunto nell'agosto 1961: Doubleday stamperà l'edizione rilegata e la Avon Books quella tascabile (anche se negli anni precedenti c'è stata una versione economica, parziale, presso la Ace).
È da questo momento che il ciclo diviene patrimonio di quel vasto pubblico che ignora tutto di "Astounding", che storcerebbe la bocca al solo sentir nominare un "dinosauro" come Campbell ma che di fatto comincia ad appassionarsi alla fantascienza. L'edizione italiana è del 1963-64; l'edizione omnibus dello Science Fiction Book Club americano viene costantemente ristampata da vent'anni. Migliaia di lettori scrivono ad Asimov, decretando che il ciclo della Fondazione è la sua opera più riuscita. Questa opinione viene ufficializzata nel 1966, quando la trilogia galattica riceve il premio Hugo per il miglior ciclo di tutti i tempi, battendo Il Signore degli Anelli di Tolkien.
A differenza di altre opere di successo "datate", a cui si è pensato di dare un seguito per ragioni puramente commerciali, il ciclo della Fondazione non ha mai smesso di suscitare richieste di "ancora!" da parte dei fans. A un certo punto un collega di Asimov, lo scrittore Lester Del Rey, ha minacciato di scrivere lui stesso il seguito, se Isaac si fosse intestardito a non farlo. E così, dopo varie pressioni, nel 1971 Asimov siede alla macchina per scrivere e in cima a un virginale foglio bianco batte il titolo del suo nuovo romanzo: The Lightning Rod, capitolo numero quattro dell'ex trilogia galattica Ma si arresta dopo sole quattordici cartelle. "Negli anni Quaranta" scriverà, a sua parziale discolpa "mi trovavo nello stato d'animo adatto a immaginare le avventure della Fondazione.
"Trent'anni dopo non lo ero più: ormai scrivevo pochissima narrativa e il grosso del mio lavoro era rappresentato dai saggi e dai libri di divulgazione. Nemmeno la rilettura dei primi tre tomi del ciclo era bastata a ispirarmi... Anzi, preso dal terrore, mi ero domandato: ma che diavolo ci troverà, la gente, in una storia come questa?"
Eppure, la gente continuava a trovarla irresistibile. Passano altri dieci anni: l'attesa del pubblico è così spasmodica che un pittore milanese appassionato di science fiction, Giuseppe Festino, "ricostruisce" un'ipotetica copertina della rivista "Urania" in cui si presenta il tanto atteso seguito della trilogia. Il titolo immaginato da Festino per l'edizione italiana è "Terza Fondazione". Molti appassionati prendono la burla per vera, e così, quando si diffonde la notizia che Asimov sta lavorando davvero al quarto libro della saga, accettano la cosa con una punta di condiscendenza: "loro" sapevano già.
Invece si tratta di una coincidenza clamorosa: e i più informati (i quali sapevano benissimo che Festino aveva disegnato per il puro piacere di farlo, senza nessuna "spifferata" da oltreoceano) restano di sasso quando il miracolo s'avvera. Certo, il romanzo non s'intitola "Third Foundation", certo, la sua prima edizione non vedrà la luce in "Urania", ma la profetica anticipazione non perde nulla della sua magia.
Per scrivere L'orlo della Fondazione Asimov subisce una sorta di ricatto alla rovescia: la Doubleday gli spedisce un assegno di 25.000 dollari prima ancora che lui si metta al lavoro. È un anticipo sull'anticipo: alla consegna del manoscritto seguiranno altri 25.000 dollari, poi, naturalmente, i diritti d'autore non appena il romanzo avrà cominciato la sua fortunata tournée nel mondo.
Sulle prime Asimov vorrebbe rifiutare: ma Betty Prashker, senior editor alla Doubleday, è irremovibile. Tienti l'assegno e goditelo, dice. Ah, pensa il povero Asimov. Godermelo! Come faccio a godermelo, quando so di essere indebitato per cinquantamila dollari?
Non gli resta che sedersi alla macchina per scrivere, rispolverare le quattordici cartelle di The Lightning Rod e battere in cima al foglio virginale un nuovo titolo. Cominciato nel giugno 1981, Foundation's Edge viene consegnato agli editori il 25 marzo 1982. Inizialmente l'autore pensa di mantenere il vecchio titolo, The Lightning Rod; ma gli fanno presente che sarebbe carino se la parola "Fondazione" si potesse in qualche modo incorporare. Asimov propone quindi Foundations at Bay (Scacco alle Fondazioni), per giungere infine al più lapidario Foundation's Edge.
E questa è la storia.

Il tema centrale della saga è quello del crollo di un gigantesco impero galattico e dei problemi che sorgono per abbreviare il turbolento periodo d'interregno. Il genere "imperi galattici" non è un'invenzione di Asimov, sebbene la fantascienza abbia cominciato a farne un uso cosciente più o meno negli stessi anni in cui prendeva corpo il ciclo della Fondazione. Perché non prima? Ma innanzitutto per una questione di scope, cioè di grandezza degli orizzonti: la neonata science fiction degli anni Venti e Trenta impiegò un certo tempo per rendersi conto delle sue potenzialità, per capire che sì, la velocità della luce poteva essere infranta, che l'uomo poteva spingersi fuori del sistema solare, che le stelle - sia pure a prezzo di avventure titaniche - potevano venir "domate" e raggruppate in ideali Federazioni. Questi piccoli miracoli di "allargamento dell'orizzonte" avvennero, più o meno, fra il 1928 e il 1940. Solo allora cominciò a lavorare una generazione di scrittori che si era formata leggendo la fantascienza altrui, e che quindi, più che essere preoccupata di rendere accettabili determinate convenzioni (il viaggio nello spazio, nel tempo, ecc.) le dava per scontate e le portava alle loro estreme conseguenze.
Il ciclo della Fondazione di Asimov non sarebbe stato possibile senza le avventure della Pattuglia Galattica e dei Lensmen di E. E. "Doc" Smith; della Legione di Williamson; della Federazione di Edmond Hamilton (in quei classici della space opera che sono L'invasione della galassia e I soli che si scontrano). Perché un impero galaticco sia concepibile, infatti, occorre: a) postulare non solo il raggiungimento, ma il superamento della velocità della luce, cosa teoricamente impossibile per i fisici ma poeticamente ammissibile dagli scrittori; b) l'esistenza di una forma d'amministrazione così complessa da rendere possibile una civiltà relativamente omogenea pur se sparsa su stelle distanti fra loro; c) lo sviluppo, quindi, di una vera e propria "diplomazia" stellare, di una politica stellare e così via; d) l'ammissione che la storia dell'uomo non si svolga più su un piano planetario, ma universale. È un balzo concettuale notevole, perché significa il passaggio da storia microcosmica a "macrocosmica": uomo e universo si ritrovano, coincidono.
Naturalmente, per la loro stessa "grandiosità", i racconti sugli imperi galattici fanno acqua da tutte le parti se esaminati da un punto di vista logico. Come giustamente sostiene lo scrittore inglese Brian W. Aldiss, che all'argomento ha dedicato un'esemplare antologia (Imperi galattci), questi racconti piacciono in definitiva più per il loro sapore di "kolossal", di film in costume, di avventura per l'avventura, che non per le implicazioni concettuali... Salvo alcune eccezioni.
La serie della Fondazione rappresenta la più celebre e, forse, la più riuscita di queste eccezioni. Il suo fascino non risiede infatti in quell'amalgama di colori violenti e forti sensazioni per cui amiamo la space opera "calda" (Hamilton o Williamson), ma nella "credibilità", o almeno nella relativa complessità con cui è costruito lo scenario ed è mandata avanti l'azione. Nella galassia di Asimov, insomma, non contano le battaglie o i mostri verdi (che infatti sono assenti), quanto le nozioni di politica stellare, di economia, le schermaglie diplomatiche e scientifiche. E a chi, inorridito, si ritraesse dicendo: "Ma è suspense, questa?", dovremmo rispondere: sì, è suspense, perché Asimov riesce a tramutare quella che all'inizio sembrava solo una complicata partita a Monopoli in un'avventura affascinante, ricchissima di colpi di scena, imprevisti, trabocchetti, tale da far invidia al più consumato romanziere d'avventure.
Con la differenza, ripetiamo, che le avventure di Asimov sono imperniate sull'elasticità degli intelletti piuttosto che su quella dei muscoli; sulle battaglie politiche piuttosto che su quelle coi cannoni laser. Il "movimento" di questa movimentatissima saga è di tipo cerebrale: la trilogia della Fondazione può a buon diritto definirsi la "summa" della cosiddetta Età d'Oro della fantascienza, cioè di quegli anni Quaranta che furono dominati da "Astouning" e dal suo direttore Campbell. In quegli anni i lettori scoprirono, accanto all'intramontabile sense of wonder, il nuovo piacere della speculazione, dell'idea sofisticata e molto elaborata. A questo tipo di fantascienza Asimov e alcuni colleghi - soprattutto il complesso e affascinante Robert Heinlein - hanno dato parecchi capolavori.
Con Fondazione siamo in presenza di uno dei cicli di fantascienza più soddisfacenti d'ogni tempo.

L'impero galattico di Asimov è costruito non solo su tutta la serie di premesse che elencavamo sopra (superamento della velocità della luce, civiltà stellare, storia a livello cosmico, ecc.) ma su alcune idee originali e specifiche che qui trovano fortunata applicazione. In primo luogo, il concetto di Fondazione: Asimov ritiene che per salvare la galassia dal caos sia necessaria l'opera di scienziati avanzatissimi, e sono appunto questi scienziati a popolare le Fondazioni istituite centinaia d'anni addietro da Hari Seldon, l'inventore della psicostoria.
In secondo luogo, la psicostoria stessa: questa scienza immaginaria non è, al contrario di quel che si potrebbe pensare, la parente prossima di un fosco determinismo, ma si basa in sostanza sulle leggi della statistica. Se il comportamento del singolo è imprevedibile, dice Asimov (o meglio Hari Seldon), il comportamento di grandi masse di individui è statisticamente inquadrabile in una serie di tendenze. Quanto più vasta è la porzione di umanità presa in esame, tanto più precise risulteranno le "previsioni" dei suoi movimenti di massima. Grazie alla psicostoria il lunghissimo interregno fra il crollo del Primo Impero e l'avvento del Secondo verrà accorciato a proporzioni sopportabili. Ma il bello di uno scrittore come Asimov è che non si limita a postulare un'idea e a farla campare di rendita: no, si diverte a contraddirla, a immaginare gli ostacoli che le sbarreranno il passo, a inventare i tranelli a cui andranno incontro le soluzioni prospettate solo un minuto prima. È da qui che nasce la suspense, il senso del mistero: e nel caso del ciclo della Fondazione quest'imprevisto si chiama Mulo, un essere dotato di poteri "psi" che proprio per questo rischia di mandare all'aria il lunghissimo lavorio delle Fondazioni.
Ma i pericoli e gli imprevisti si moltiplicano nei successivi romanzi, da Fondazione e Terra a I robot e l'Impero fino al Preludio alla Fondazione che Asimov ha scritto nel corso degli anni Ottanta.
Fondazione anno zero, il suo ultimo libro, è stato completato poco prima della morte dello scrittore, avvenuta nell'aprile 1992. È la storia su cui il cerchio si chiude.

FINE