Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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DALLA TERRA ALLE STELLE - Henry de Graffigny

Cent'anni fa la fantascienza si chiamava "romanzo scientifico" e la sua presentazione s'ispirava al migliore gusto neoclassico. Si trattava inoltre, di opere generalmente più ponderose delle attuali, che nelle collane specializzate venivano perciò divise in almeno due volumi. Ma il numero di pagine di ciascun volume corrispondeva a quello di adesso (160 circa), e anche il prezzo era pressapoco lo stesso (dato che il franco francese di allora valeva circa 500 lire d'oggi). Con questo Dalla Terra alle Stelle (cui fecero seguito numerosi altri romanzi tra cui Le avventure straordinarie di uno scienziato russo sulla Luna, scritto in collaborazione con G. Le Faure), Henry de Graffigny oscurò la fama del suo connazionale e contemporaneo Giulio Verne.
Oggi il libretto, d'invenzione troppo scarsa, risulta francamente illeggibile; ma le illustrazioni restano dei piccoli capolavori, e le riproduciamo con un breve riassunto del romanzo. Qui assistiamo all'arrivo sulla Luna dello scienziato Johannes e di suo nipote, il tenente di cavalleria Gabriel, su un apparecchio provvisto di elica e di una specie di paracadute (da cui si capisce che la Luna è provvista di atmosfera, e si può subito dedurre che non mancheranno gli abitanti).
L'arrivo dell'apparecchio terrestre è stato notato da un astronomo selenita, certo Kivy-Aviou, che subito cortesemente si reca a prendere i due mueztzi (in linguaggio lunare, "viaggiatori") col suo gazo (sorta di monopattino a reazione), per accompagnarli in città. Come si vede, il romanziere non s'è troppo lambiccato il cervello per rappresentare i Seleniti: che lungi dall'essere provvisti di tentacoli o d'un terzo occhio dietro la testa, sono semplicemente degli omettini in miniatura, con zazzera baffi e barba alla Pasteur. Quanto ai due astronauti terrestri, l'ottima atmosfera lunare li dispensa dalla tuta spaziale. Lo scienziato Johannes s'è perciò limitato a provvedersi di un berretto di pelliccia (forse in omaggio al suo collega russo dell'altro romanzo di Graffigny, nel quale apprendiamo che "c'è un notevole interesse per le cose celesti, in Russia") mentre suo nipote Gabriel ha semplicemente aggiunto una sciarpetta colorata alla sua elegante, e sempre impeccabile, uniforme di tenente di cavalleria.
Dopo aver ricevuto festose accoglienze dai minuscoli ma civilissimi abitanti di Rhammusil-koa (la capitale della Luna), lo scienziato Johannes e suo nipote, il tenente Gabriel, vengono accompagnati in giro turistico dall'astronomo selenita Kivy-Aviou, col quale prendono posto sul singolare motoscafo che qui vediamo. Non sembra tuttavia che il paesaggio lunare li interessi molto, perché durante tutta la gita Johannes non fa che discutere di politica con Kivy-Aviou, mentre Gabriel passa quasi tutto il suo tempo immerso nella lettura delle Lettere Familiari di Cicerone, che il tenentino porta sempre con sé. Soddisfatti delle accoglienze ricevute, Johannes e Gabriel finiscono però per annoiarsi a morte sulla Luna, dove lo svago principale sembra consista nel partecipare a congressi politici o filosofici. Profittando della scarsa gravità lunare e dell'avanzata tecnologia dei seleniti, si fanno perciò costruire un nuovo battello spaziale (ma interplanetario questa volta, e senz'elica) e, in un capitolo intitolato, all'inglese, Forward!, "Avanti!", partono per l'esplorazione dei pianeti. Però, sui pianeti i due astronauti non scoprono poi nulla d'interessante. O per lo meno : il romanziere si limita a riempire diversi capitoli con tabelle di distanze e grandezze stellari tolte di peso dall'Astronomia Popolare di Camille Flammarion (una cui prefazione precede il volume). Indispettito il vecchio Johannes decide di continuare l'esplorazione con mezzi propri, oltre il sistema solare; ma non vuole che il giovane nipote l'accompagni nella disperata impresa. Sbarca perciò su una cometa di passaggio e, con uno stratagemma, rispedisce sulla Luna il battellino interplanetario col nipote dentro. La vignetta ci mostra Gabriel mentre, attorniato dai buoni seleniti, guarda scomparire la cometa che porta il suo eroico zio verso i confini della Galassia. Il romanzo si chiude, quindi, col canto dell'Inno dei Volontari.

FINE