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Urania - Asimov d'appendice
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MORTE PER PROGRESSIONE GEOMETRICA - Isaac Asimov
Titolo originale: The power of progression
Quando scrivo (e scrivo per la maggior parte del mio tempo) abito nell'attico di una casa suburbana della media borghesia americana, modesta ma sufficientemente confortevole.
Sono solvibile, lo sono sempre stato e, con un po' di fortuna, lo sarò sempre, poiché mi pagano generosamente per fare quello che più desidero al mondo. Il mio standard di vita non è molto elevato, desidero poche cose oltre che sedere davanti a una macchina da scrivere elettrica con un costante rifornimento di carta bianca a mia disposizione. Comunque, quel poco che potrei volere in più, riesco, in genere, ad averlo, o per lo meno me lo posso procurare.
Non ho padrone e non ho dipendenti, sono dunque, in entrambe le direzioni, un uomo libero. I miei editori rispettano e hanno sempre rispettato le mie idee per cui non si è mai dato il caso di dover litigare. Non ho mai avuto guai con le autorità e, con una ragionevole dose di fortuna, è probabile che non ne ne abbia mai.
In breve, vivo immerso nel mio lavoro e nella mia piccola oasi di felicità, nella più ricca nazione del mondo e nel periodo in cui questa nazione verosimilmente sembra aver raggiunto il suo massimo splendore.
È un vero peccato che tutto questo sia in realtà puramente illusorio, e che io non riesca a dissimulare a me stesso la verità. Questa mia isola di pace serena è in realtà solo una tranquilla bolla sul punto di essere travolta da una corrente impetuosa che rovina a valle verso la catastrofe mentre, spettatore impotente, io posso solo stare a guardare senza riuscire a scorgere il benché minimo ostacolo in grado di frenare o bloccare il suo fatale procedere.
Il problema può essere definito con una sola parola: sovrappopolazione.
Sono molti a lamentare quella che comunemente viene chiamata esplosione demografica, ma pochi lo fanno in termini chiari, per cui le loro preoccupazioni vengono generalmente spazzate via dagli indifferenti e dagli ottimisti. Le argomentazioni di questi ultimi sono assai semplici, addirittura semplicistiche: la popolazione è sempre andata crescendo, ma con la popolazione è anche aumentato il tenore di vita, quindi, perché preoccuparsi?
Dopo tutto, più braccia e più menti significano anche più lavoro e più inventiva, quindi maggior progresso. Un milione di uomini possono fare molto più di cento uomini e la somma delle loro qualità compenserà in eccesso tutte le aumentate difficoltà nate dall'interazione di un milione di individui paragonati a quelle di cento individui.
I risultati cui siamo giunti ne sono la dimostrazione più evidente. Si valuta che la popolazione del nostro pianeta nel 1969 sia di circa tre miliardi e mezzo, questa è naturalmente la cifra più elevata che sia mai stata raggiunta nella storia della Terra.
Questo non significa che non ci siano uomini, centinaia di milioni di uomini, i quali soffrano costantemente la fame, centinaia di milioni di uomini che vivono oppressi, spaventati e schiavizzati. Ma è anche vero che in passato la situazione era persino peggiore.
E allora? Perché preoccuparsi? Perché non sperare che la popolazione e il livello di vita continueranno a crescere in modo armonico e parallelo?
Questo atteggiamento, queste opinioni, mi ricordano invariabilmente la storia dell'uomo che stava cadendo dall'alro dell'Empire State Building. All'altezza del decimo piano sembra che qualcuno l'abbia sentito mormorare: «Ebbene, sono caduto per novanta piani e in fondo non sto mica poi tanto male!»
Esaminiamo dunque, insieme la storia del nostro pianeta dal punto di vista demografico, e desumiamone tutte le informazioni che è possibile trarne.
Gli studiosi di ecologia pensano che, nel periodo precedente l'introduzione dell'agricoltura, gli alimenti che si potevano ottenere con la caccia, la pesca e raccogliendo frutta e bacche selvatiche, potevano nutrire soltanto una popolazione mondiale che non oltrepassasse i 20 milioni, ed è anche molto probabile appunto che la popolazione totale della Terra, nell'età della pietra, non abbia mai raggiunto più di un terzo o al massimo la metà di tale cifra.
Questo significa che intorno al 6.000 a. C., la popolazione mondiale non oltrepassava probabilmente i 6 o al massimo i 10 milioni di uomini, grosso modo la popolazione odierna di New York, o di Shanghai o di Tokio (Quando venne scoperta l'America, si pensa che la popolazione indiana la quale occupava quello che attualmente è il territorio degli Stati Uniti non oltrepassasse le 250.000 persone, il che significherebbe attualmente immaginare la popolazione di una cittadina come Dayton nell'Ohio, sparsa per tutta la nazione statunitense).
Con l'introduzione dell'agricoltura è verosimile che si sia verificato il primo grosso aumento della popolazione terrestre, quando le grandi civiltà rivierasche sorte lungo il corso del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate, dell'Indo, applicando i primi principi dell'irrigazione, diedero inizio alla coltivazione che venne quindi a soppiantare l'antico sistema di raccogliere il cibo offerto dalla natura.
Questo naturalmente rese possibile lo stabilirsi in quelle zone di insediamenti umani assai più densi di quanto non fosse mai avvenuto prima.
Da allora, l'incremento della popolazione è andato parallelo con la conquista di nuove terre all'agricoltura. Con l'inizio dell'età del bronzo, si valuta che la popolazione mondiale avesse raggiunto i 25 milioni. Durante l'età del ferro, è probabile che si aggirasse sui 70 milioni.
All'inizio dell'era cristiana, la popolazione mondiale era probabilmente intorno ai 150 milioni, di cui un terzo circa era concentrato entro i limiti dell'impero romano, un altro terzo viveva nell'impero cinese, e il resto sparso per il rimanente della Terra.
La caduta dell'impero romano significò un declino della popolazione locale, gli effetti peggiori si concentrarono nell'Europa occidentale, ma è alquanto dubbio che si sia avuto un effettivo calo demografico. Inoltre, intorno all'anno 1000, quando impararono a ferrare il cavallo, a passargli il morso, e inventarono l'aratro, gli uomini riuscirono a trasformare le foreste fredde e umide dell'Europa nord-occidentale in terreno coltivabile. Intorno al 1600 la popolazione mondiale aveva ormai raggiunto i 500 milioni di individui.
Gli esploratori europei aprirono all'agricoltura altri 46 milioni di chilometri quadrati, scoprendo nuove terre in America e altrove. Nel frattempo la rivoluzione industriale aveva meccanizzato l'agricoltura, per cui era venuta a cadere la antica necessaria proporzione tra la popolazione e gli uomini dediti all'agricoltura. L'agricoltura progredì sempre più, mettendosi in grado di fornire il sostentamento a un numero sempre maggiore di persone per ogni acro coltivato. Verso il 1800, la popolazione mondiale raggiunse i 900 milioni, nel 1900 salì a 1.600 milioni, nel 1950 era già oltre i 2.500 milioni e nel 1969, come abbiamo già detto prima, si valuta che la popolazione mondiale sia di 3 miliardi e mezzo.
Studiando insieme queste cifre, cerchiamo di valutare quanto tempo è stato necessario, nei vari periodi storici, perché la popolazione del nostro pianeta raddoppiasse.
Sino al I secolo d. C., la popolazione mondiale raddoppiava in media ogni 1.400 anni. Un ritmo alquanto lento se considerate che ci vorrebbe una generazione, cioè circa 33 anni, perché si verificasse lo stesso fenomeno, solo se ogni coppia avesse quattro figli e poi morisse. Come mai? Possibile che i nostri antenati non sapessero come avere figli?
Evidentemente non è questa la spiegazione. Avevano figli con la medesima facilità con cui li abbiamo noi oggi, ma il guaio era che la maggior parte dei bambini moriva prima di raggiungere i cinque anni di età. A quell'epoca era persino raro, per coloro che oltrepassavano i cinque anni di età, diventare adulti, e ci voleva una buona dose di fortuna perché quei pochi che ce la facevano, vivessero sino ai trentatré anni.
Tutta la letteratura mondiale riecheggia dell'inesorabile brevità della vita, ma i tempi sono cambiati e noi abbiamo ormai dimenticato, o non siamo più capaci di interpretare quanto ci hanno tramandato i nostri avi.
Nell'«Iliade», Omero ci narra di Nestore che «era sopravvissuto a due intere generazioni di suoi sudditi e governava sulla terza». E noi, naturalmente, pensiamo subito che Nestore doveva essere, allora, una specie di Matusalemme. Ma non era così. In quell'epoca Nestore aveva probabilmente circa sessant'anni, età venerabile per quel periodo, e più che sufficiente per sopravvivere ai padri, ai figli dei propri sudditi, e riuscire a governare sui nipoti.
La maggior parte delle società antiche erano governate dagli «anziani». I romani avevano il senato, composto dai senatori, cioè da uomini «vecchi», basti notare che la parola senile deriva dalla medesima radice di senato e senatore. Si pensa oggi in genere che queste società fossero governate da vegliardi dalla barba bianca.
Sciocchezze! In quelle antiche società tutti gli uomini che avevano oltrepassata la soglia dei trentacinque anni erano considerati vecchi. Se volete una prova interessante di quanto sto affermando, basterà che ricordiate che per appartenere al senato degli Stati Uniti, il club degli anziani in America, bisogna avere l'età minima di trent'anni. Ai padri fondatori, nel 1787, questa età era sembrata sufficientemente avanzata. Se oggi dovessimo fissare la soglia della vecchiaia, scommetto che partiremmo, almeno dai quarantanni, a essere pessimisti.
Anche all'epoca di Shakespeare la nozione di vecchiaia era assai dissimile dalla nostra. Il «Riccardo II» comincia con queste parole: «Il vecchio John of Gaunt, dell'onorato casato dei Lancaster...» e sulle nostre scene il «vecchio John of Gaunt» è invariabilmente rappresentato come un vegliardo di almeno 150 anni che riesce a stento a trascinarsi barcollante sul palcoscenico. In realtà, nel periodo in cui è ambientata l'azione del «Riccardo II», il vecchio onorato membro del casato dei Lancaster aveva 58 anni.
Si potrebbe forse pensare che Shakespeare non lo sapesse. Ma, in un'altra tragedia, il «Re Lear», il duca di Kent, a un certo punto, parlando di sé dice: «Ho quarantotto anni sulle spalle» e più avanti nella tragedia, si parla di lui come di un «vecchio» briccone.
Si può quindi comprendere perché il primo comandamento divino all'umanità, tramandatoci dalla Bibbia sia stato «Andate, crescete, moltiplicatevi e popolate la terra...» (Genesi, 1:28).
Nelle condizioni in cui vivevano i nostri antenati, se non fossero stati fecondi e non si fossero moltiplicati, non avrebbero potuto sopravvivere. Solo avendo il maggior numero possibile di figli potevano avere la certezza che qualcuno di questi sarebbe vissuto abbastanza per avere a sua volta numerosi figli assicurando così la sopravvivenza della specie.
Ma i tempi sono mutati. La terra è popolata, e non è più necessario essere straordinariamente fecondi per essere certi che almeno alcuni sopravviveranno. Coloro che considerano queste parole della Bibbia applicabili a qualunque condizione di vita e insistono per seguire letteralmente l'insegnamento, anche se le condizioni attuali sono completamente modificate, recano un enorme danno all'umanità. Se parlassi in termini biblici direi che sono al servizio del diavolo.
Con il miglioramento delle condizioni di vita e il diminuire del tasso di mortalità, la durata della vita è aumentata e il tempo necessario per raddoppiare la popolazione mondiale è diventato sempre più breve. Eccovi la mia valutazione del tempo necessario per raddoppiare la popolazione del nostro pianeta nei vari periodi storici:
sino al 100 d. C. | 1.400 anni |
dal 100 al 1600 | 900 anni |
dal 1600 al 1800 | 250 anni |
dal 1800 al 1900 | 90 anni |
dal 1900 al 1950 | 75 anni |
dal 1950 al 1969 | 47 anni |
Potete quindi notare che non è solo la popolazione che sta aumentando; cresce anche il tasso con cui aumenta la popolazione. È questo che rende la nostra situazione esplosiva.
Non solo. La situazione è peggiore in quelle zone che meno si possono permettere questa esplosione demografica. Nelle Filippine, per esempio, il tasso corrente di incremento è tale per cui bastano 22 anni perché la popolazione raddoppi.
Questa diminuzione del tempo necessario al raddoppiamento della popolazione è stata provocata da una diminuzione non controbilanciata del tasso di mortalità. Anche il tasso della natalità è sceso, ma non abbastanza per compensare la diminuzione della mortalità, e non è comunque sceso molto in quelle zone della terra che sono «sottosviluppate».
Cosa possiamo fare, adesso?
Per potere prendere delle decisioni, dobbiamo prima renderci chiaramente conto che non è possibile lasciare che le cose vadano avanti in questo modo. E così dicendo non intendo affermare che non si deve permettere assolutamente che il tempo necessario per raddoppiare la popolazione diminuisca ancora, ma voglio dire molto di più, e cioè che è indispensabile fare in modo di abbassare il livello a cui questo aumento di popolazione è ormai giunto.
Certo ci sono gli ottimisti (e date le circostanze mi costa parecchio definire certa gente con questo termine, dato che, secondo me, l'appellativo più adatto a loro è «idioti») i quali credono che se mettiamo fine alle guerre, ristabiliamo la pace nel mondo, e facciamo progredire la scienza, potremo assorbire l'incremento della popolazione.
Secondo loro si tratterebbe solamente di affrontare da un punto di vista più scientifico la coltivazione della terra, usando con intelligenza i migliori fertilizzanti, di riuscire a trarre dall'oceano tutta l'acqua, gli alimenti e i minerali che contiene, di sviluppare la potenza atomica, di sfruttare l'energia solare. Si potrà così mantenere facilmente una popolazione molto più numerosa dell'attuale. Ho sentito affermare che la Terra, trattata in questo modo utopistico potrebbe dare asilo confortevole a 50 miliardi di esseri umani.
Ma dopo? Cosa bisognerà fare per evitare che la popolazione mondiale oltrepassi questa cifra? Non sarà necessario introdurre la regolamentazione delle nascite? In altre parole, persino il più ottimista degli uomini i non può negare la necessità di giungere alla fine, al controllo delle nascite, e si accontenta momentaneamente per ora di affermare «che non siamo ancora in questa situazione».
È possibile che quest'uomo tanto ottimista pensi che il momento in cui la popolazione mondiale raggiungerà i 50 miliardi (o qualunque altra cifra limite lui abbia stabilito) sia così lontano per cui non è il caso che ci si preoccupi? Oppure, peggio ancora, pensa che quando si sarà raggiunta quella cifra, ulteriori progressi scientifici renderanno possibile alla Terra di ospitare un numero ancora maggiore di abitanti, andando avanti così indefinitamente nel futuro?
Se tale è il suo pensiero, allora l'«ottimista» non ha la più pallida idea di come si sviluppa una progressione geometrica. In realtà ben poche persone lo sanno, per cui tenterò ora di illustrare la rapidità di incremento di una progressione geometrica.
Visto che la popolazione mondiale è di 3 miliardi e mezzo e poiché raddoppia ai nostri tempi a una velocità di una volta ogni 47 anni, possiamo scrivere l'equazione seguente: 3.500.000.000*(2^(x/47)) = y.
Questa equazione ci dice il numero degli anni (x) che saranno necessari per giungere alla popolazione mondiale (y), supponendo che la velocità con cui la popolazione raddoppia rimanga assolutamente costante. Se vogliamo risolvere la prima equazione, otteniamo: x = 156*(log(y)-9,54) Supponete di chiedervi ora quanto tempo ci vorrà perché la popolazione mondiale raggiunga i 50 miliardi, quella folla, cioè, che secondo gli ottimisti può facilmente essere ospitata dalla Terra.
Ebbene, se poniamo y uguale a 50 miliardi, allora il logaritmo di y è 10,70 e x è uguale a 182 anni.
In altre parole, se si mantiene costante l'attuale tempo necessario perché la popolazione mondiale raddoppi, giungeremo ad avere sulla Terra una popolazione mondiale di 50 miliardi verso il 2151.
È necessaria una dose più che massiccia di ottimismo per pensare che un lasso di tempo praticamente uguale all'attuale esistenza della costituzione americana (sei generazioni) saremo capaci di abolire la guerra e organizzare quel mondo utopistico di cui si parlava prima, capace di ospitare una popolazione incrementata, sino a quei limiti.
Saremo ancora più vicini a una catastrofe colossale se dovesse capitare qualche guaio quando 50 miliardi di abitanti ingombreranno la Terra, di quanto non lo siamo ora con i nostri tre miliardi e mezzo.
E se poi la popolazione dovesse aumentare e superare i 50 miliardi? Potremo sempre sperare che la scienza ci offra il modo di permettere alla popolazione di aumentare. Fino a quando potremo lasciare aumentare il numero degli abitanti del nostro pianeta in un futuro ragionevolmente prossimo?
Continuiamo a ragionare...
L'isola di Manhattan ha un'area di circa 57 chilometri quadrati, e una popolazione di 1.750.000 abitanti. Durante un giorno feriale, quando dalle zone limitrofe giungono a Manhattan altre persone, per ragioni di lavoro, la popolazione sale rapidamente, e raggiunge almeno i 2.200.000, per cui la densità della popolazione tocca i 100.000 abitanti ogni 2 chilometri quadrati e mezzo.
Supponete che tutta la Terra fosse così densamente popolata come Manhattan all'ora di punta, supponete che il deserto del Sahara fosse altrettanto densamente coperto di esseri umani, e le montagne dell'Himalaya, e l'Antartide, e qualunque angolo della nostra Terra fosse ugualmente fitto di abitanti. Supponete che si gettino delle zattere sugli oceani, e che queste zattere fossero affollate con la stessa proporzione di Manhattan...
La superficie totale del nostro pianeta è di 510 milioni di chilometri quadrati. Se fosse tutto affollato come l'isola di Manhattan nelle ore di punta, la popolazione mondiale sarebbe di 20.000 miliardi, ossia 20 trilioni. Quanto tempo ci vorrebbe per raggiungere questa cifra?
Come vi dice la seconda equazione, la risposta è sorprendentemente modesta. Pensate! Ci vorranno solamente 585 anni! Per l'anno 2554, se il tasso di aumento rimane quello odierno, la superficie della Terra sarà interamente popolata come l'isola di Manhattan.
Ma naturalmente vi verrà fatto di pensare che questo lungo ragionamento non tenga ancora conto di tutti gli elementi. Bene. In fondo sono uno scrittore di fantascienza, a volte, e so tutto quello che c'è da sapere sui viaggi interplanetari. Sicuramente quando saremo giunti all'anno 2554 gli uomini staranno andando a spasso per il sistema solare, e potranno quindi stabilirsi sugli altri pianeti che potranno servire egregiamente ad assorbire l'eccedente della popolazione terrestre.
Mi dispiace, ma non funziona.
Nei prossimi 47 anni si dovrebbe riuscire a trasportare sulla Luna, su Marte o altrove tre miliardi e mezzo di persone per mantenere lo «status quo» sulla Terra.
Qualcuno pensa veramente che saremo in grado di farlo tra 47 anni? Qualcuno pensa veramente che la Luna e Marte o qualche altro pianeta potranno essere organizzati in modo da ospitare tre miliardi e mezzo di esseri umani, seppure riusciremo a trasportarceli?
Andiamo pure avanti e continuiamo a fare ipotesi. Esistono 135.000 milioni di stelle nella galassia. Alcune di queste stelle hanno forse dei pianeti abitabili su cui l'uomo potrebbe adattarsi a vivere senza che siano necessari enormi lavori organizzativi e tecnici.
Naturalmente non è probabile che si riesca a trovare e raggiungere questi pianeti né ora né in un prevedibile futuro, ma supponiamo che lo si possa fare. Supponiamo che si possano trasferire gli esseri umani istantaneamente verso qualunque pianeta si desideri semplicemente facendo schioccare le dita e senza più dispendio di energia. E supponiamo che esista una incredibile ricchezza di pianeti abitabili nella galassia, e che ogni stella della galassia abbia dieci pianeti. Ci sarebbero allora 1.350.000.000.000 pianeti abitabili nella galassia.
Supponiamo inoltre che lo stesso fosse vero per tutte le galassie e che (secondo il calcolo di alcuni scienziati) ci siano cento miliardi di galassie. Questo significa che ci sarebbero in tutto 135.000.000.000.000.000.000 pianeti abitabili.
Continuando a far schioccare le dita e a trasferire esseri umani sino a quando tutti questi pianeti fossero popolati con la densità di Manhattan, la popolazione totale mondiale giungerebbe allora a 2.700.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000, ossia: 2,7 trilioni di trilioni di trilioni.
Ma quanto tempo sarà necessario per raggiungere questa cifra straordinaria? Parlando di miliardi di miliardi di miliardi di esseri umani può far pensare che ci vogliano milioni di anni per riuscire a riempire l'universo in questo modo assurdo e inverosimile. Se lo pensate veramente è perché non avete ancora compreso quanto è spaventoso il procedere della progressione geometrica.
Al ritmo attuale dell'aumento della popolazione ci vorranno solamente 4.200 anni per raggiungere una popolazione di 2,7 trilioni di trilioni di trilioni. Intorno all'anno 6170 avremo affollato tutti gli angoli abitabili dell'universo. Ogni stella di ogni galassia avrà ognuno dei suoi dieci pianeti coperto con una popolazione che raggiunge in ogni chilometro quadrato la stessa densità che si riscontra oggi a Manhattan nell'ora di punta.
E non è finito.
Supponiamo che uno straordinario progresso scientifico ci permetta di trasformare l'universo in alimento e di cercare in tutto l'iperspazio l'energia necessaria. Quanto tempo credete che sarà necessario per trasformare tutto l'universo conosciuto in sangue e carne umana? Il sole ha una massa di 4,4 milioni di trilioni di trilioni di libbre: se valutiamo a 110 libbre il peso medio di un corpo umano, troviamo che se il sole dovesse venire trasformato in esseri umani si otterrebbe una popolazione di 40.000 trilioni di trilioni.
Moltiplichiamo questa ultima cifra per 135 miliardi, per trasformare tutta la galassia in persone, moltiplichiamo ancora per 100, tanto per comprendere anche polvere e detriti che esistono nell'universo, oltre alle stelle e ai pianeti, e la massa totale dell'universo trasformata in persone darebbe una popolazione di 54.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000, ovvero: 54.000 trilioni di trilioni di trilioni di trilioni.
Quanto ci vorrà, tornando alla nostra progressione geometrica, per raggiungere questo risultato? Ormai credo proprio che non avrete più conservato molte speranze. Ci vorranno 6.700 anni; per cui, giunti all'anno 8700 del Signore, se continuiamo di questo passo avremo consumato tutto l'universo.
In altre parole, la scienza, qualunque sia il progresso che potrà raggiungere, non potrà sostenere a lungo l'onere di una tale esplosione demografica.
Naturalmente siamo assolutamente certi che non riusciremo a moltiplicarci secondo l'attuale tasso di incremento demografico sino a consumare l'intero universo, e neppure sino a sovraffollare la superficie di tutti i pianeti. Credo proprio che sarete d'accordo nel ritenere che l'ottimismo più illimitato ci potrà solo portare sino al superaffollamento della Terra con una densità media simile a quella di Manhattan nell'ora di punta.
Questo però significa che abbiamo come estremo limite di tempo per porre riparo a una tale situazione solo sino all'anno 2554: ci rimangono quindi poco più di cinque secoli e mezzo.
Qualunque misura o avvenimento che diminuisca il tasso di incremento demografico, o che lo abolisca addirittura, dandoci una popolazione relativamente stabile «deve» avvenire prima del 2554, e non dico «dovrebbe», o «sarebbe bene che», o «potrebbe», dico deliberatamente che «deve» avvenire.
Abbiamo tutto questo tempo? Cosa significa veramente un pianeta Terra affollato come Manhattan a mezzogiorno?
Si valuta che la massa totale di cose viventi sulla Terra sia di 20 trilioni di tonnellate, e che la massa totale di umanità sulla Terra sia di circa 200 milioni di tonnellate. L'umanità rappresenta l'1 per centomila della massa totale di vita sul nostro pianeta. Una proporzione già piuttosto alta per una sola specie.
Tutto il mondo vivente dipende (a eccezione di pochi batteri) dalla fotosintesi delle piante. Gli animali possono sopravvivere saccheggiando l'energia chimica (alimenti) prodotta dalle piante con l'aiuto dell'energia solare. Persino quegli animali che mangiano altri animali, vivono perché gli animali che servono loro da alimentazione a loro volta mangiano piante - o se anche a loro volta mangiano altri animali, questi ultimi si nutrono del mondo vegetale. Per quanto la catena possa allungarsi, essa termina, comunque, nel mondo vegetale.
Si pensa che la massa totale di un consumatore nella catena dell'alimentazione debba essere solo di un decimo rispetto alla massa totale di quello che viene assorbito, se i due debbono sopravvivere a un livello stabile. Questo significa che tutta la vita animale sulla Terra ha una massa di 2 trilioni di tonnellate, e che la massa dell'umanità è l'1 per centomila.
Poiché la radiazione solare è fissa, ed è anche fissa l'efficienza del processo di fotosintesi, la nostra Terra può sopportare solo quel dato quantitativo di vita animale. Quando la popolazione umana aumenta in massa di una tonnellata, la massa di vita animale non umana deve diminuire per fare posto all'uomo.
Quanto tempo ci vorrà perché la razza umana aumenti sino a giungere a ridurre al minimo vitale la massa di vita animale? La risposta è: 624 anni.
In altre parole, quando la Terra sarà giunta a un sovraffollamento simile a quello di Manhattan, avremo dovuto uccidere tutta la vita animale sul nostro pianeta. Tutta la fauna sarà scomparsa: non ci saranno più pesci nel mare, uccelli in cielo, vermi nel suolo. E saranno scomparsi anche tutti i nostri animali domestici, dai cavalli alle galline, dai gatti ai cani, tutti sacrificati sull'altare della procreazione umana.
(Conservatori, pensateci, e ricordate sempre che se aumenta la popolazione umana, la vita animale deve diminuire, e né la nostra pietà, né l'intelligenza o le lacrime potranno nulla. Se volete battervi giustamente per la vostra idea, conservatori, lottate, lottate per il controllo delle nascite.)
Ma uccidere la vita animale non è che un aspetto del problema. Tutta la flora dovrà essere trasformata in piante per l'alimentazione, lasciando solo un margine minimo per le piante non commestibili. Quando il nostro pianeta sarà trasformato in una enorme Manhattan - tutto un pianeta ridotto a un enorme edificio per uffici - l'unica forma vivente rimasta oltre all'essere umano, saranno quelle piccole cellule nei serbatoi di alghe che ricopriranno i tetti di questo edificio.
Teoricamente potremmo imparare a utilizzare l'energia solare e a convertirla in alimenti sintetici senza l'aiuto della flora naturale, ma pensiamo veramente di riuscire a farlo a livello sufficiente per alimentare una popolazione di 20 trilioni entro i prossimi cinque o sei secoli? Non lo credo.
E non si tratta solo di un problema alimentare. A che punto saranno, allora, le nostre risorse? Con una popolazione di 3 miliardi e mezzo, e l'attuale sviluppo tecnologico, stiamo sfruttando al limite il nostro suolo, giungendo all'esaurimento dei minerali, distruggendo il nostro patrimonio forestale, consumando carbone e petrolio con una rapidità spaventosa. Ricordatevi che con l'aumento della popolazione aumenta anche il livello tecnologico, e quindi aumenta ancora più rapidamente il consumo delle risorse. Si valuta che quando la popolazione degli Stati Uniti avrà raddoppiato, il consumo dell'energia sarà aumentato di sette volte.
E cosa dire a proposito della polluzione? Con una popolazione attuale di 3 miliardi e mezzo, e all'attuale livello di progresso tecnologico, stiamo avvelenando la terra, il mare, l'atmosfera in modo assai pericoloso. Cosa faremo tra un secolo, quando la popolazione avrà raggiunto i 14 miliardi e l'ammontare dei rifiuti della produzione sarà diventato 50 volte più abbondante?
Questi problemi non sono forse insolubili, se non li lasciamo crescere a dismisura, e anche allora, pure con grandi difficoltà, potrebbero comunque essere affrontati. Ma come poterli risolvere se ogni anno peggiora il rapporto risorse-consumo e produzione-rifiuti, come sta avvenendo attualmente?
E infine, cosa ne sarà della dignità umana?
Come pensare che potremo vivere dignitosamente quando affolleremo ogni casa, ogni strada, ogni pezzetto di terra? Quando mancherà lo spazio, quando scomparirà ogni possibilità di vita privata, nasceranno innumerevoli possibilità di attrito che sfoceranno inevitabilmente in irritazione e odio, e che andranno crescendo con l'aumento demografico.
Ripensando a tutto quanto è stato detto, non credo che si possa rischiare di permettere all'umanità di aumentare al tasso di incremento attuale neppure per una sola altra generazione. Dobbiamo assolutamente raggiungere un livello stabile di popolazione mondiale entro le prime decadi del XXI secolo.
E sono sicuro che in un modo o nell'altro lo faremo. Se non agiamo, se lasciamo che gli avvenimenti seguano il loro corso naturale, l'aumento della popolazione sarà bloccato da un inevitabile aumento della mortalità dovuto a guerre e a sommosse scatenate dalla disperazione, e dall'aumentare di violenti attriti tra gli esseri umani, dalle epidemie che l'affollamento e il decadimento tecnologico renderanno inevitabili, dalle carestie provocate dalla mancanza di una sufficiente riserva di cibo.
La sola alternativa ragionevole è ridurre la natalità. Anche questa, naturalmente, diminuirà da sé quando il sovraffollamento e la fame renderanno meno efficiente la procreazione. Ma dobbiamo proprio aspettare di essere giunti a una situazione così drammatica? Se continuiamo ad aspettare, prevedo che la carestia comincerà a colpire paesi come l'India e l'Indonesia intorno al 1980.
In poche parole brutali: nel prossimo futuro dell'uomo si delinea una gara tra l'aumento della mortalità e la diminuzione della natalità, e verso l'anno 2000, se, com'è auspicabile, la seconda alternativa non si sarà imposta all'umanità, sarà la morte a vincere.
FINE