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Urania - Asimov d'appendice
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TUTTO E NIENTE - Isaac Asimov
Titolo originale: All and nothing

Se vogliamo considerare il «tutto» per quanto concerne le impressioni sensoriali, non c'è niente di meglio che prendere in considerazione l'Universo. C'è la Terra, che fa parte del sistema solare, che fa parte della galassia costituita da circa cento miliardi di soli, la quale a sua volta non è che una tra circa cento miliardi di galassie.
Se osserviamo l'Universo, ci accorgiamo che una delle sue fondamentali caratteristiche complessive è l'espansione. Le galassie esistono in gruppi, alcuni piccoli, altri grossi, e tutti questi gruppi continuano ad allontanarsi l'uno dall'altro. Questa espansione si presume sia il risultato di un iniziale evento esplosivo: il «big bang».
Una volta conosciuto il ritmo d'espansione, è possibile calcolare la data d'inizio dell'Universo con una certa sicurezza, come ho precisato nel mio ultimo articolo, apparso su Urania n. 893.
Ma che dire dell'altra estremità della marcia del tempo? Quale sarà la fine dell'Universo, e quando avverrà?
Potremmo obiettare che, benché vi sia un limite a quanto nel tempo possiamo risalire, in quanto l'Universo diventa sempre più piccolo man mano che procediamo a ritroso nel tempo e prima o poi raggiungerà il volume zero, non vi è alcun limite a quanto possiamo andare avanti nel tempo. Più avanti procediamo e più grande diventa l'Universo, ma è difficile prevedere quale possa essere la dimensione massima oltre la quale non potrà andare. Può continuare a espandersi per sempre e, in quel senso, può non avere mai fine.
Per usare un'analogia semplice, supponiamo che la Terra sia sola nell'Universo e che vi sia un oggetto un miglio sopra la sua superficie che si muove verso l'altro a velocità costante. Possiamo stabilire quando ha iniziato il viaggio perché, se consideriamo la situazione sempre più indietro nel tempo, arriveremo a pensare a un oggetto sempre più vicino alla superficie terrestre. In un certo periodo del passato l'oggetto dev'essere stato sulla superficie della Terra e quello rappresenterebbe il momento in cui ha iniziato il suo viaggio verso l'alto.
Se tuttavia prendiamo in esame la situazione sempre più avanti nel tempo, l'oggetto sarà andato sempre più verso l'alto, e poiché in quella direzione non vi è nulla che lo possa fermare, concluderemo che l'oggetto continuerà a viaggiare per sempre, e che il suo viaggio non avrà mai fine.
Un Universo in infinita espansione è un Universo «aperto». Se presumiamo che l'Universo sia aperto, possiamo ipotizzare che, dopo un immenso periodo di tempo, i vari gruppi di galassie saranno separati tra loro da distanze così enormi che un gruppo non potrà essere distinto dall'altro. In tale caso osservatori intelligenti sulla Terra (o da un altro equivalente punto d'osservazione) in un futuro lontano saranno in grado di vedere soltanto oggetti nella nostra Galassia, o nelle altre galassie facenti parte di quello che viene chiamato il «Gruppo Locale». A parte quello, l'Universo sembrerà vuoto.
Vi potrebbero essere cambiamenti nelle caratteristiche principali dell'Universo come risultato della sua continua espansione. Alcuni sostengono che l'intensità della forza gravitazionale diminuisce con l'espansione dell'Universo. Meno polemicamente, si sostiene che la temperatura media dell'Universo diminuisce con l'espansione (ora è, mediamente, di circa tre gradi sopra lo zero assoluto).
Se ignoriamo la possibilità di tali cambiamenti, potremmo concludere che la pura espansione dell'Universo in questo modo non importerebbe gran che alla gente comune, per quanto gli astronomi potranno rammaricarsi per la perdita delle galassie esterne.
Dopotutto, gli unici oggetti che possiamo vedere in cielo a occhio nudo sono le stelle più vicine della nostra Galassia, più altri membri del Gruppo Locale come le nubi magellaniche e la galassia di Andromeda. Anche con un telescopio vi sarebbe molto da studiare.
Né avremmo bisogno di sentirci in imbarazzo anche se avessimo la capacità di effettuare facilmente voli interstellari. Il nostro Gruppo Locale contiene circa un trilione di stelle, che è certamente una cifra abbondante.
Ma non possiamo aspettarci che le nostre stelle rimangano invariate. D'accordo con la seconda legge della termodinamica, sappiamo che un giorno finirà l'energia di cui disponiamo. Ciascuna stella consumerà tutto il suo carburante e avrà un collasso. Le stelle più piccole si trasformeranno in nane bianche con relativa lentezza, poi si raffredderanno piano piano fino a diventare stelle nane nere.
Le stelle più grandi esploderanno e collasseranno fino a diventare stelle ai neutroni o addirittura buchi neri. Infine, le nane bianche e le stelle ai neutroni, durante il loro viaggio attraverso lo spazio raduneranno abbastanza massa da esplodere ancora fino a diventare buchi neri, mentre gli attuali buchi neri diventeranno sempre più larghi e voluminosi.
Sembrerebbe allora che tutta la massa dell'Universo potrebbe divenire preda di uno o dell'altro buco nero, e così al posto di ciascuna galassia potrebbe esistere solo un enorme buco nero come rappresentante del suo centro, con possibili buchi neri planetari di minori dimensioni, ciascuno rappresentante una parte della periferia. Questi buchi neri esisterebbero in gruppi, grossi e piccoli, quali rappresentanti dei gruppi galattici, e tutti i gruppi di buchi neri continuerebbero ad allontanarsi per sempre gli uni dagli altri.
Attualmente, tuttavia, si crede che i buchi neri evaporino lentamente. Questa evaporazione procede tanto più rapidamente quanto più piccoli sono i buchi neri e più bassa è la temperatura media dell'Universo. Nelle condizioni attuali, il ritmo con il quale il buco nero tipico ammassa materia dall'ambiente circostante ha molto più peso di qualsiasi tendenza all'evaporazione.
Andando avanti nel tempo, tuttavia, verrà un momento in cui non vi sarà praticamente altra materia da assorbire all'infuori dei buchi neri e in cui la continua espansione avrà fatto diminuire la temperatura media dell'Universo molto ma molto più vicina allo zero di quanto sia ora. Il fatto allora dominante sarà l'evaporazione dei buchi neri, che si contrarranno lentamente producendo una materia che si propagherà sotto forma di una fine, sottile nube fatta di polvere, atomi e particelle subatomiche, che diventerà sempre più fine e rarefatta.
Quella sarà la fine. L'entropia non giungerà mai al massimo perché continuerà ad aumentare, anche se con sempre maggiore lentezza, mentre l'Universo continuerà ad espandersi.
Ma continuo a dire «alla fine». Che significa «alla fine»?
Molto probabilmente l'Universo è vecchio di 15 eoni (vale a dire 15 miliardi di anni) benché vi siano state recenti polemiche al riguardo. Tuttavia le piccole nane rosse, che costituiscono i tre quarti di tutte le stelle, e che usano molto avaramente il loro idrogeno come carburante, possono continuare la loro vita di stelle normali per un periodo di 200 eoni (Paragonatelo alla vita di una stella normale come il sole, che è di circa 12 eoni).
Questo significa che le nane rosse, che sono state create durante l'infanzia dell'Universo, sono ancora giovanissime, in quanto hanno consumato meno di un decimo della loro scorta totale di carburante.
Inoltre, nuove stelle si formano in continuazione, perché negli spazi interstellari rimangono ancora gas non condensato e polvere, che aumentano continuamente man mano che altre supernove esplodono. Sicuramente, mentre il gas e la polvere primitivi si condensano e viene aggiunto nuovo materiale creato dalle supernove, il contenuto in idrogeno sia del gas sia della polvere di cui sono fatte le nuove stelle diminuisce gradualmente, mentre i componenti costituiti da elementi pesanti aumentano. Alla fine il carburante sparirà del tutto, ma a mio avviso per questo processo saranno necessari non meno di 1.000 eoni.
Quanto tempo ci vorrà perché le nane bianche e le stelle di neutroni si raffreddino? Perché tutta la materia si faccia assorbire da uno o dall'altro buco nero? Perché tutti i buchi neri evaporino finché l'Universo non sarà nient'altro che un tenue vapore tendente sempre più alla rarefazione?
Non so. Non ho mai visto una previsione ragionevole, ma ritengo che sarebbe necessario un enorme numero di anni, un numero inimmaginabile. In un tale Universo la durata del tempo durante il quale la vita, così come la conosciamo, sarebbe possibile costituirebbe, comparativamente, il più piccolo istante della storia, quell'istante, naturalmente, che a noi capita di attraversare.

Non mi piace l'idea di un Universo aperto. Se è così che stanno le cose, devo accettarle, sia che mi piacciano o no, ma è possibile un'altra interpretazione dell'Universo?
Supponiamo di riprendere l'analogia dell'oggetto che si allontana dalla superficie della Terra. Abbiamo detto che si alzava a una velocità costante, ma ciò è impossibile, naturalmente. L'oggetto che si stacca dalla superficie è sempre sottoposto all'attrazione gravitazionale della Terra e quindi la sua velocità di allontanamento viene costantemente rallentata. L'oggetto si alza sempre più lentamente.
Se l'attrazione gravitazionale terrestre si mantenesse costante con la distanza, indipendentemente dalla rapidità con cui l'oggetto si muove verso l'alto, la velocità di questo diminuirebbe fino a zero. In altre parole, l'oggetto smetterebbe di muoversi verso l'alto, si fermerebbe momentaneamente e poi comincerebbe a cadere.
Tuttavia l'attrazione gravitazionale della Terra si indebolisce con la distanza. Se l'oggetto si muove verso l'alto a una certa velocità, la sua distanza dal centro della Terra aumenta così rapidamente che la forza gravitazionale diminuisce troppo velocemente per rallentarlo effettivamente. La velocità, in quel caso, non discende mai fino allo zero rispetto alla Terra e quindi l'oggetto non ricade mai indietro. La velocità minima a cui tutto questo accade è conosciuta come «velocità di fuga».
A velocità minori di quella di fuga, l'oggetto che si muove verso l'alto alla fine rallenterà fino a fermarsi e poi comincerà a cadere (benché avrà raggiunto un'altezza maggiore di quanto potrebbe se l'attrazione gravitazionale della Terra non diminuisse contemporaneamente con la distanza).
L'Universo in espansione è praticamente nella stessa posizione dell'oggetto che si alza dalla Terra. L'Universo «non può» espandersi a un ritmo uniforme nel tempo perché si espande contro l'attrazione del suo intero campo gravitazionale. Il ritmo di espansione, perciò, deve rallentare.
Il problema quindi è se il ritmo d'espansione è superiore o minore della velocità di fuga della materia rispetto all'intero campo gravitazionale dell'Universo.
Se è superiore alla velocità di fuga, l'Universo è aperto e si espanderà in eterno. Se è inferiore alla velocità di fuga, abbiamo un «Universo chiuso» che si espanderà a un ritmo sempre più lento finché farà una momentanea pausa, dopo la quale ricomincerà a contrarsi.
Un Universo in contrazione occuperà un volume sempre minore col trascorrere del tempo, finché questo volume sarà così compresso che causerà un nuovo big bang. Il processo continuerà per sempre in futuro, così come è continuato per sempre in passato, simile a un oggetto che cade e rimbalza, si alza fino a fermarsi pian piano, poi cade e rimbalza, si alza fino a fermarsi pian piano e così via.
Comunque, tra rimbalzi ed esplosioni, nulla va perduto. Durante la contrazione viene recuperata non solo tutta la materia dell'Universo, ma anche tutta la radiazione immateriale.
La radiazione non si muove in linea retta. Se così fosse, la potremmo immaginare che fugge per sempre verso l'esterno, indipendentemente dal fatto che la materia dell'Universo si stia espandendo o contraendo. La radiazione invece segue la curva di un universo einsteiniano, mentre la presenza della materia produce curve a diversi gradi di tensione. In un Universo aperto, un tale sentiero curvilineo, qualunque sia la sua posizione locale, si snoda indefinitamente a spirale verso l'esterno. D'altra parte, in un Universo chiuso un tale sentiero si apre a spirale verso l'esterno fino a un limite definito, poi si chiude nuovamente a spirale verso l'interno.
In un Universo chiuso non vi è un vero inizio né una vera fine. L'Universo si ripete senza fine e si può solamente parlare dell'inizio e della fine di una particolare oscillazione (la «lunghezza d'onda dell'Universo», per così dire). La durata dell'intervallo tra i vari big bang dipende da quanto rapidamente si può chiudere l'Universo, e suppongo che se l'Universo fosse chiuso, l'intervallo dovrebbe essere di circa 1.000 eoni. Ma questa è solo una supposizione.
Mi piace l'idea di un Universo chiuso. È ciclico e ordinato e ad ogni oscillazione offre una nuova possibilità di vita.
Sfortunatamente, un Universo chiuso non esiste solo perché lo voglio io. Se esiste o no dipende da quanto ci mostra l'evidenza, in altre parole se l'attuale ritmo d'espansione è superiore o inferiore alla velocità di fuga dell'Universo.
Dato un particolare ritmo di espansione, la velocità di fuga dipende dall'intensità del campo gravitazionale generale dell'Universo che, a sua volta, dipende dalla densità media della materia nell'Universo.
Perciò, se il ritmo di espansione è tale che la velocità di recessione di una galassia aumenta di cinquanta chilometri al secondo per ogni milione di parsec in più di distanza da noi (una cifra generalmente accettata, malgrado sia stata recentemente contestata) la densità media dell'Universo deve essere di circa 5*l0e-30 grammi per centimetro cubico come minimo, perché l'Universo possa essere considerato chiuso.
Il volume attuale dell'Universo è di circa 10e+85 centimetri cubici (un 1 seguito da 85 zeri). Se l'Universo avesse proprio la densità media minima necessaria per essere chiuso, la sua massa totale sarebbe 5*l0e-30*10e+85, o 5*10e+55 grammi, o 2,5*10e+22 volte la massa del nostro Sole. Per un Universo chiuso, ci dovrebbe essere l'equivalente di 25.000.000.000.000.000.000.000 (25.000 milioni di trilioni) di stelle delle dimensioni del Sole nell'Universo.
Il guaio è che la densità media dell'Universo, a giudicare dalla massa della galassia media e dalla distanza media tra le galassie, non è più di 1/100 di quel minimo, in modo che vi è l'equivalente di soltanto 250 milioni di trilioni di stelle delle dimensioni del Sole nell'Universo.
Questo significa che il campo gravitazionale dell'Universo ha solamente 1/100 dell'intensità che dovrebbe avere per poter essere in grado di arrestare l'espansione universale. L'Universo perciò è aperto, e questo periodo di potenzialità di vita è e sarà (per quel che ne sappiamo) l'unico, per sempre.
Non potremmo sbagliarci? Non potrebbe darsi che la densità media dell'Universo sia maggiore di quel che noi pensiamo, almeno cento volte maggiore?
Potrebbe forse venirvi l'idea che l'Universo possa essere cento volte più grande di quello che pensiamo, e che se avessimo dei telescopi migliori potremmo vedere cinque volte più lontano e osservare sempre più numerose galassie.
Ma non servirebbe a niente. Il guaio è che l'eventuale nuova massa occuperebbe un nuovo volume e che la densità totale dell'Universo (che è rappresentata dalla massa divisa per il volume) non cambierebbe.
Quello di cui abbiamo bisogno è un aumento di massa «nel volume che osserviamo ora». Si tratta del problema della «massa mancante».
Si può pensare a questo punto che il problema sia inesistente. La massa mancante non c'è proprio e l'Universo è aperto e non vuole produrre quella massa solo perché Asimov vuole che l'Universo sia chiuso.
Be', io ho fede nella bellezza della natura e mentre un Universo chiuso è bello, un Universo aperto non lo è (e poi mi sono compromesso per iscritto per moltissimi anni a favore di un Universo chiuso). Inoltre, c'è la questione degli ammassi galattici.
Se la massa e il volume degli ammassi galattici sono determinati il più possibile, e se viene calcolata la densità media della materia nella regione occupata da quell'ammasso, quasi sempre si scopre che il campo gravitazionale generato non è sufficiente per mantenere le singole galassie dell'ammasso. E quel che è di più, più grosso è l'ammasso, e maggiore è la percentuale che manca al campo gravitazionale.
Tuttavia gli ammassi galattici sembrano essere definitivamente chiusi.
Per quanto possiamo stabilire, essi non si separano, ma rimangono insieme. Perciò la massa mancante, almeno per quanto riguarda gli ammassi galattici, non può essere veramente mancante, se la meccanica celeste continua ad avere un senso. La massa mancante deve esserci in qualche modo, anche se non la vediamo. Se questo è vero per gli ammassi galattici, deve essere vero anche per l'Universo nel suo insieme.
Ma dove può essere la massa? Naturalmente, non sempre riusciamo a vedere oggetti voluminosi. Le stelle brillano, ma i buchi neri no, e un buco nero senza materia pronta a cadervi dentro e ad emettere raggi X potrebbe vivere un'esistenza totalmente insospettata, e la sua massa potrebbe essere ignorata del tutto innocentemente.
Supponiamo, per esempio, che vi siano enormi buchi neri al centro di ciascuna galassia, buchi neri così enormi che ciascuno è di gran lunga più grande della galassia stessa. In quel caso non potrebbe darsi che ciascuna galassia sia cento volte più grande di quel che pensiamo, che la densità dell'Universo sia cento volte maggiore e che l'Universo stesso sia perciò chiuso?
Ma questa non è la risposta. Non calcoliamo la massa di una galassia dal numero di stelle che vi possiamo vedere, perciò non si tratta di ignorare quello che è invisibile. La massa di una galassia può essere determinata, per esempio, dal diametro e dalla velocità di rotazione. Il ritmo al quale le sue stelle esterne roteano dipende in gran misura dalla massa del nucleo galattico (che costituisce circa il novanta per cento della massa del tutto). Così si può calcolare in modo attendibile la massa, compresi i buchi neri e tutto il resto. La massa nascosta non se ne sta acquattata nei buchi neri del nucleo galattico.
In tal caso, supponiamo di guardare all'esterno dei nuclei. Supponiamo che le galassie stesse siano più grosse di quel che immaginiamo e che si estendano in un impalpabile polverio di stelle, polveri e gas, come una specie di «atmosfera galattica». I metodi usuali per determinare le masse galattiche ignorano la possibilità di tali atmosfere galattiche, ma benché esse siano sparse impalpabilmente, potrebbe riempire vasti spazi tra le galassie e moltiplicarne cento volte sia la massa sia la densità totali.
Vi è, a dire il vero, qualche indicazione che polvere stellare, particelle impalpabili e gas si estendono oltre i margini visibili delle galassie. Questo fornisce un'ulteriore massa ma, per quanto riusciamo a stabilire, non è abbastanza. Essi possono accrescere di 1/10 la massa conosciuta, ma non certamente di cento volte. Se le atmosfere galattiche fossero abbastanza dense per fare questo, sarebbero sufficientemente visibili da non lasciarci nel dubbio.
Ritorniamo ora ai buchi neri, non a quelli che si trovano al centro delle singole galassie questa volta, ma a quelli sparsi genericamente nello spazio. Se essi e la loro massa venissero normalmente ignorati e non potessero essere scoperti dallo studio delle stesse galassie, non potrebbe essere quella la risposta?
È possibile, ma poiché non vediamo tali buchi neri né li possiamo ancora scoprire in alcun modo, né abbiamo alcuna prova che essi esistano, è difficile essere certi che questa possa essere la soluzione. Infatti vi è una prova indiretta sulla base, per esempio, della quantità di deuterio (idrogeno-2) dell'Universo che la massa totale dell'Universo e di conseguenza la totale densità, non possono essere molto maggiori di quello che pensiamo.

E ora, dopo aver sviluppato al massimo il «tutto», torniamo alla parte «niente» della discussione. Quello che è più vicino al niente sono, naturalmente, le particelle subatomiche.
La massa dell'Universo è costituita in gran parte da protoni, neutroni ed elettroni. Se vi è antimateria, essa è costituita da antiprotoni, antineutroni e antielettroni. Vi potrebbe essere una gran varietà di altre particelle, quali leptoni e adroni che si sono formati in seguito ad avvenimenti energetici accaduti in diverse parti dell'Universo.
Le particelle energetiche, tuttavia, sono in numero così esiguo da non contribuire in modo significativo alla massa totale. Gli elettroni sono molti, ma così leggeri in paragone ai protoni e ai neutroni (la massa di 1 protone è uguale a quella di 1836 elettroni e quella di 1 neutrone è uguale a quella di 1838 elettroni) da non dare un contributo notevole. Non abbiamo prove che l'antimateria esista in notevoli quantità nell'Universo, perciò possiamo eliminare antiprotoni e antineutroni.
In breve, possiamo dire che la massa dell'Universo è data essenzialmente dalla massa totale dei protoni e dei neutroni che contiene e possiamo parlare dell'insieme di questi protoni e neutroni come di «nucleoni».
La massa di ogni singolo nucleone è uguale a 1,66*10e-24 grammi. Se la massa dell'Universo è 5*10e+53 grammi (1/100 della quantità necessaria per un Universo chiuso) il numero totale dei nucleoni dell'Universo è 3*10e+77. Noi ne abbiamo bisogno di cento volte tanti.
Vediamo allora se vi sono altre particelle di massa che abbiamo trascurato. Abbiamo liquidato gli elettroni, le particelle energetiche, le antiparticelle. C'è altro?
A dire la verità, nell'Universo vi sono particelle presenti in quantità maggiori, di gran lunga maggiori, dei nucleoni. Il tranello è che si pensa che queste particelle abbiano una massa di riposo uguale a zero e perciò non contribuiscono alla massa generale dell'Universo, al suo totale campo gravitazionale e all'idea di un Universo chiuso.
Queste particelle dalla massa uguale a zero si trovano in tre varietà: gravitoni, fotoni e neutrini.
I gravitoni, le particelle scambiabili dell'interazione gravitazionale, non sono ancora stati scoperti. I fisici tuttavia sono certi che esistono e che saranno scoperti non appena gli strumenti saranno sufficientemente sensibili.
I fotoni, le particelle scambiabili dell'interazione elettromagnetica, sono facilissimi da scoprire. Lo facciamo visivamente, se non altro.
I gravitoni e i fotoni, essendo particelle scambiabili, interagiscono facilmente con la materia e sono costantemente assorbiti e riemanati.
D'altro canto i neutrini, le terze particelle a massa zero, non sono particelle scambiabili e a malapena interagiscono con la materia.
Essi passano attraverso noi, tutta la Terra e tutto il Sole senza alcuna deviazione, senza dare alcun segno di essere consapevoli che noi, o essi stessi, esistano.
Uno su molti trilioni di neutrini può urtare un nucleo atomico con sufficiente forza da esserne assorbito, ma non più di tanto (E tuttavia abbastanza perché i neutrini non rimangano completamente inosservati).
Il neutrino, che è senza massa, senza carica elettrica, senza alcuna interazione con le altre particelle, è la cosa che noi conosciamo più vicina a una particella di niente.
È a questo «niente» che ci rivolgiamo per una soluzione del mistero del «tutto», della massa mancante la cui presenza o assenza determinerà un Universo aperto o chiuso, in eterna espansione oppure oscillante, dove la vita esiste per un tempo praticamente uguale a zero o dove la vita ha la possibilità di rinascere eternamente.
Continueremo questo discorso un'altra volta.

FINE