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Urania - Asimov d'appendice
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GLI ESERCITI DELLA NOTTE - Isaac Asimov
Titolo originale: The armies of the night

Poiché ricopro la carica di vicepresidente, è diventata una regola che prenda la parola alle riunioni del club Mensa che si tengono a New York, e così feci anche lo scorso weekend. Il Mensa, come forse saprete, è un'associazione internazionale di cui fanno parte persone che hanno un QI (quoziente intelligenza) molto alto, ed è un vero piacere partecipare alle riunioni, perché si ha modo di incontrare gente assai brillante e gradevole.
Ho tuttavia il sospetto che trovare gli sciocchi fra chi possiede un QI alto sia altrettanto facile che trovarli fra chi ne possiede uno basso.
Così, sono parecchi i soci del Mensa che apprezzano molto l'astrologia e altre discipline «occulte». La sera in cui dovevo parlare io, per esempio, fui preceduto da un astrologo che andò avanti per un quarto d'ora a recitare una solfa senza senso, che mi annoiò oltre ogni dire.
Come se non bastasse, quel giorno ebbi anche un altro incontro con l'astrologia.
Gli iscritti al Mensa hanno l'abitudine di lanciarsi sfide impegnandosi in ogni sorta di duello mentale, e capita che io sia spesso oggetto di queste sfide, benché faccia del mio meglio per non essere attaccato e benché mi limiti per lo più a schivare le stoccate quando la lotta è inevitabile. Almeno, schivarle è quello che tento di fare.
Lo scorso weekend, dunque, una donna giovane e bella mi si avvicinò (sapendo naturalmente chi ero) e mi disse, con aria aggressiva: - Che cosa pensate dell'astrologia?
Chiaramente, se aveva letto anche solo una minima parte dei miei scritti, doveva sapere quale fosse la mia opinione in merito, perciò capii che voleva lo scontro. Io invece non lo volevo, così, limitandomi a definire in modo blando la mia posizione, dissi: - Non mi entusiasma.
Doveva avere previsto una risposta del genere, perché chiese subito: - L'avete mai studiata?
Si sentiva sicura nel fare quella domanda, perché si rendeva conto che uno scrittore come me, che si occupa attivamente di divulgazione scientifica e che fa di tutto per tenersi aggiornato sulle ultime scoperte scientifiche, difficilmente ha il tempo di dedicarsi all'esame accurato delle varie astruserie demenziali da cui il pubblico è bombardato.
Fui tentato di rispondere di si, perché conosco abbastanza l'astronomia per sapere che le ipotesi formulate dall'astrologia sono ridicole, e perché ho letto abbastanza opere di scienziati non digiuni d'astrologia per sapere che non si deve dare alcun credito a quest'ultima.
Se però avessi detto che m'interessavo di astrologia, mi avrebbe chiesto se avevo letto la famosa scempiaggine scritta dal noto astrologo Fesso Cretini e l'importante idiozia scritta dall'altro grande astrologo Cretino Fessi, e così avrebbe scoperto non solo che non avevo studiato la materia, ma anche che le avevo mentito.
Perciò dissi, con un sorriso amabile: - No.
E lei, subito: - Se la studiaste, forse, potrebbe entusiasmarvi.
Continuando a raccogliere il meno possibile la sfida, obiettai: - Credo di no.
Era proprio il tipo di dichiarazione che voleva sentire. Trionfante, disse: - Ciò significa che siete un bigotto dalla mentalità ristretta, uno che rifiuta indagini obiettive perché teme che scuotano dalle fondamenta i suoi pregiudizi.
Avrei dovuto semplicemente alzare le spalle, sorridere e allontanarmi, ma mi sentii indotto a replicare. - Poiché sono un essere umano, signorina - dissi, - credo effettivamente di avere una notevole tendenza alla bigotteria. Il motivo per cui cerco accuratamente di sfogarla sull'astrologia è che non voglio essere tentato di sfogarla su qualcosa che abbia anche solo l'ombra del rigore e della pulizia intellettuali. - Al che lei si allontanò infuriata.
Capite, il problema non era che io non mi ero preoccupato di studiare l'astrologia, ma che lei non si era minimamente preoccupata di studiare l'astronomia, sicché non sapeva quanto l'astrologia fosse priva di qualsiasi attendibilità.
Il guaio è che per gli americani, anche per quelli che magari hanno ricevuto un'educazione «illuminata», è diventata ormai una moda ignorare tutto della scienza, e farsi irretire da ignobili ciarlatanerie.
Questi spregiatori della scienza, la cui ignoranza gli impedisce di distinguere l'odore del nettare da quello della fogna, entrano così a far parte degli eserciti della notte, composti da teorici dell'idiozia, mercanti di spazzatura intellettuale, fruitori di balordaggini metafisiche.
In certo modo, però, la mia interlocutrice fece male a rinunciare così presto allo scontro. Se avesse voluto, avrebbe potuto tirare fuori dal suo arsenale armi più efficaci, con cui mi avrebbe indotto a continuare una discussione di patente inutilità.
Avrebbe potuto osservare, per esempio, che in passato c'erano astronomi che credevano nell'astrologia. John Campbell, una volta che discutevamo dell'argomento, ricorse proprio a questa considerazione per controbattere le mie accuse.
Pensate a Giovanni Keplero. Era un astronomo illustre, il primo che enunciò le leggi sul moto dei pianeti, eppure stendeva oroscopi.
A quei tempi, tuttavia, come del resto anche in questi, gli astrologi erano più pagati degli astronomi, e Keplero doveva guadagnarsi da vivere. Dubito assai che credesse agli oroscopi che faceva, ma, anche se ci avesse creduto, il fatto sarebbe stato comunque irrilevante.
Quando Campbell, per convincermi dell'attendibilità dell'astrologia, osservò appunto che insigni astronomi se n'erano occupati, io obiettai: - Il greco Ipparco di Nicea e il danese Tycho Brahe, due dei più grandi astronomi di tutti i tempi, erano convinti che il Sole girasse intorno alla Terra, e che la Terra stesse ferma. Benché nutra il massimo rispetto per quei due geni, mi permetto di non dare loro credito su questo particolare punto.
La giovane donna che mi aveva provocato avrebbe potuto anche osservare che la Luna ci influenza sicuramente, a causa delle maree, e che nonostante ciò la maggior parte degli astronomi sminuì per secoli l'importanza di questo fenomeno asserendo che ogni due altre maree la Luna non era neppure in cielo.
Il che era abbastanza vero, dal loro punto di vista. Se fossi vissuto all'epoca di Galileo, forse avrei a mia volta sottovalutato l'influenza della Luna, così come la sottovalutò lui, e avrei sbagliato, proprio come sbagliò lui.
Tuttavia quello del nesso tra Luna e maree non era argomento che toccasse l'astrologia. Che tale nesso esistesse fu dimostrato dagli astronomi, non dagli astrologi, e certo l'astrologia non diventò maggiormente attendibile per via di questa dimostrazione.
Il problema, quando si parla di astrologia, non è se la Luna influenzi le maree, ma se la Luna (o qualsiasi altro corpo celeste) influenzi a tal punto noi, da condizionare ogni nostra minima azione, rendendola strettamente dipendente da congiunzioni, opposizioni e altri «aspetti».
La novità è che voi ed io sappiamo benissimo che l'astrologia non merita credito. Se avete ancora qualche dubbio, leggete la rubrica degli oroscopi di qualsiasi giornale, e ve lo toglierete subito. Voi che siete nati in un certo giorno, dicono gli astrologi, oggi state attenti a fare i vostri investimenti, e voi che siete nati in un altro giorno, guardatevi dal litigare con i vostri cari, e voi, nati in un altro giorno ancora, non abbiate paura di correre dei rischi. E via così all'infinito.
Ma in base a che cosa si fanno queste asserzioni?
Avete mai sentito un astrologo spiegare esattamente perché una particolare data di nascita dovrebbe influenzare in modo specifico il vostro comportamento? Potrà anche spiegarvi che quando Nettuno è in congiunzione con Saturno la, poniamo, situazione economica diventa instabile, ma vi spiegherà mai perché questo succeda? O come lui l'abbia scoperto?
Avete mai sentito dire che due astrologi abbiano discusso seriamente sull'effetto di una combinazione celeste insolita, e che ciascuno abbia addotto prove a sostegno della sua teoria? E avete mai sentito dire di un astrologo che abbia fatto una nuova scoperta o che abbia arricchito il bagaglio di conoscenze del suo campo?
L'astrologia consiste solo di una serie di asserzioni insignificanti. Gli unici casi in cui sembra darsi una minima patina di scientificità sono quelli in cui afferma per esempio che il numero, non so, di atleti nati con un ascendente marziano (o quel che è) è più alto del numero che si troverebbe partendo da una distribuzione casuale. In genere, però, anche questo tipo di osservazione, peraltro vaga, cade a un esame più approfondito.

Facciamo un altro esempio. Alcuni anni fa venne pubblicato L'effetto Giove, un libro dove veniva avanzata una complessa ipotesi riguardante gli effetti di marea dei pianeti sul Sole. Tali effetti esistono sul serio e Giove ne è l'agente principale, benché anche altri pianeti (soprattutto la stessa Terra) abbiano la loro parte nel fenomeno.
L'ipotesi formulata dagli autori attraverso argomentazioni scientifiche era che gli effetti di marea dei pianeti influenzassero l'attività solare (macchie solari ed eruzioni cromosferiche), che questa influenzasse il vento solare, e che il vento solare influenzasse a sua volta le Terra, agendo, benché in misura minima, sul delicato equilibrio della tettonica a zolle del nostro pianeta.
Ora, il libro usci prima del 1982, e si sapeva che nel marzo 1982 i pianeti si sarebbero trovati più vicini tra loro del solito. I loro effetti di marea combinati insieme, quindi, sarebbero stati leggermente più forti. Se le macchie solari avessero raggiunto il punto massimo nel 1982, forse, a causa del raggruppamento, questo massimo sarebbe stato più intenso del solito, con conseguenze maggiormente visibili per la Terra. Se inoltre, e sottolineo se, la faglia di San Andreas fosse stata sul punto di slittare (e la maggior parte dei sismologi ritiene che lo sia), causa gli effetti del vento solare il meccanismo dello slittamento avrebbe potuto innescarsi, provocando un terremoto.
Gli autori non nascondevano che la catena del loro ragionamento fosse molto lunga e tutt'altro che salda.
L'editore mi fece avere le bozze del libro e mi chiese di scrivere un'introduzione. Ero affascinato dall'ipotesi avanzata dagli autori, perciò scrissi l'introduzione, ma fu un errore. Non immaginavo quanta gente avrebbe letto il libro e quanto l'avrebbe preso sul serio, ad onta del fatto che sia gli autori, sia io avessimo chiarito che si trattava solo di un'ipotesi. Cominciai a essere bombardato da lettere di lettori terrorizzati che mi domandavano cosa sarebbe successo nel marzo del 1982. All'inizio spedii al mittente le lettere scrivendoci su «Niente». Alla fine ero talmente esasperato, che a quel «Niente» aggiunsi tre punti esclamativi.
Successe che le macchie solari raggiunsero il massimo molto prima del 1982, sicché l'ipotesi andò in fumo. Era chiaro che non c'era necessariamente un nesso tra l'attività di marea dei pianeti e il ciclo delle macchie. Uno degli autori disconobbe subito la teoria (Anche se non l'avesse fatto, in fondo aveva sostenuto soltanto che un terremoto, che ci sarebbe stato comunque, forse avrebbe avuto luogo un po' prima, diciamo in marzo anziché in ottobre, a causa degli effetti planetari).
Quando l'autore rinnegò la teoria, però, ormai era troppo tardi. L'effetto Giove, e soprattutto l'idea dell'«allineamento planetario», aveva catturato inesorabilmente l'attenzione degli eserciti della notte.
Capii dalle lettere che ricevetti che la gente credeva che i pianeti sarebbero stati allineati uno dietro l'altro diligentemente, come in fila indiana (In realtà, anche nel momento in cui si trovarono più vicini, erano sempre sparsi nell'arco di un quarto della volta celeste).
La gente era anche convinta che questo «allineamento» fosse un fenomeno strano, e che si verificasse solo ogni milione di anni o giù di li. In realtà, invece, tali raggruppamenti si formano circa ogni centoventicinque anni. Anzi, non molti anni fa ne ebbe luogo uno più serrato di quello del marzo 1982; in quell'occasione, però, i pianeti non si trovavano tutti dalla stessa parte del sole.
Dal punto di vista dell'effetto di marea, non importa se i pianeti siano tutti dalla stessa parte del sole, o alcuni da una parte e altri dall'altra, purché si collochino su una linea approssimativamente diritta. Ma per gli eserciti della notte, a quanto sembra, l'allineamento è preoccupante solo se i pianeti sono tutti dalla stessa parte, forse perché così immaginano che il sistema solare si possa rovesciare.
Dirò di più; questi fanatici non si accontentavano dell'idea del terremoto. Avevano sparso in giro la voce che la California intera sarebbe scivolata in mare. Per qualcuno, anzi, nemmeno la perdita della California era sufficiente. Così si cominciò a sussurrare che il mondo intero sarebbe finito. Immagino che molte persone il «giorno dell'allineamento» si siano svegliate la mattina pronte ad affrontare chiunque o qualunque cosa si aspettassero di vedere dopo che la parola fine fosse apparsa in cielo a caratteri cubitali.
A proposito, mi sono chiesto più volte perché questi mentecatti si siano intestarditi a fissare un giorno specifico per «l'allineamento». Nei casi di raggruppamento planetario, i pianeti che si muovono lentamente nel cielo seguendo traiettorie separate, un particolare giorno si trovano a un massimo grado di vicinanza tra loro. Ma il giorno prima di questo particolare giorno la distanza che li separa è più grande di una quantità veramente minima, e aumenta di pochissimo il giorno ancora precedente. Qualunque fosse potuta essere l'influenza materiale dell'allineamento, sarebbe stata comunque circa uguale sia al momento della massima vicinanza, sia nei giorni immediatamente precedenti o seguenti. Ho però il sospetto che gli eserciti della notte pensassero che tutta la faccenda funzionasse in modo abbastanza mistico, e che l'influsso soprannaturale si sarebbe esercitato appena i pianeti si fossero schierati ordinatamente uno dietro l'altro lungo una linea retta (il che naturalmente non è mai avvenuto).
In ogni caso, nel marzo del 1982 l'allineamento si verificò, ma non successe proprio niente di brutto.
Sapevo che era inutile sperare che qualcuno dei mentecatti si degnasse di dire: - Gesù, mi sono sbagliato. - Appena passato il giorno fatidico si sono subito buttati ad aspettare la prossima causa celeste della fine del mondo. Forse la cometa di Halley...

La gente ignorante e irrazionale non si preoccupa nemmeno di verificare se le parole che usa sono giuste o errate.
Prendiamo per esempio la parola «teoria». Una teoria, quando è avanzata da scienziati competenti, è un tentativo minuzioso e accurato di spiegare una serie di fenomeni che altrimenti apparirebbero privi di collegamento reciproco. Una teoria scientifica si basa su numerose osservazioni, su ragionamenti serrati e, nei casi in cui occorrono, su attente deduzioni matematiche. Per essere dichiarata valida, deve trovare conferma presso altri scienziati, i quali procedono a effettuare osservazioni e prove supplementari, e, ove sia possibile, deve formulare previsioni la cui esattezza va controllata. La teoria può essere migliorata e perfezionata, e in effetti lo è, a mano a mano che le osservazioni si fanno più numerose.
Ecco qui di seguito alcuni esempi di teorie che si sono dimostrate valide, e la data in cui furono formulate per la prima volta:
Teoria atomica: 1803.
Teoria dell'evoluzione: 1859.
Teoria dei quanti: 1900.
Teoria della relatività: 1905.
Tutte queste teorie hanno subito verifiche e conferme incessanti fin dall'epoca in cui furono avanzate e, sottoposte ai necessari perfezionamenti, hanno superato indenni tutte le sfide.
Nessun scienziato rispettabile mette in dubbio che gli atomi, l'evoluzione, i quanti o il moto relativistico esistano, anche se magari ci sono ancora qui e là dei dettagli da precisare meglio.
Che cosa non è una teoria scientifica? Una teoria scientifica non è assolutamente una congettura.
Molte persone che non sanno niente di scienza, trattano con leggerezza la teoria dell'evoluzione perché, dicono, «è solo una teoria». Si pensi che una persona dell'ingegno di Ronald Reagan, nel corso della campagna elettorale del 1980, rivolgendosi a un gruppo di fondamentalisti liquidò il concetto di evoluzione affermando appunto che era «solo una teoria».
Una volta, in un articolo, io stigmatizzai l'atteggiamento di uno di questi tizi che si permettono di dire che teorie scientifiche come quella dell'evoluzione sono «solo teorie», e affermai che il tizio in questione, chiaramente, non sapeva nulla di scienza. In seguito a ciò, un quattordicenne mi scrisse una lettera nella quale dichiarava che le teorie erano soltanto «congetture assurde», e che lui lo sapeva bene, in quanto gliel'avevano detto i suoi insegnanti. Rinnegò con parole infiammate la validità della teoria dell'evoluzione e mi disse con orgoglio che a scuola pregava perché nessuna legge poteva impedirgli di farlo. Allegò alla lettera una busta affrancata, con il suo indirizzo, perché voleva sapere quale fosse la mia opinione sugli argomenti da lui toccati.
Giudicai più che giusto rispondergli. In poche righe gli chiesi di considerare attentamente l'eventualità che i suoi insegnanti fossero digiuni di scienza quanto lui. Gli suggerii inoltre che nella sua prossima preghiera implorasse Dio di concedergli un'istruzione, in modo che non dovesse restare così ignorante tutta la vita.
Questo episodio solleva interrogativi molto seri. Come possiamo impedire alla gente di essere ignorante, se quelli che avrebbero il compito di impartire loro un'educazione sono spesso essi stessi spaventosamente ignoranti?
Il sistema educativo americano fa acqua, e le nostre scuole sono particolarmente incapaci di garantire una valida istruzione scientifica per un insieme di ragioni.
Una di queste ragioni, suppongo, è che l'antica, osannata tradizione dei pionieri ha sempre visto con grande sospetto «l'apprendimento attraverso i libri», e ha sempre ritenuto che il buon vecchio «senso comune» fosse l'unica cosa realmente necessaria.
Che gli Stati Uniti siano sopravvissuti ai loro pregiudizi e diventati i primi proprio nel campo della scienza e della tecnica lo si deve in parte a uomini geniali come Thomas Edison e Henry Ford, e in parte all'influsso delle numerose persone che avevano già ricevuto un'educazione europea o che, avendo assimilato il rispetto tipicamente europeo per la cultura, si erano preoccupate di impartire ai loro figli un'istruzione adeguata.
In seguito alle persecuzioni di Adolf Hitler, furono numerosissimi gli scienziati di eccezionale statura che negli anni Trenta ripararono negli Stati Uniti, e gli effetti benefici della loro presenza e del loro insegnamento, che ha contribuito a formare altri scienziati di valore, si sentono ancora oggi, e sono serviti a mitigare le manchevolezze del sistema educativo americano.
Questi influssi benefici, però, non potranno continuare in eterno. A mano a mano che la nostra tecnologia diventa più complessa, appare sempre meno probabile che si possa fare affidamento sulla singola persona di genio. E l'errore di Hitler è difficile che venga ripetuto. I sovietici, per esempio, si adoperano in tutti i modi per impedire che persone che potrebbero tornare utili a coloro che essi considerano loro nemici escano definitivamente dal paese.
Tuttavia, in aggiunta alle manchevolezze generali, sembra proprio che il sistema scolastico americano sia peggiorato enormemente, in questi ultimi vent'anni. Si sentono in continuazione racconti spaventosi. Si sa per esempio che molta gente arriva all'università senza essere capace di scrivere una frase coerente. E chiunque sia disposto a guardare alla realtà americana con occhi obiettivi constaterà senza timore di sbagliare che stiamo perdendo rapidamente la nostra leadership scientifica, tecnologica e industriale.

Non voglio però dividere semplicisticamente il mondo in buoni e cattivi, con un taglio netto. Molte persone che non sanno di scienza sono intelligenti e razionali. Ed esistono scienziati, anche grandi scienziati, che, in passato come ai nostri tempi, si sono lasciati irretire da astruserie senza capo né coda.
Non c'è da meravigliarsi, in fondo, che succedano fenomeni del genere. Il metodo scientifico impone al cervello un esercizio austero, direi quasi spartano. Nella migliore delle ipotesi consente piccoli progressi. La gioia della grande scoperta è qualcosa di rarissimo e riservato a poche persone, e anche queste poche persone non è che possano ripetere «Eureka» molte volte. È naturale quindi che perfino gli scienziati siano tentati di allontanarsi dalla via della razionalità e di imboccare altre vie più comode per raggiungere la verità.
Una volta ero abbonato a una rivista scientifica destinata agli studenti del liceo, e col passare degli anni mi accorsi che non ero più soddisfatto del contenuto degli articoli. Mi pareva che il direttore si mostrasse troppo favorevole all'astrologia e ad altre analoghe sciocchezze. Quando alcuni astronomi firmarono un documento in cui si denunciava l'astrologia, la rivista criticò quel gesto, domandandosi se gli astronomi avessero mai analizzato seriamente la disciplina che condannavano.
Io mi sentii allora indotto a scrivere alla rivista per stigmatizzare l'atteggiamento da essa assunto.
Il direttore rispose con una lunga lettera in cui cercava di spiegare che il metodo scientifico e razionale non era necessariamente l'unico adatto a farci raggiunger la verità, e che io avrei dovuto mostrarmi più tollerante verso le discipline che si ponevano in concorrenza con quelle scientifiche.
La faccenda mi irritò. Gli mandai una lettera piuttosto breve in cui (per quel che mi ricordo) dicevo pressappoco così: - Ho qui la vostra lettera, in cui affermate che ragionare non è l'unico modo per giungere alla verità. Voi però, per spiegarmi questo e farmi capire il vostro punto di vista, usate proprio il ragionamento. Ebbene, vi prego di non offrirmi parole, ma dimostrazioni. Convincetemi per mezzo di un sogno, o di un'intuizione. Componetemi una sinfonia, dipingetemi un quadro, trasmettetemi una meditazione.
Fate qualcosa, qualsiasi cosa che mi induca a mettermi dalla vostra parte, ma senza ricorrere al ragionamento. Non si fece più vivo.

Infine, ecco qui un altro episodio di cui vi piacerà forse sapere. Tempo fa, la rivista Science Digest progettava di pubblicare un articolo su vari scienziati di valore della nostra epoca (compresi alcuni Nobel) che hanno abbracciato teorie astruse. Alcuni, per esempio, interpretano il funzionamento della mente umana alla luce di vaghi misticismi, altri cercano di penetrare i segreti della natura attraverso la meditazione, altri ancora sono fortemente influenzati da filosofie orientali, e così via. Science Digest mi spedi il manoscritto e mi chiese che cosa pensassi della questione.
In risposta scrissi una lettera, che fu inclusa in un riquadro (sotto il titolo Follie della scienza) che accompagnava l'articolo. Riporto qui la lettera per intero.
«Nel corso della storia, molti grandi scienziati sono stati affascinati da idee astruse. Giovanni Keplero era astrologo di professione. Isaac Newton tentò di trasformare metalli base in metalli nobili come l'oro e l'argento. John Napier, che inventò i logaritmi, elaborò un'interpretazione spaventosamente idiota dell'Apocalisse.
«L'elenco continua. William Herschel, l'astronomo che scoprì Urano, credeva che il Sole fosse, sotto un'atmosfera incandescente, buio, freddo e abitabile. L'astronomo americano Percival Lowell era convinto di vedere veramente i famosi canali di Marte. Il chimico americano Robert Hare, spirito molto pratico, inventò un congegno con il quale riteneva di poter comunicare con i morti. Il fisico tedesco Wilhelm Weber e il naturalista inglese Alfred Wallace, co-ideatore della moderna teoria dell'evoluzione, erano ferventi spiritualisti. E il fisico inglese Sir Oliver Lodge era uno zelante sostenitore delle ricerche parapsichiche.
«Conoscendo le debolezze degli scienziati del passato, sarei oltremodo stupito di scoprire che oggigiorno non ci sono più scienziati che s'innamorano di teorie che a menti inferiori come la mia appaiono assurde e irrazionali.
«Purtroppo, la maggior parte di queste teorie non può subire alcuna verifica sperimentale, non può servire a elaborare previsioni, e non è formulata con argomentazioni stringenti, atte a convincere altri scienziati. Anzi, fra tutti questi ardenti visionari non ce ne sono due che siano interamente d'accordo tra loro. Tutti quanti dubitano l'uno della razionalità dell'altro.
«Naturalmente non si può escludere che da queste elucubrazioni che paiono senza senso venga fuori un giorno l'eccezione, l'idea geniale. È successo in passato, e ciò dovrebbe bastare a darci qualche speranza. Tuttavia, ho il sospetto che queste idee geniali saranno molto poche, e che verranno partorite a grande distanza l'una dall'altra. Per lo più, le teorie che sembrano assurde, anche quando sono grandi scienziati a formularle, si rivelano appunto soltanto assurde».
Vi ho dunque raccontato come stanno le cose. Io sono un accanito sostenitore della razionalità, e critico tutto ciò che mi pare irrazionale, da qualunque parte venga.
Se su questo argomento siete d'accordo con me, devo avvertirvi che gli eserciti della notte sono in grande vantaggio; hanno infatti dalla loro parte un numero enorme di adepti e, per la loro stessa natura, sono refrattari a qualsiasi argomentazione razionale, per cui è del tutto improbabile che voi e io possiamo avere la meglio.
Resteremo sempre una minoranza irrimediabilmente insignificante. Ma non stanchiamoci mai di esporre il nostro punto di vista e di sostenere a spada tratta ciò che è giusto.

FINE