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Urania - Asimov d'appendice
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IL BRACCIO DEL GIGANTE - Isaac Asimov
Titolo originale: Arm of the giant

Oltre ad essere uno scrittore prolifico, sono anche un oratore prolifico, dal momento che in questi ultimi tempi tengo in media una conferenza alla settimana. Ma qualcosa distingue la mia carriera di scrittore da quella di oratore: esistono individui che esercitano la professione di critico letterario, ma non ne esistono che esercitino quella di critico dell'arte oratoria.
Vi assicuro che non sento affatto la mancanza di quest'ultima categoria. Come tutti gli scrittori che conosco, nutro scarsa considerazione per i critici, e l'ultima cosa che desidero è veder nascere nuove varietà di questa specie. Per quanto riguarda le mie conferenze, sono lieto che il pubblico mostri il suo gradimento con applausi ed ovazioni, sono contento che la gente, dopo che abbia parlato, mi venga a dire cose gratificanti, e sono oltremodo compiaciuto quando la persona che mi ha convinto a tenere la conferenza mi allunga l'assegno esprimendo totale soddisfazione.
Non mi pare un peccato quindi che nessuno si guadagni da vivere spiegando come e dove io abbia deluso le aspettative. Tuttavia a volte le reazioni critiche ci sono anche se uno non se le aspetta (In altre parole, come un oscuro filosofo disse una volta, «non si può avere il favore di tutti»).
Qualche tempo fa mi fu chiesto di tenere una conferenza al convegno dell'Associazione Psichiatrica. Quando chiesi di che cosa mai potessi parlare a duemila psichiatri, mi fu risposto con molta cordialità: «Di qualsiasi cosa vogliate».
Cosi parlai dei robot, della loro influenza sulla società, e di che cosa ci riservi in futuro la robotica.
La conferenza si rivelò un grosso successo, e ne fui lieto. Mi accorsi però che Janet, mia moglie, che è psichiatra e che aveva preso posto nell'ultima fila per dare meno nell'occhio, appariva un pochino depressa. Le chiesi cos'avesse e lei mi disse che dopo un po' che avevo cominciato a parlare, una donna seduta accanto a lei si era messa a chiacchierare a voce alta con l'altra persona che le sedeva vicino. Janet allora le aveva chiesto se poteva per favore abbassare la voce.
Al che la donna aveva risposto: «Perché? Non lo troverà mica interessante? Dice solo un mucchio di scempiaggini narcisistiche».
Io mi misi a ridere e dissi a Janet di non pensarci più. Non ho mai creduto di poter piacere a tutti.
Inoltre, la donna non aveva certo usato il termine "narcisistico" nel senso in cui lo usano gli psichiatri, ma nel senso privo di connotazioni drammatiche che gli si attribuisce comunemente. Il narcisista, per noi profani, è una persona anormalmente interessata a sé che non tiene in nessun conto gli altri, e capire che io sia narcisista in questo senso banalmente quotidiano non è una grande scoperta.
Anzi, quasi tutti sono narcisisti, nel detto senso, e di solito hanno meno scuse per esserlo di quelle che sono riuscito ad elaborare io. La signora che mi aveva criticato, per esempio, si era dimostrata narcisista in quanto aveva deliberatamente espresso la sua disapprovazione per me in un modo atto e disturbare altre persone che al contrario di lei potevano essere interessate al mio discorso.
Non solo gli individui singoli, anche la specie umana è incredibilmente narcisista, e crede in ultima analisi di essere la ragione fondamentale dell'esistenza dell'universo. L'interesse degli esseri umani per cose che esulino dalla loro persona è limitato quasi del tutto agli oggetti che interferiscono con la loro vita, e l'interesse è direttamente proporzionale all'entità dell'interferenza.
Si calcola ad esempio che nell'universo conosciuto ci siano 1022 stelle, eppure l'umanità fissa in genere la sua attenzione su una sola di esse (il Sole), e questo unicamente perché quell'una risulta essere per caso la più vicina a noi.
Voglio dire, nessuno di noi può negare che il Sole sia la stella che abbia una grandezza apparente di gran lunga superiore a quella di tutte le altre stelle. Dopotutto, è l'unico astro che ci appare come un disco, anziché come un semplice puntolino luminoso. Benissimo, ma qual è la stella che per grandezza apparente viene subito dopo il Sole?
Per scoraggiare il narcisismo, dunque, parlerò di questa stella seconda al Sole per grandezza apparente.

La costellazione di Orione è generalmente considerata la più bella dell'emisfero boreale perché è molto grande, ha una forma particolarmente interessante ed è ricca di stelle luminose. Il nome le fu dato dai Greci, che avevano dato vita a numerose leggende riguardanti la figura di un gigante cacciatore chiamato Orione. Orione fu amato da Artemide, la dea della caccia, ma Apollo, fratello di lei, la indusse con uno stratagemma a uccidere il gigante. Addolorata e pentita, Artemide collocò Orione nel cielo, trasformandolo in costellazione.
Il gigante cacciatore è rappresentato nell'atto di difendersi dall'attacco del Toro, e regge con la mano sinistra uno scudo e con la destra una mazza pronta ad abbattersi sull'animale infuriato. Su ciascun braccio e su ciascuna gamba si trova una stella luminosa. Intorno alla vita è posta una linea orizzontale formata da tre stelle luminose (la cintura di Orione).
La più luminosa delle stelle di Orione è quella di colore rosso che brilla nel braccio destro, e il suo nome astronomico è Alpha Orionis.
All'inizio del medioevo gli arabi assimilarono la scienza greca e fecero propria anche la rappresentazione che i Greci avevano dato del cielo. Così la costellazione di Orione continuò ad avere per tutti la forma di un cacciatore gigante. Gli arabi avevano la saggia abitudine di dare il nome alle stelle in base alla loro posizione nella costellazione di appartenenza, così chiamarono Alpha Orionis yid al-yawza, cioè braccio del gigante. Per qualche misteriosa ragione, il traduttore europeo del testo arabo dove si parlava della stella trascrisse l'appellativo come se fosse stato bayt al-yawza (casa del gigante, che non ha senso) ed esso, latinizzato, diventò Betelgeuse, per cui la stella continua ad essere chiamata così.
Bene, si dà il caso che di Betelgeuse sappiamo molto più di qualsiasi altra stella, escluso il Sole.
Come mai?
Considerate che (tutte le altre caratteristiche essendo uguali) è più facile conoscere a fondo una stella vicina di una lontana; non a caso della superficie della Luna si sapeva parecchio molto prima che si avessero informazioni sulla superficie di Marte.
Considerate inoltre che (tutte le altre caratteristiche essendo uguali) è più facile conoscere a fondo una stella grande di una piccola; non a caso fino a poco tempo fa si sapeva assai di più sul pianeta Giove che sul satellite di Marte, Phobos, che è sì più vicino, ma notevolmente più piccolo.
Volendo apprendere numerose nozioni su una stella diversa dal nostro Sole, faremmo quindi bene a sceglierne una sia grande sia vicina.
Betelgeuse in realtà non è vicina; potrebbero esserci ben due milioni e mezzo di stelle più vicine a noi. Tuttavia, considerato che nella nostra galassia ci sono probabilmente trecento miliardi di astri, il numero di stelle più lontane da noi di Betelgeuse è centoventimila volte superiore al numero di quelle più vicine. Possiamo quindi dire che Betelgeuse si trova, dal punto di vista galattico, nei dintorni della Terra.
È inoltre possibile constatare che Betelgeuse sia insolitamente grande anche solo guardandola ad occhio nudo. Questa considerazione potrà sembrare strana, visto che tutte le stelle appaiono come semplici punti luminosi non soltanto ad occhio nudo, ma anche attraverso il più potente dei telescopi. Come facciamo, dunque, ad affermare con tanta sicurezza che un punto luminoso sia più grande di un altro osservandolo senza l'aiuto degli strumenti?
La risposta è semplice: le stelle rosse sono rosse perché la loro superficie è relativamente fredda. Poiché la loro superficie è fredda, dovrebbero essere poco luminose per area unitaria. Se appaiono invece brillanti, significa che sono insolitamente vicine a noi o, se così non è, che la superficie complessiva è insolitamente grande.
Così la stella Alpha Centauri C (Proxima Centauri) è più vicina a noi di qualsiasi altra stella, ma non tanto vicina da risultare visibile a occhio nudo. Il fatto è che è rossa e fredda, e per di più piccola. Betelgeuse è rossa come Alpha Centauri C ed è centocinquanta volta più lontana da noi di quest'ultima, eppure non solo è visibile ad occhio nudo, ma è anche compresa nel novero delle dieci-dodici stelle più luminose. Basta questo a farci capire che deve avere una superficie enorme.
Un ragionamento del genere lo fece il fisico americano di origine tedesca Albert Abraham Michelson (1852-1931). Nel 1881 Michelson inventò l'interferometro, uno strumento in grado di misurare con precisione determinate grandezze attraverso i fenomeni di interferenza prodotti da due fasci di luce. Le onde luminose di un fascio in alcuni punti annullavano quelle dell'altro, in altri invece le rinforzavano (a seconda che un'onda salisse mentre l'altra scendeva o entrambe salissero e scendessero insieme). Per mezzo di questo strumento si otteneva una serie di strisce di luce e buio alternate, strisce dalla cui ampiezza si potevano dedurre parecchie cose.
Se una stella, così com'era vista da noi, fosse stata veramente un punto e avesse avuto diametro zero, tutta la luce sarebbe arrivata a noi in un unico raggio e non vi sarebbero state interferenze di sorta. Se invece avesse avuto un determinato diametro (anche se piccolo), la luce proveniente da un lato dell'astro e quella proveniente dall'altro lato avrebbe viaggiato in due raggi distinti che sarebbero confluiti verso il punto di osservazione formando un angolo minuscolo. I due raggi separati avrebbero interferito l'uno con l'altro, ma l'avrebbero fatto in modo estremamente lieve, e l'interferenza sarebbe stata difficile da individuare. Naturalmente, più grande fosse stata la stella, maggiore sarebbe stato l'angolo (pur sempre molto piccolo) e maggiore quindi la probabilità di scoprire l'interferenza.
Michelson usò un interferometro speciale lungo sei metri ed in grado di rilevare effetti di minima entità. Si servì anche di un telescopio di due metri e mezzo che era allora il più grande del mondo. Nel 1920 fu così misurato il diametro apparente di Betelgeuse. Era la prima volta che si dimostrasse attraverso calcoli concreti che una stella era qualcosa di più di un semplice punto luminoso, e la notizia finì sulla prima pagina del New York Times. Il diametro apparente della stella Betelgeuse risultò essere di circa 0,02 secondi d'arco.
Che cosa significa, in termini d'ampiezza, 0,02 secondi d'arco? Se provassimo ad immaginare centomila puntini luminosi come Betelgeuse messi fianco a fianco ed in contatto tra loro, vedremmo una sottile linea luminosa di lunghezza pari all'ampiezza della luna piena nel momento in cui è più vicina alla Terra. Se provassimo ad immaginare sessantacinque milioni di punti luminosi come Betelgeuse posti fianco a fianco e in contatto tra loro, vedremmo una sottile linea luminosa che circonderebbe il cielo come un equatore scintillante. Se poi immaginassimo infiniti puntini lumiosi del diametro apparente di Betelgeuse e li pensassimo tutti stretti l'uno all'altro nell'emisfero celeste, ne occorrerebbero all'incirca un quadrilione e un terzo (1.330.000.000.000.000) per riempire il cielo di uno splendore rosso.
Se ci si riflette e si considera che le stelle visibili sono soltanto seimila, ci si renderà conto di quanto vuoto sia in realtà il cielo nonostante il Sole, la Luna ed i seimila pianeti visibili del nostro sistema solare.
Betelgeuse è una stella variabile, ovvero la sua luminosità varia col tempo. Inoltre tale variazione non ha periodicità semplice, sicché Betelgeuse è una variabile irregolare. Ha una magnitudine di 0,85, cifra che esprime la sua luminosità media che a volte può arrivare a un indice di 0,4 ed altre a quello di 1,3.
La ragione di questa variabilità non è ignota. Il solo fatto che una stella sia una gigante rossa ci fa capire che si trovi nello stadio finale di stella estesa. Significa che presto non riuscirà più a tenere insieme la massa dei suoi strati esterni grazie all'energia fornita dalle reazioni di fusione che avvengono all'interno del suo nucleo, e che quindi collasserà (con o senza esplosione). Il fatto che Betelgeuse sia soggetta, per così dire, a tremolii, indica ulteriormente che è vicina alla fine. Il tremolio è dovuto probabilmente a piccoli collassi falliti; ogni volta che questi mancati collassi si verificano, la compressione riesce a spremere dalle regioni centrali un altro po' di energia, e così la stella si espande sempre di più.
Se le cose stessero davvero così, dovrebbero esserci cambiamenti rilevanti nel diametro di Betelgeuse misurato con l'interferometro. In effetti questi cambiamenti ci sono: il diametro apparente varia da 0,016 a 0,023 secondi d'arco.
Per dedurre dal diametro apparente quale sia in realtà la grandezza di Betelgeuse misurata in unità assolute, occorre conoscere la distanza che la stella ha dalla Terra, il che non è facile. Le distanze stellari maggiori di trenta parsec (cento anni luce) o giù di lì sono difficili da determinare.
Dagli studi più recenti risulta che la distanza di Betelgeuse da noi è di duecento parsec (seicentocinquanta anni luce) e questa dovrebbe essere dunque la cifra più attendibile.
Una stella che abbia un diametro di 0,02 secondi d'arco, anche se è lontana duecento parsec dovrebbe avere un diametro reale di circa un miliardo e duecento milioni di chilometri (se i miei calcoli sono corretti). Betelgeuse ha quindi un diametro che è in media ottocentosessanta volte quello del Sole. Il suo volume sarebbe allora seicentoquaranta milioni di volte quello del Sole: ciò significa che, se Betelgeuse fosse una sfera cava, vi si potrebbero versare dentro seicentoquaranta milioni di sfere grandi come il Sole, prima di riempirla.
Se Betelgeuse si trovasse al posto del nostro Sole, la sua superficie arriverebbe fino alla fascia degli asteroidi, e la Terra si troverebbe a un quarto della distanza che separa il centro di Betelgeuse dalla sua superficie.
Quando Betelgeuse, stella pulsante, si espande fino alle sue dimensioni massime, il diametro diventa di un miliardo e quattrocentocinquanta milioni di chilometri, circa mille volte quello del Sole. Quando la pulsazione è al minimo, il diametro è di un miliardo di chilometri, ovvero settecentoquindici volte quello del Sole.
Nella fase di massima espansione la superficie di Betelgeuse, supposto che la stella si trovasse al posto del Sole, arriverebbe quasi all'orbita di Giove. In questa fase Betelgeuse ha un volume tre volte maggiore di quello che ha quando il diametro è al minimo. Se è vero che sia una stella che respira affannosamente perché prossima alla fine, bisogna dire che il suo respiro è estremamente affannoso.
Ammesso che sia davvero una stella gigante (di fatto appartiene alla classe delle giganti rosse), com'è la sua grandezza apparente rispetto a quella di altre stelle magari più piccole, ma più vicine?
Ho già detto ad esempio che Alpha Centauri C è la stella più vicina a noi. Fa parte di un gruppo di tre stelle la più grande delle quali è Alpha Centauri A. Alpha Centauri A è grande circa come il nostro Sole, si trova a una distanza di 1,35 parsec (un centocinquantesimo della distanza di Betelgeuse) ed il suo diametro apparente è solo di 0,0035 secondi d'arco, meno di un quinto di quello di Betelgeuse. Benché Alpha Centauri A sia così vicina, a causa delle sue dimensioni insignificanti non può apparirci grande come la lontana, ma gigantesca, Betelgeuse.
Sirio è più grande di Alpha Centauri A, ma è anche più lontana ed il suo diametro apparente è solo di 0,0032 secondi d'arco. Arturo ha un diametro di trentadue milioni di chilometri (ventitré volte quello del Sole), ma è distante undici parsec e il suo diametro apparente è di 0,0095 secondi d'arco. Aldebaran ha un diametro di cinquanta milioni di chilometri (trentasei volte quello del Sole), ma è lontana sedici parsec, sicché il suo diametro apparente è di 0,0011, circa la metà di quello di Betelgeuse.
Insomma, non ci sono stelle grandi a sufficienza o sufficientemente vicine (o entrambe le cose) da fare concorrenza a Betelgeuse. Quella che riesce ad emularla è un'altra gigante rossa, Antares, nella costellazione dello Scorpione. Si trova a una distanza di centotrenta parsec, sicché e più vicina di Betelgeuse, ma nonostante il vantaggio della vicinanza, è leggermente meno luminosa, per cui dev'essere sensibilmente più piccola.
Si dà il caso che Antares, alla distanza di cento trenta parsec, abbia un diametro apparente di 0,002 secondi d'arco, pari al valore medio di Betelgeuse, ma Amares non pulsa in modo rilevante. Ha perciò una grandezza apparente inferiore a quella di Betelgeuse al suo massimo.
In breve, fra tutte le stelle, Betelgeuse viene subito dopo il Sole per grandezza apparente.

Betelgeuse ha una temperatura di superfìcie misurata in 3.200 gradi Kelvin, mentre la temperatura di superficie del nostro Sole è di 7.500° K. Betelgeuse è una stella rossa calda, mentre il Sole è una stella bianca calda.
Se la temperatura di superficie del Sole dovesse di colpo ridursi a 3.200° K, la sua luce diventerebbe più rossa e l'illuminazione totale che fornirebbe sarebbe soltanto un quarantatreesimo di quella attuale.
Betelgeuse ha però una superficie che è 740.000 volte quella del Sole, per cui nel suo complesso la stella brilla di una luce 17.000 volte più intensa di quella del Sole stesso.
Gli astronomi usano il termine magnitudine assoluta per indicare la luminosità che una stella avrebbe se si trovasse esattamente a dieci parsec dalla Terra. Se vedessimo il Sole da una distanza di dieci parsec, esso avrebbe una magnitudine assoluta di 4,7, sarebbe, cioè, una stella opaca e poco appariscente.
Se a dieci parsec da noi si trovasse viceversa Betelgeuse, avrebbe una magnitudine assoluta di 5,9. Brillerebbe rossa con una luminosità di 4,33 volte superiore a quella di Venere nel suo momento di massimo splendore.
Avrebbe anche un diametro apparente di 0,4 secondi d'arco, un diametro enorme per una stella, ma apparirebbe ugualmente come un semplice punto luminoso. Dopotutto, il pianeta Giove ha un diametro di 50 secondi d'arco, eppure ad occhio nudo lo vediamo pur sempre come un semplice punto luminoso.

Nonostante le dimensioni e la luminosità, Betelgeuse sotto certi aspetti non è la gigante che appare. Che dire ad esempio della sua massa, della quantità di materia che contiene?
Certo ha una massa superiore a quella del Sole, ma non enormemente superiore. Di fatto si calcola che tale massa sia sedici volte quella del Sole. Sedici volte non è poi tanto.
Questa massa è sparsa in un volume che è in media seicentoquaranta milioni di volte quello del Sole, e la sua densità equivale a circa 1/35.000 della densità dell'aria che respiriamo. Quando Betelgeuse è nello stadio di massima espansione, la quantità di materia che contiene è sparsa in un volume ancora più grande, e la sua densità media diventa allora 1/55.000 di quella dell'aria.
Se travasassimo 1/35.000 di aria in un contenitore, avremmo ragione di dire di avere nel contenitore il vuoto. Non sarebbe un vuoto assoluto e nemmeno vicino a quello assoluto, ma sarebbe un vuoto nel senso pratico e quotidiano che diamo alla parola. Non è quindi assurdo vedere Betelgeuse (o qualsiasi gigante rossa) come una specie di vuoto caldo, di luminosità rossa.
Tuttavia Betelgeuse (e qualsiasi stella della sua specie) non ha una densità distribuita in modo uniforme. La densità delle stelle cresce, più o meno progressivamente, a mano a mano che si penetra sotto la superficie ed è ovviamente massima al centro. Anche la temperatura al centro sale al massimo.
Le stelle per lo più sono, all'inizio, palle di idrogeno, ed è al centro, dove la temperatura e la densità sono più alte, che i nuclei si urtano con sufficiente violenza da dare luogo a una fusione. È dunque lì, nel centro, che l'idrogeno si fonde con l'elio e che si sviluppa l'energia. L'elio si accumula, formando un nucleo che aumenta progressivamente mentre la fusione continua.
La fusione dell'idrogeno continua ad aver luogo subito fuori del nucleo di elio, là dove l'idrogeno Stesso è alla massima temperatura e alla massima densità: e il nucleo di elio, a mano a mano che aumenta, diventa a sua volta sempre più caldo e denso. Alla fine, dopo milioni o addirittura miliardi di anni, la temperatura e la densità del nucleo di elio diventano sufficientemente alti da costringere anche i nuclei stabili di questo elemento a fondersi in nuclei di carbonio e di ossigeno. (I nuclei di carbonio sono composti da tre nuclei di elio, i nuclei di ossigeno da quattro).
La nuova ondata di calore sviluppata dalla fusione dell'elio induce la stella a espandersi, sicché la sua superficie si raffredda. In altre parole la stella, che fino ad allora era stata un corpo celeste caldo, bianco e relativamente piccolo, mentre al suo centro si forma e sviluppa un nuovo nucleo di carbonio e ossigeno si espande in una gigante rossa.
Questa è dunque la condizione in cui si trova Betelgeuse. Al suo centro c'è un nucleo di carbonio-ossigeno che ha una temperatura di 100.000.000° K (mentre al centro del Sole la temperatura è di 15.000.000° K). Tale temperatura non è tuttavia ancora intensa a sufficienza da indurre carbonio e ossigeno a fondersi per formare nuclei ancora più complessi.
Illustri astronomi, basandosi su calcoli computerizzati che fanno riferimento alla teoria della reazione nucleare, hanno concluso che il nucleo di carbonio-ossigeno dovrebbe avere un diametro pari al doppio di quello della Terra, e una densità di circa 50.000 grammi per centimetro cubico (più di duemila volte quella del platino sulla Terra). Betelgeuse non è certo un vuoto caldo, di luminosità rossa in ogni sua parte...
Forse un cinquantesimo della massa totale di Betelgeuse è racchiuso in quel piccolo nucleo. Intorno ad esso c'è un involucro di elio che è probabilmente dieci volte il volume del nucleo, e contiene un altro cinquantesimo della massa totale. E fuori dell'involucro di elio ci sono le rarefatte regioni esterne, composte ancora soprattutto di idrogeno. L'elio continua a fondersi sulla superficie del nucleo di carbonio-ossigeno, e l'idrogeno continua a fondersi ai confini dell'involucro di elio.
L'idrogeno che si trova nel cuore delle rarefatte regioni esterne di Betelgeuse non può fondersi all'enorme velocità cui si sarebbe fuso al centro. L'elio, fondendosi in condizioni di maggiori densità e calore, produce molto meno energia per nucleo. Le due fusioni messe insieme riescono quindi a malapena a produrre calore sufficiente a mantenere Betelgeuse nella sua condizione di stella enormemente espansa. Ogni tanto, quando il combustibile viene meno, la stella comincia a contrarsi. La contrazione comprime l'idrogeno e l'elio ed accelera la fusione, sicché la stella torna a espandersi.
Col trascorrere del tempo ulteriori fusioni hanno luogo nella zona centrale, e ciascuna di esse produce meno energia per nucleo della fusione precedente, per cui la situazione peggiora progressivamente. Poi, quando nel centro della stella si formano nuclei di ferro, non possono più verificarsi ulteriori reazioni di fusione capaci di produrre energia, e le contrazioni periodiche diventano sempre più intense. Alla fine la mancanza di combustibile diventa drammatica, e la stella collassa definitivamente. L'improvviso collasso comprime il materiale fusibile che ancora rimane, e gran parte di esso viene disperso da un'esplosione. Più massa ha la stella, più improvviso è il collasso e più catastrofica è l'esplosione. Una stella della grandezza del Sole collasserà lanciando una piccola parte del suo strato più esterno nello spazio. Questa materia esplosa formerà un involucro sferico di gas intorno alla stella collassata. Visto da lontano, l'involucro somiglierà a un anello di fumo; si sarà formata così una nebulosa planetaria. La stella collassata al centro sarà molto piccola e densa, una nana bianca.
Una stella notevolmente più grande del Sole, per esempio Betelgeuse, esploderà con sufficiente violenza da diventare una supernova. I resti compressi collasseranno oltre lo stadio di nana bianca e costituiranno una stella di neutroni o forse addirittura un buco nero.
Questo è indubbiamente il destino che attende Betelgeuse in un futuro relativamente vicino, ma per gli astronomi futuro vicino può significare centomila anni, per cui non vi conviene stare alzati la notte in attesa di contemplare l'evento. C'è almeno un'altra stella che probabilmente esploderà prima di Betelgeuse, e in ogni caso prima che esploda potrebbero passare alcune migliaia di anni.

FINE