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Urania - Asimov d'appendice
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LA RELATIVITÀ DELL'ERRORE - Isaac Asimov
Titolo originale: Relativity of error
L'altro giorno ho ricevuto da un lettore una lettera scritta a mano con calligrafia illeggibile, sicché ho fatto fatica a decifrarla. Mi sono però sforzato di capire, giusto in caso mi trovassi di fronte a un messaggio importante.
All'inizio il lettore spiegava che si stava specializzando in letteratura inglese, ma riteneva necessario insegnarmi la scienza (Ho tirato un sospiro, perché conosco pochissimi laureati in letteratura inglese capaci di insegnarmi la scienza, ma poiché sono perfettamente consapevole del mio alto grado di ignoranza e sono disposto a imparare il più possibile da chiunque, anche dall'individuo più in basso nella scala sociale, ho continuato a leggere).
Pare che in uno dei miei innumerevoli articoli, su Fantasy & Science Fiction o altrove, mi fossi dichiarato abbastanza contento di vivere in un secolo in cui abbiamo finalmente compreso i meccanismi di base dell'universo.
Non analizzavo dettagliatamente la questione, ma in sostanza intendevo dire che adesso conosciamo sia le regole fondamentali che governano l'universo, sia le relazioni reciproche tra i principali componenti dell'universo stesso, come dimostrato dalla teoria della relatività elaborata tra il 1905 e il 1916. Conosciamo anche le regole fondamentali che governano le particelle subatomiche e i rapporti che queste hanno tra loro, perché le une e gli altri sono descritti con estrema chiarezza dalla teoria dei quanti elaborata tra il 1900 e il 1930. Sappiamo inoltre che le galassie e gli ammassi di galassie sono le principali unità dell'universo fisico, com'è stato scoperto tra il 1920 e il 1930.
E tutte queste cose, capite, le abbiamo apprese nel ventesimo secolo.
Dopo avere citato il mio articolo, il giovane esperto di letteratura inglese procedeva a rampognarmi perché, osservava, in tutti i secoli la gente ha creduto di avere compreso una volta per sempre l'universo, e in tutti i secoli è stato dimostrato che era in errore. Di conseguenza, dichiarava, l'unica cosa che possiamo dire del nostro moderno "sapere" è che è errato.
Citava poi, approvando, le parole pronunciate da Socrate nel momento in cui aveva appreso che l'oracolo di Delfi lo aveva proclamato l'uomo più saggio della Grecia. "Se sono l'uomo più saggio", disse, "è perché io solo so di non sapere nulla". D lettore voleva far capire che al contrario io ero molto sciocco in quanto credevo di sapere un sacco di cose.
Ahimè, niente di nuovo sotto il sole. (Ben poche cose mi riescono nuove: vorrei tanto che i miei corrispondenti se ne convincessero). Questa particolare osservazione mi fu fatta un quarto di secolo fa da John Campbell, che si era specializzato nell'irritarmi. Anche Campbell sosteneva che col passare del tempo tutte le teorie si rivelano errate.
- John - replicai io, - quando la gente pensava che la Terra fosse piatta, si sbagliava. Quando la gente pensava che la Terra fosse sferica, si sbagliava. Ma se tu sei convinto che ritenere la terra sferica sia sbagliato quanto ritenerla piatta, la tua concezione è più errata di tutte e due le altre messe assieme.
Vedete, il problema fondamentale è che la gente crede che "giusto" e "sbagliato" siano degli assoluti, che tutto ciò che non è completamente e totalmente giusto sia completamente e totalmente sbagliato.
Io invece sono di altro parere. Mi pare che "giusto" e "sbagliato" siano concetti confusi e in questo articolo spiegherò come mai la penso così.
Innanzitutto permettetemi di liquidare Socrate, perché sono stufo marcio di sentire dire che sapere di non sapere nulla è un segno di saggezza.
All'inizio nessuno sa niente. In pochi giorni i neonati imparano a riconoscere la propria madre.
Socrate si dichiarerebbe d'accordo, naturalmente, e preciserebbe che lui non si riferiva alla conoscenza di inezie, ma intendeva dire che quando si affrontano i grandi concetti teorici su cui gli esseri umani discutono, non si dovrebbero avere idee precostituite e non verificate, e che lui solo sapeva questo (Che affermazione inconcepibilmente arrogante!).
Nelle discussioni su argomenti come "Che cos'è la giustizia?" o "Che cos'è la virtù?" assumeva l'atteggiamento di chi non sapeva niente e doveva essere istruito dagli altri. (La si chiama, questa, "ironia socratica", perché Socrate sapeva benissimo di sapere molto più dei poveretti che gli capitavano a tiro). Fingendosi ignorante, spingeva gli altri a esporre il loro punto di vista sui concetti astratti, poi, con una serie di domande apparentemente da ignorante, li intrappolava in un tale garbuglio di contraddizioni che loro alla fine andavano in tilt e ammettevano di non sapere di che cosa stessero parlando.
Dimostra la straordinaria tolleranza degli ateniesi il fatto che Socrate sia stato libero di continuare a comportarsi così per decenni e che solo a settant'anni sia stato costretto dai suoi stremati compatrioti a bere la cicuta. Ora, come ci facciamo l'idea che "giusto" e "sbagliato" siano degli assoluti? Mi pare che questo concetto si formi nei primi anni di scuola, quando a bambini che sanno pochissimo impartiscono lezioni insegnanti che sanno ben poco più di loro. I bambini imparano per esempio l'ortografia e l'aritmetica, e qui c'imbattiamo subito in quelli che appaiono assoluti.
Come si scrive "zucchero"? Risposta giusta: z-u-c-c-h-e-r-o. Qualsiasi altro modo di scrivere tale parola è sbagliato.
Quanto fa 2 + 2? Risposta giusta: 4. Qualsiasi altra risposta è sbagliata.
Ottenere risposte esatte e dividere le cose in giuste e sbagliate in senso assoluto riduce al minimo la necessità di pensare, il che piace sia agli scolari sia agli insegnanti. Per questo gli uni e gli altri preferiscono i test dalle risposte brevi ai test che prevedono risposte lunghe e circostanziate, i test a scelta multipla ai test in cui bisogna rispondere concisamente senza disporre di nessun suggerimento, e i test vero-falso ai test a scelta multipla.
Capirete che cosa intendo dire quando avrete ammesso che "giusto" e "sbagliato" sono concetti relativi.
Come si scrive "zucchero?" Supponiamo che Alice lo scriva "p-q-zz-f" e Genevieve "s-u-c-a-r-o". Entrambe sbagliano, ma non è evidente che Alice sbaglia più di Genevieve? Anzi, credo si possa sostenere che il modo di scrivere di Genevieve è più fedele all'etimologia di quello "giusto".
Oppure supponiamo che si scriva "zucchero" s-a-c-c-a-r-o-s-i-o o C12H22O11. A rigore di termini si sbaglia in entrambi i casi, ma si mostra conoscenza non solo letteraria della materia, una conoscenza che va al di là della scrittura tradizionale.
Supponiamo allora che la domanda del test sia: «In quanti modi diversi si può scrivere "zucchero"? Giustificate ognuno di essi».
Naturalmente lo studente dovrebbe ragionare a lungo e far vedere alla fine quanto poco sa. Anche l'insegnante dovrebbe riflettere bene per valutare con esattezza quanto o quanto poco uno studente sa. Entrambi, immagino, si sentirebbero profondamente seccati.
E ancora, quanto fa 2 + 2? Mettiamo che Joseph dica 2 + 2 = porpora e Maxwell 2 + 2 = 17. Entrambi sbagliano, ma non. è corretto affermare che Joseph sbaglia più di Maxwell?
Supponiamo che diceste: 2 + 2 = un numero intero. Avreste ragione, no? O supponiamo che diceste: 2 + 2 = un numero intero pari. Avreste ancora più ragione. O che diceste: 2 + 2 = 3,999. Non avreste forse quasi ragione?
Se l'insegnante desidera avere per risposta 4 e non vuole fare distinzioni di valore tra le varie risposte sbagliate, non pone in questo modo un limite inutile alla comprensione?
Poniamo che la domanda sia quanto fa 9 + 5 e che rispondiate 2. Non sareste redarguiti aspramente e messi alla berlina, e non vi verrebbe detto che 9 + 5 = 14?
Mettiamo poi che vi dicano che sono le 9 di mattina, che vi chiedano che ora sarà dopo altre 5 ore e che voi rispondiate le 14 basandovi sulla considerazione che 9 + 5 = 14; non vi verrebbe magari fatto osservare che in linguaggio corrente sarebbero le 2 del pomeriggio? In quel caso dopotutto 9 + 5 farebbe davvero 2...
Supponiamo ancora che Richard dica 2 + 2 = 11, e che prima di essere spedito a casa dall'insegnante con una nota per sua madre si affretti ad aggiungere: "Con base 3, naturalmente". Avrebbe ragione.
Ecco un altro esempio. L'insegnante domanda "Chi è il quarantesimo presidente degli Stati Uniti?" e Barbara risponde: "Non c'è un quarantesimo presidente, professore".
"Ti sbagli!" esclama il professore. "Il quarantesimo presidente degli Stati Uniti è Ronald Reagan".
"Nient'affatto" replica Barbara. "Ho qui un elenco di tutti gli uomini, da George Washington a Ronald Reagan, che sono stati legittimi presidenti degli Stati Uniti e ce ne sono solo trentanove, per cui non esiste un quarantesimo presidente".
"Ah" dice l'insegnante, "ma Grover Cleveland fu presidente per due mandati non consecutivi, il primo dal 1885 al 1889 e il secondo dal 1893 al 1897. Quindi è sia il ventiduesimo, sia il ventiquattresimo presidente. Ecco perché Ronald Reagan è il trentanovesimo e nel contempo il quarantesimo".
Non è assurdo? Perché un uomo che non è stato capo della Casa Bianca per due mandati consecutivi dovrebbe essere contato due volte, mentre uno che lo è stato per due mandati consecutivi dovrebbe essere contato una volta sola? Pura convenzione! Tuttavia secondo il professore Barbara ha sbagliato, proprio come se avesse detto che il quarantesimo presidente degli Stati Uniti è Fidel Castro.
Perciò, quando il mio amico esperto in letteratura inglese afferma che in qualsiasi secolo gli scienziati sono stati convinti di avere compreso l'universo e si sono sempre sbagliati, vorrei sapere quanto si sono sbagliati. Hanno errato sempre nello stesso grado? Facciamo un esempio.
Agli albori della civiltà la convinzione generale era che la Terra fosse piatta.
Questo non perché la gente fosse stupida o intendesse assolutamente credere a cose stupide. Pensava che la Terra fosse piatta sulla base di valide prove. Non era solo una questione di "Così sembra", perché la Terra non appare piatta, bensì caoticamente irregolare, con colline, valli, burroni e così via.
Naturalmente in particolari zone esistono pianure in cui la superficie terrestre appare effettivamente abbastanza piatta. Una di queste pianure è quella del Tigri-Eufrate, dove si sviluppò la prima civiltà storica, la civiltà dei sumeri, che conosceva la scrittura.
Forse fu l'aspetto della pianura che indusse gli intelligenti sumeri ad accettare la generalizzazione che la Terra fosse piatta e a pensare che se in qualche modo si fossero livellate tutte le elevazioni e le depressioni del terreno, si sarebbe ottenuta una superficie piatta. A rafforzare il concetto contribuì forse il fatto che le distese d'acqua (stagni e laghi) apparivano assai piatte nei giorni senza vento.
Un altro modo di considerare la faccenda è domandarsi che cosa sia la "curvatura" della superficie terrestre. Presa una lunghezza considerevole, quanto si discosta (in media) la superficie dall'idea di piano perfetto? Secondo la teoria della Terra piatta, la superficie non dovrebbe affatto allontanarsi dal concetto di piano e la sua curvatura dovrebbe essere di 0 al miglio.
Oggi naturalmente ci viene insegnato che la teoria della Terra piatta è sbagliata: che è completamente, spaventosamente, incredibilmente sbagliata. Ma non è vero. La curvatura della Terra è di quasi 0 al miglio, per cui, sebbene la teoria della Terra piatta sia errata, sotto un certo profilo si può ritenere quasi giusta. Per questo è durata tanto a lungo.
Certo, c'erano buoni motivi per trovare insoddisfacente questa teoria e verso il 350 a. C. il filosofo greco Aristotele li riassunse tutti. In primo luogo alcune stelle scomparivano oltre l'emisfero meridionale quando si viaggiava verso nord e oltre l'emisfero meridionale quando si viaggiava verso sud. In secondo luogo l'ombra proiettata dalla Terra sulla Luna durante le eclissi lunari era sempre l'arco di un cerchio. In terzo luogo, quando in mare le navi si dileguavano all'orizzonte, qualunque fosse la direzione della loro rotta scompariva innanzitutto la carena.
I tre fenomeni restavano inspiegabili se si presupponeva che la superficie terrestre fosse piatta, ma si potevano spiegare se si ipotizzava che la Terra fosse sferica.
Inoltre Aristotele riteneva che tutta la materia solida si spostasse verso un centro comune, e se la materia solida si comportava in questo modo, era logico che finisse per costituire una sfera. Un dato volume di materia è in media più vicino a un centro comune se ha forma sferica che se ha un'altra forma qualsiasi.
Circa un secolo dopo Aristotele, il filosofo greco Eratostene osservò che il sole proiettava un'ombra di lunghezza diversa a seconda della latitudine (tutte le ombre sarebbero state lunghe uguali se la Terra fosse stata piatta). Misurando la differenza di lunghezza delle ombre calcolò le dimensioni della sfera terrestre, che risultò avere una circonferenza di 400 mila chilometri.
La curvatura di tale sfera è di circa 0,000012 miglia al miglio, ossia, come potete constatare, una quantità che è assai prossima a 0 miglia al miglio e che non si poteva facilmente misurare con le tecniche a disposizione degli antichi. La differenza infinitesima tra 0 e 0,000012 spiega perché sia occorso tanto tempo per passare dalla teoria della Terra piatta alla teoria della Terra sferica.
Intendiamoci, anche una differenza infinitesima come quella tra 0 e 0,000012 può essere importantissima, perché si accumula. Non si può stendere con accuratezza una carta geografica di larghe aree della Terra se non si tiene conto di questa differenza e se la Terra non vien considerata sferica anziché piatta. Non si possono intraprendere lunghi viaggi sull'oceano con la sicurezza di poter stabilire la propria posizione in esso se la Terra non viene considerata sferica anziché piatta.
Inoltre se si partisse dal presupposto di una superficie terrestre piatta, la Terra dovrebbe essere infinita oppure a un certo punto "terminare". La Terra sferica invece è insieme infinita e finita, ed è quest'ultimo postulato a risultare compatibile con tutte le ultime scoperte.
Così, anche se la teoria della Terra piatta è solo in parte errata e rende onore ai suoi inventori, nel complesso è abbastanza errata da essere scartata a favore della teoria della Terra sferica.
Ma la Terra è davvero una sfera?
No, non è una sfera, nel senso strettamente matematico del termine. Una sfera ha determinate proprietà matematiche; per esempio, tutti i diametri (ossia tutte le linee rette che da un punto sulla sua superficie vanno fino a un altro punto della superficie passando per il centro) hanno la stessa lunghezza.
Questo invece non vale per la Terra. I diversi diametri del nostro pianeta hanno una diversa lunghezza.
In che modo la gente si fece l'idea che la Terra non fosse una vera sfera?
Nei primi tempi del telescopio, i limiti tecnici del calcolo lasciavano pensare che il Sole e la Luna avessero contorni perfettamente sferici, il che si accordava con l'ipotesi che la nostra stella e il nostro satellite fossero effettivamente sferici.
Tuttavia quando i primi astronomi che usavano il telescopio osservarono Giove e Saturno, apparve subito chiaro che i contorni di tali pianeti non erano circolari, bensì ellittici. Ciò significava che Giove e Saturno non erano vere sfere.
Verso la fine del diciassettesimo secolo Isaac Newton dimostrò che un corpo massiccio formava una sfera sotto l'influsso delle forze gravitazionali (la stessa cosa che aveva sostenuto Aristotele), ma solo se non era ruotante. Se avesse ruotato, si sarebbe creato un effetto centrifugo che avrebbe spinto la materia del corpo celeste verso l'esterno, e questo effetto sarebbe cresciuto a mano a mano che ci si fosse avvicinati all'equatore. L'effetto sarebbe inoltre aumentato in maniera direttamente proporzionale alla velocità di rotazione dell'oggetto sferico, e Giove e Saturno ruotavano in effetti assai velocemente.
La Terra ruotava molto più piano di Giove o Saturno, sicché l'effetto doveva essere più piccolo, ma in ogni caso esserci. Nel diciottesimo secolo si eseguirono calcoli precisi della curvatura della Terra e si dimostrò che Newton aveva ragione.
In altre parole, la Terra ha un rigonfiamento equatoriale. È schiacciata ai poli. Non è una sfera, ma un "ellissoide schiacciato". Ciò significa che i suoi vari diametri hanno lunghezza diversa. I diametri più lunghi sono quelli che vanno da un punto dell'equatore al punto opposto dell'equatore stesso. Tale "diametro equatoriale" è di 12.755 chilometri (7.927 miglia). Il diametro più breve, il cosiddetto "diametro polare", è quello che va dal polo nord al polo sud e misura 12.711 chilometri (7.900 miglia).
La differenza tra i diametri più lunghi e quelli più corti è rappresentata da 44 chilometri (27 miglia); ciò significa che lo "schiacciamento" del nostro pianeta (quello che lo. allontana dalla vera sfericità) è 44/12755 o 0,0034, il che equivale a 1/3 dell'1 per cento.
Detto in altri termini, su una superficie piatta la curvatura è dappertutto di 0 miglia per miglio. Sulla superficie sferica della Terra essa è dappertutto di 0,000012 miglia per miglio (o 20 centimetri per miglio). Sulla superficie dell'ellissoide schiacciato terrestre, la curvatura va dai 20,25 centimetri ai 20,38 centimetri per miglio.
La correzione cui si deve procedere passando dalla sfera all'ellissoide schiacciato è assai inferiore a quella che caratterizza il passaggio dal piatto allo sferico. Perciò, anche se l'idea della Terra sferica è a rigore di termini errata, non è così errata come l'idea della Terra piatta.
Volendo essere pignoli, perfino il concetto che il nostro pianeta sia un ellissoide schiacciato è sbagliato. Nel 1958, quando fu messo in orbita il satellite Vanguard 1, esso riuscì a calcolare la forza gravitazionale locale della Terra e quinci la forma di quest'ultima con una precisione che fino allora non. era mai stata raggiunta. Risultò che il rigonfiamento equatoriale a sud dell'equatore era leggermente più pronunciato del rigonfiamento a nord dell'equatore e che il livello del mare al polo sud era leggermente più vicino al centro della Terra del livello del mare al polo nord.
Pareva che l'unico modo per descrivere il fenomeno fosse di dire che la Terra aveva "forma di pera", e subito molte persone pensarono che il nostro pianeta non avesse nulla di sferico e fosse invece una sorta di pera William sospesa nello spazio. In realtà la deviazione "a pera" rispetto al vero ellissoide schiacciato era rappresentabile in ternani di metri e non di miglia, e la curvatura fu corretta di milionesimi di pollice per miglio.
In breve, il mio amico esperto di letteratura inglese, che vive in un mondo ideale di verità e falsità assolute, penserà forse che siccome tutte le teorie sono errate, la Terra può benissimo venire considerata sferica adesso, ma cubica nel prossimo secolo, un icosaedro cavo nel secolo successivo e un mondo a forma di frittella nel secolo ancora successivo.
Quel che accade in realtà è che una volta afferrato un concetto valido, gli scienziati a poco a poco lo definiscono meglio, ampliano e perfezionano servendosi di strumenti di misura sempre migliori. Le teorie non sono tanto sbagliate, quanto incomplete.
Tale osservazione è valida in molti, altri casi, non solo in quello della forma della Terra. Anche quando sembrano rappresentare una rivoluzione, le nuove teorie nascono in genere da sottigliezze. Se la differenza fosse data da qualcosa di più sostanzioso, la vecchia teoria non resisterebbe mai tanto tempo.
Copernico passò da un sistema planetario geocentrico a un sistema planetario eliocentrico, cioè da una concezione che pareva ovvia a una concezione che pareva assurda. Però tutto stava nel trovare metodi migliori per calcolare il moto dei pianeti nel cielo: appena questi metodi furono messi a punto, la teoria geocentrica fu abbandonata con facilità. Era proprio perché il vecchio sistema geocentrico dava risultati abbastanza buoni per gli standard dell'epoca che continuò a essere considerato giusto per tanto tempo.
Ed ecco un altro esempio. E perché le formazioni geologiche della Terra cambiano così lentamente e gli esseri viventi si evolvono così lentamente che in un primo tempo parve ragionevole negare qualsiasi cambiamento e supporre che la Terra e la vita fossero sempre esistite nelle stesse identiche condizioni di oggi. Partendo da un simile presupposto, non aveva alcuna importanza che esse si fossero originate miliardi o migliaia di anni prima. Le migliaia erano più facili da comprendere.
Ma quando osservazioni accurate dimostrarono che la Terra e la vita cambiavano a un ritmo infinitesimo, ma non uguale a zero, diventò chiaro che l'origine del pianeta doveva risalire a molto, molto tempo fa. Allora nacque la moderna geologia, assieme al concetto di evoluzione biologica.
Se il ritmo di cambiamento fosse più rapido, la geologia e l'evoluzione avrebbero raggiunto le condizioni attuali in epoche antiche. Solo perché la differenza tra il ritmo di cambiamento di un universo statico e quello di un universo in evoluzione è la stessa esistente tra zero e quasi zero i creazionisti possono continuare a diffondere le loro scemenze.
E che dire delle due grandi teorie del ventesimo secolo, quella della relatività e quella dei quanti?
Le teorie di Newton sul moto e la gravitazione erano molto vicine al vero, e sarebbero state vere in assoluto se solo la velocità della luce fosse stata infinita. Invece la velocità della luce è finita e di questo dovette tenere conto Einstein nelle sue equazioni relativistiche, che erano un ampliamento e un perfezionamento di quelle di Newton.
Si potrebbe osservare che la differenza tra infinito e finito è essa stessa infinita. Come mai allora le equazioni di Newton sembravano funzionare? Poniamo la questione in altri termini e chiediamoci quanto tempo occorre alla luce per percorrere la distanza di un metro.
Se viaggiasse a velocità infinita, la luce impiegherebbe 0 secondi per percorrere un metro. Poiché invece viaggia a 300 mila chilometri al secondo, impiega 0,0000000033 secondi. È questa differenza tra 0 e 0,0000000033 che Einstein individuò.
Dal punto di vista concettuale correggere tale cifra era importante quanto correggere la curvatura della Terra portandola da 0 a 20 centimetri per miglio. Le velocissime particelle subatomiche non si comporterebbero come si comportano, gli acceleratori di particelle non funzionerebbero come funzionano, le bombe nucleari non esploderebbero e le stelle non risplenderebbero se non ci fosse stata questa correzione di Einstein. Eppure è stata una correzione minima e non c'è da stupirsi che Newton alla sua epoca non abbia potuto calcolarla, perché nelle sue osservazioni poteva considerare solo velocità e distanze per le quali la differenza tra 0 e 0,0000000033 era insignificante.
Ed ecco un altro esempio. La visione prequantistica della fisica era inadeguata in quanto non calcolava la "granularità" dell'universo. Si pensava che tutte le forme di energia fossero continue e si potessero indefinitamente dividere in quantità sempre più piccole.
Risultò che non era così. L'energia è costituita da quanti le cui dimensioni dipendono da qualcosa che si chiama la costante di Planck. Se la costante di Planck fosse uguale a 0 erg-secondi, allora l'energia sarebbe continua e non esisterebbero grani nell'universo. La costante di Planck è invece uguale a 0.0000000000000000000000000066 secondi. Si tratta in effetti di una differenza minima rispetto allo zero, così piccola che per i normali problemi di energia che si incontrano nella vita quotidiana non occorre tenerne conto. Quando invece si ha a che fare con il mondo subatomico, è impossibile occuparsi di particelle senza fare riflessioni quantistiche.
Poiché i perfezionamenti realizzati in sede teorica sono di entità sempre minore, anche le teorie molto antiche dovevano essere abbastanza esatte da consentire che si verificassero dei progressi, progressi che non furono cancellati dalle modifiche successive.
I greci introdussero per esempio il concetto di latitudine e longitudine, ed elaborarono carte geografiche abbastanza accurate del bacino del Mediterraneo pur non tenendo conto della sfericità della Terra e noi utilizziamo ancora oggi la latitudine e la longitudine.
I sumeri furono probabilmente i primi ad appurare che i movimenti planetari nel cielo si ripetono costantemente e si possono prevedere, e misero a punto sistemi per prevederli anche se credevano che la Terra fosse il centro dell'universo. I loro calcoli sono stati alquanto modificati, ma il principio resta.
La teoria della gravitazione di Newton, benché incompleta se si prendono in considerazione grandissime distanze e velocità enormi, va benissimo finché ci limitiamo al sistema solare. La cometa di Halley appare puntualmente, come prevedono la teoria della gravitazione e le leggi del moto di Newton. Tutta la missilistica si basa su Newton e il Voyager 2 ha raggiunto Urano con un secondo di scarto rispetto al tempo previsto. Nessuno di questi eventi è stato sconfessato dalla relatività.
Nel diciannovesimo secolo, prima che si potesse anche solo immaginare la teoria dei quanti, furono scoperte le leggi della termodinamica, la prima delle quali riguarda la conservazione dell'energia e la seconda l'inevitabile aumento dell'entropia. Si scoprirono anche altre leggi di conservazione, come quella della conservazione della quantità di moto, del momento angolare e della carica elettrica. Sempre a quell'epoca risalgono le leggi dell'elettromagnetismo di Maxwell. Nessuno di questi nuovi principi fu infirmato dall'introduzione della teoria dei quanti.
Naturalmente le teorie attuali potrebbero essere considerate errate nel senso semplicistico indicato dal mio lettore esperto di letteratura inglese, ma in un senso molto più vero e sottile vanno considerate solo incomplete.
La teoria dei quanti, per esempio, ha prodotto la cosiddetta "bizzarria quantistica", che mette in seria discussione la natura stessa della realtà e dà origine a enigmi filosofici su cui pare che i fisici non riescano proprio a mettersi d'accordo. Forse siamo arrivati a un punto in cui il cervello umano non può più capire le cose, o forse la teoria dei quanti è incompleta e quando sarà stata adeguatamente modificata, tutta la "bizzarria" scomparirà.
Inoltre la teoria dei quanti e la relatività sembrano essere indipendenti l'una dall'altra, sicché mentre la prima fa sperare che si possano unificare in un unico sistema matematico tre delle quattro interazioni conosciute, la gravitazione, regno della seconda, pare ancora resistere a qualsiasi tentativo del genere.
Se si potessero combinare insieme la teoria dei quanti e la relatività, forse diventerebbe possibile una vera "teoria del campo unificato".
Ma se anche questa ipotesi si traducesse in realtà, si tratterebbe sempre di un ulteriore perfezionamento utile a farci capire meglio fenomeni che stanno al margine delle nostre conoscenze: la natura del Big Bang, la creazione dell'universo, le proprietà della materia al centro dei buchi neri, alcuni punti oscuri in merito all'evoluzione delle galassie e delle supernove e così via.
In pratica però tutto quanto l'attuale patrimonio di nozioni resterebbe intatto, e quando dico che sono lieto di vivere in un secolo in cui comprendiamo fondamentalmente l'universo, credo di dirlo a ragion veduta.
FINE