Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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ALLA SCOPERTA DI MARTE - Eugene Mallove
Titolo originale: Off to explore mars
Marte è così vicino che quasi possiamo toccarlo. In effetti molti di noi hanno già tenuto tra le dita frammenti di questo pianeta. Schegge di roccia dell'Antartico sbrecciate dalla superficie di Marte migliaia di anni fa (schizzate via per l'impatto con un meteorite, direbbero alcuni) e cadute sulle distese di ghiaccio del Polo Sud e poi finite nelle mani di intrepidi esploratori. Forse sono i primi frammenti della superficie di un altro pianeta maneggiati dagli abitanti della Terra.
Qualche mese fa un mio vecchio amico, fanatico dell'osservazione delle stelle, mi telefonò per offrirmi uno di questi frammenti di Marte. Davvero... una vera roccia marziana, autenticata da rispettabili studiosi esperti in materia proveniente dai pianeti. La sua composizione e la struttura dei suoi componenti erano senza dubbio di origine marziana, una cosa che non si sarebbe potuto stabilire prima che le missioni esplorative Viking negli anni Settanta setacciassero, sondassero e analizzassero il suolo di Marte.
Quell'offerta mi infiammò di desiderio, avevo sognato di toccare le sabbie di Marte sin da quando ero un ragazzino delle elementari. Avrei comprato quella roccia in un battibaleno al prezzo ridicolmente basso di 1.900 dollari al grammo (acquisto minimo: sei grammi!) ma il prezzo mal si adattava alle mie finanze. Peccato, perché sarebbe stato un grande affare...
I frammenti lunari raccolti dalla spedizione Apollo valgono circa 60.000 dollari al grammo (e oltretutto non sono in vendita!) e Marte è molto più lontano del nostro satellite. Ahimè, le mie ambizioni di collezionista dovranno aspettare che venga trovata un'altra roccia di Marte che spicchi con il suo colore scuro su quella sterile, gelida e desolata distesa che è l'Antartico.
Perché in tanti desiderano possedere un pezzetto di roccia marziana? È semplicemente il richiamo esercitato da un pianeta lontano e fino a oggi irraggiungibile? È un'illusione quella di poter esplorare Marte? È un'ambizione ragionevole, oppure ci siamo lasciati trasportare da un sogno, oltre ogni possibile realtà o i frammenti di roccia di Marte ci hanno reso completamente pazzi? Poeti e narratori di fantascienza hanno descritto immaginarie forme di vita passate e future su Marte. Non abbiamo mai smesso di sognare la possibilità dell'esistenza di forme di vita su Marte. Non molto tempo fa, alla metà del secolo, l'Accademia delle Scienze di Francia offrì l'enorme somma di 100.000 franchi, il premio Pierre Guzman, al primo che fosse riuscito a entrare in comunicazione con un mondo diverso da Marte! In quell'epoca contrassegnata dall'entusiasmo per la ricerca spaziale era considerato troppo facile suscitare l'interesse dei presunti abitanti di Marte. Ora sappiamo meglio quale sia la realtà, eppure continuiamo a sognare.
Qual è il fascino misterioso del Pianeta Rosso che ha indirizzato nei secoli i terrestri verso Marte e che promette di portarci in carne e ossa su quel pianeta per dare inizio a una civiltà marziana? In parole semplici la risposta è: "la sua stessa esistenza", e il desiderio di esplorazione nasce perché noi siamo ciò che siamo, creature animate da spirito di avventura. Come è avvenuto per ogni altra sfida irta di incognite, l'umanità accetterà il rischio e andrà su Marte nelle prossime decadi, ecco cosa accadrà. Marte, dopotutto, è un altro "luogo", un altro mondo e, se abbiamo imparato qualcosa dalla storia della vita su questo pianeta, è che gli organismi tendono a cercare e a trovare ogni angolo ecologicamente disponibile ogni volta che ne hanno la possibilità. Oltre tutto, Marte è il solo pianeta nel sistema solare con un'atmosfera, acqua e risorse di superficie che i coloni potrebbero usare per soddisfare virtualmente tutte le loro necessità.
In effetti, noi abbiamo i mezzi per andare su Marte e li abbiamo già da qualche tempo, ciò che ci è mancata è stata la volontà. Willy Ley, il famoso cronista della nascita del volo spaziale, scrisse con giustificata approssimazione negli anni Sessanta che "...la prima spedizione su Marte potrebbe aver luogo nel 1975 se non prima". È seccante per gli esploratori pensare che gli esseri umani potrebbero camminare nelle valli e nei bacini di Marte anche in questo momento, se non fosse per gli accaniti contrasti tra le nazioni della Terra. Niente di nuovo sotto il sole, dopotutto... più di duemila anni fa una civiltà proclamò che Marte era un pianeta insanguinato, collegandolo al suo dio della guerra, un'asserzione che si ritrova in tutti gli annali della storia in cui si colleghi la colorazione rossastra del pianeta con tutto ciò che per noi è orribile e letale. Marte è stato immortalato come il dio della guerra anche nei simboli astronomici che lo raffigurano con un cerchio all'interno del quale si trova una freccia pronta ad essere scoccata, un segno adottato anche per indicare il simbolo biologico maschile. La freccia diventa una lancia e il cerchio uno scudo.
Conquistata la Luna (o almeno così abbiamo creduto) con l'atterraggio della navicella americana Apollo agli inizi degli anni Settanta, nelle alte sfere del governo Nixon furono avanzati progetti che indicavano Marte quale prossimo obiettivo da raggiungere nella corsa alla colonizzazione spaziale. Il vice presidente Spiro Agnew, che quasi nessuno oggi ricorda, propose di effettuare una spedizione umana su Marte, prevedendo l'atterraggio di una missione americana sul Pianeta Rosso entro il 2000. Ahimè, la conquista di Marte non era destinata ad avverarsi a causa dell'abbandono del programma di esplorazione spaziale, sebbene il progetto sia stato ripreso nel 1990, per un'ulteriore analisi. Ma prima di procedere era necessario realizzare le navicelle spaziali e "abituarsi" ai voli nello spazio.
Quell'abitudine ricevette un'amara e tragica battuta d'arresto a causa dell'incidente capitato al Challenger nel gennaio 1986. Nel 1989 il programma delle navicelle spaziali è rinato. Presto saremo in grado di usare la nostra ristretta flotta spaziale (composta dal Discovery, dal Columbia, dall'Atlantis, dall'Endeavour e dalla navetta che ha rimpiazzato il Challenger) per trasferirci a bordo di un'enorme stazione spaziale che verrà realizzata alla fine degli anni Novanta come ideale trampolino di lancio per raggiungere Marte. L'Unione Sovietica ha condotto una vittoriosa sperimentazione del volo spaziale di lunga durata, assolutamente necessaria per realizzare spedizioni più lunghe di un anno dirette a Marte. Abbiamo imparato che gli effetti fisici e psicologici sulla resistenza umana sottoposta a sforzo non devono essere sottovalutati. I russi hanno realizzato una stazione spaziale, più piccola del modello progettato da americani, canadesi, europei e giapponesi, ma pur sempre una stazione spaziale.
Ma perché Marte?
Perché un mondo che s'avvicina alla Terra una volta ogni due anni (circa ogni venticinque mesi)? Perché non rimanere in prossimità della Terra o, più semplicemente, perché non tornare sulla Luna per svolgervi spedizioni più approfondite? Alcuni membri della comunità che si occupa degli studi sulla conquista dello spazio insistono per stabilire prima una base sulla Luna come terreno di addestramento e punto di appoggio per una futura base su Marte, ma la loro idea è stata respinta più di cento volte. Gli entusiasti della colonizzazione marziana insistono a dire che una base lunare sarebbe una tappa inutile e un ostacolo economico all'esplorazione di Marte.
A un'analisi finale, la ricerca di forme di vita extraterrestri esistenti o estinte e questioni riguardanti lo spirito umano sono le migliori ragioni per andare su Marte. D'altro canto, ci sono diverse ragioni, pratiche e scientifiche, per andare su Marte. In due vittoriose occasioni siamo già stati (seppure non direttamente) sulla superficie del pianeta, durante le missioni Viking nel 1976. Abbiamo ottenuto parecchi campioni del terreno di Marte e abbiamo scoperto che potrebbe ospitare forme di vita microbiologiche.
Ci sono alcuni stimati scienziati convinti che, negli esperimenti delle missioni Viking, sia risultata l'esistenza di microbi sulla superficie di Marte. Secondo la loro opinione, i dati sono contraddittori nella peggiore delle ipotesi mentre, nella migliore, riportano tracce di vita. Ma, recentemente, altri scienziati hanno formulato un meccanismo fisicochimico quasi convincente per spiegare i rapporti, inizialmente stupefacenti, delle missioni Viking che sembravano affermare l'esistenza di nuove forme di vita. Gli scettici potrebbero sottolineare, tuttavia, che sono stati esaminati solo due punti alla ricerca di una possibile presenza di vita su Marte, molto poco rispetto a quanto sarebbe necessario per affermare la totale sterilità del pianeta. Ma cosa erano quelle macchie verdastre sulle rocce di Marte che furono scoperte dallo scienziato della missione Viking, il dottor Gilbert Levin, in un'immagine scattata da uno dei veicoli spaziali? Potevano essere dei licheni marziani, simili alla specie vegetale più adattabile della Terra?
Una delle più importanti ragioni per andare su Marte è di studiare come si è generato il freddo deserto che ne ricopre la superficie (la cui temperatura media è di -60°). Ci sono prove evidenti che, in tempi passati, il pianeta godeva di un clima molto più temperato e ospitava grandi estensioni di acqua allo stato liquido. La stessa tragedia potrebbe verificarsi anche sulla Terra? Stiamo parlando di confrontare le condizioni tra i pianeti, nello sforzo di scoprire perché la Terra è abitabile, Venere è un inferno e Marte è un pianeta dove la vita è "quasi possibile"... o forse dove è stata possibile e poi si è estinta nel gioco della vita che mantiene su pianeti rocciosi una fragile ma apparentemente stabile biosfera. Perché Gaia continua a vivere negli eoni mentre "Marsia" (se pure è esistita) è bruscamente finita?
Per anni sono stati eseguiti degli studi per comprendere quale sarà il destino dei pianeti, e queste ricerche potrebbero essere svolte con una spesa molto minore grazie all'ausilio di veicoli robotici. Ma ci sono anche ragioni più importanti per spingere gli uomini ad andare su Marte e ad andarci in fretta. La stazione spaziale Terra sta consumandosi tra lotte fratricide e, sebbene il mondo possa aver bisogno di dosi massicce di "amore universale", è necessario trovare uno sfogo per le energie umane che tradizionalmente si esprimono nella guerra. Sin dal 1988 i centoventimila membri della società planetaria che ha sede a Pasadena, in California, hanno emesso una dichiarazione riguardante Marte che afferma:
"Marte è il vicino del mondo, il pianeta più prossimo cui gli esploratori umani possano atterrare con sicurezza. Sebbene in alcuni periodi sia caldo come il New England in ottobre, Marte è un luogo freddo, così freddo che parte della sua sottile atmosfera di biossido di carbonio ghiaccia in corrispondenza dei poli. Ci sono cieli rosa, distese di roccia, dune di sabbia, numerosi vulcani estinti al confronto dei quali quelli terrestri sono dei nanetti, un grande canyon che attraverserebbe interamente gli Stati Uniti, tempeste di sabbia che, a volte, raggiungono una velocità pari a metà di quella del suono, e singolari segni scuri e brillanti sulla sua superficie, centinaia di letti di fiumi disseccati, montagne dalla forma piramidale e molti altri misteri".
L'altra ragione per cui gli uomini dovrebbero andare su Marte potrebbe sembrare sciocca, ma certamente non lo era negli anni Cinquanta, certamente non per Warner von Braun, che disse: "Andare su Marte sta per diventare facile, e allora perché diavolo non andarci? La tecnologia è un processo organico evolutosi in modo da rendere sia l'esplorazione spaziale sia il suo costo molto più realizzabili e attuabili di un tempo. La frazione annuale del Prodotto Nazionale Lordo degli Stati Uniti (accantonabile in un periodo di diversi anni) che un tempo sarebbe stata necessaria per andare su Marte era forse dell'un per cento alla fine del 1960 quando il PNL era di 2 trilioni e mezzo. Visto che oggi il PNL è quasi duplicato, il costo attuale di una spedizione su Marte ammonterebbe a circa un decimo di quella percentuale annuale".
Werner von Braun pubblicò la prima ricerca condotta su un progetto di veicolo spaziale in grado di raggiungere Marte nel 1952, Das Marsprojekt. Von Braun aveva realizzato il progetto nel tempo libero nel 1948 e il suo "unico strumento di lavoro era stato un regolo calcolatore". Nella prefazione della traduzione inglese del "Progetto Marte" del 1962 (pubblicata dall'Università dell'Illinois) il grande pioniere della costruzione dei razzi scrisse: "Il mio principale obiettivo durante la preparazione del Progetto Marte è stato dimostrare che, sulla base della tecnologia e delle conoscenze attualmente disponibili (nel 1948) lanciare una missione di esplorazione su Marte ha una concreta possibilità; quattordici anni fa pensavamo che fosse solo una possibilità ma ora sappiamo che è una certezza: la strada per raggiungere altri pianeti è aperta".
Più di un quarto di secolo è trascorso da quando von Braun scrisse queste parole. Ora ci troviamo nell'era dei computer e la tecnologia spaziale ha subito rivoluzionamenti che avrebbero sbalordito i primi pionieri dello spazio. La navigazione inerziale e spaziale è stata perfezionata sino a diventare un'arte, gli strumenti di tracciamento spaziale eseguono abitualmente compiti sbalorditivi. I sistemi di comunicazione digitale creano con facilità ponti tra punti distanti milioni di chilometri consentendoci di ricevere immagini perfette da esploratori robotici. Abbiamo trovato il modo di spremere ogni caloria virtualmente accessibile da ogni fonte di energia disponibile grazie ai sistemi di propulsione che sfruttano congiuntamente idrogeno liquido e ossigeno liquido. E abbiamo scoperto che uomini e donne possono sopravvivere nello spazio per lunghi Periodi di tempo.
Dai tempi della flottiglia spaziale di dieci vascelli progettata da von Braun (che ipotizzava una spedizione interplanetaria composta da settanta persone) sono stati compiuti numerosi studi da compagnie, università e appassionati della colonizzazione umana di Marte per studiarne le possibilità di ricerca, esplorazione e colonizzazione. L'impresa diventa sempre più semplice, più economica ed evidentemente realizzabile a ogni decade. Così, prima o poi, cominceremo quel grande viaggio dal quale non ci sarà ritorno.
Colonie di marziani
La prima spedizione su Marte condotta da esseri umani e non da robot quasi sicuramente avverrà nei primi anni del Ventunesimo secolo, forse nel 2010. Il viaggio interplanetario verso il quarto pianeta con i razzi a carburante chimico attualmente disponibili durerà approssimativamente dai sette ai nove mesi. I sistemi di propulsione nucleare per i razzi sviluppatisi negli anni Sessanta ci porterebbero più efficacemente e più velocemente alla meta, ma ci vorranno decadi (se mai questa opportunità si verificherà) prima che la volontà politica collettiva si decida a tirarli fuori dalla naftalina. In qualunque modo avverranno, i primi viaggi non saranno di breve durata. Avendo viaggiato così a lungo per raggiungere un pianeta, sarebbe inutile e poco lungimirante non fare di questo primo viaggio l'inizio di un insediamento umano permanente su Marte. Questa è la principale e più importante differenza tra gli esploratori di Marte e quelli che parteciparono alla missione Apollo. In realtà, prima che un veicolo spaziale con un equipaggio umano tocchi il suolo di Marte, dovremmo inviare sul suolo marziano una missione guidata da attrezzature automatiche per depositare rifornimenti e riserve di ossigeno e congegni in grado di produrre carburante. La base di rifornimento dovrebbe cominciare a funzionare e rimanere in attività per un lungo periodo di tempo in attesa dell'arrivo degli astronauti per assicurare il loro ritorno sulla Terra. I membri del primo contingente di pionieri dovrebbero essere sostituiti da nuovi esploratori al minimo ogni due anni. Alcuni potrebbero non ritornare per più di un ciclo o anche decidere di non rientrare mai più sul loro pianeta.
La cosa più importante da tenere a mente quando si parla di colonizzazione di Marte è che si tratterebbe di sviluppare l'arte di sfidare le leggi naturali, realizzando condizioni di vita apparentemente impossibili. Quando gli esploratori attraversarono l'Atlantico centinaia di anni fa non portarono con loro tutto ciò che diede origine al continente nordamericano. Piuttosto portarono semplici strumenti e rifornimenti che sarebbero diventati i semi dello sviluppo di una cultura continentale basata sulle risorse indigene. Furono indubbiamente aiutati dal commercio transoceanico e dai rifornimenti che ricevevano, ma le ricchezze che si svilupparono nel Nuovo Mondo non arrivarono già pronte. Ebbero la possibilità di prosperare grazie alle grandi risorse del continente e alla sua eclettica popolazione.
Lo stesso concetto si dimostrerebbe valido per Marte; la differenza sarà che, prima di cominciare a colonizzare il pianeta, dovremmo acquisire una più completa comprensione di come le risorse extraterrestri potrebbero essere sfruttate per questo scopo. Prima di lasciare l'Inghilterra, i pellegrini non studiarono la possibilità di coltivare in serra il granturco o le tecniche per purificare l'acqua. Per molti anni, tuttavia, quello che definiremmo "l'underground marziano" ha fatto precisamente ciò e anche di più, studiando innumerevoli volte ogni aspetto di una ipotetica esplorazione di Marte.
A cosa assomiglia l'ambiente naturale marziano e su quali risorse i primi marziani potrebbero fare affidamento? Marte dista circa 227 milioni di chilometri dal Sole (la sua orbita ellittica è molto più eccentrica rispetto all'orbita del pianeta) ed è circa il cinquanta per cento più lontano della Terra rispetto al Sole. L'intensità della luce solare su Marte è meno della metà di quella della Terra. Il periodo in cui il pianeta completa la sua orbita è di circa 687 giorni terrestri, o di 668,6 sol, un sol è un giorno marziano e dura ventiquattro ore, trentanove minuti e 35,238 secondi. Ci si domanda quali effetti cronobiologici potrebbero risultare dal cambiamento lieve ma forzato dell'orologio biologico umano provocato da questo nuovo regime di giorno e notte.
Non solo il giorno marziano è simile a quello terrestre, ma al momento presente l'inclinazione del suo asse di rotazione rispetto al piano della sua orbita è di 25 gradi (e ciò causa il cambiamento di stagioni). Questa inclinazione è simile a quella dell'asse terrestre, ossia 23,5 gradi. Mentre si pensa che l'inclinazione della Terra sia stata relativamente costante durante le ere geologiche, l'inclinazione di Marte ha subito quasi certamente ampie escursioni, rendendosi parzialmente responsabile, forse, dei suoi radicali cambiamenti climatici nelle varie epoche. Si pensa che, circa 700.000 anni fa, l'asse di rotazione di Marte fosse inclinato solo di 16 gradi rispetto al piano perpendicolare dell'orbita! I dati rilevabili dal suolo dei poli marziani, generati da questo ciclico cambiamento di inclinazione e da altri mutamenti orbitali, sono senza prezzo, non solo per le informazioni relative a Marte ma anche per quello che significano in relazione ai cambiamenti climatici della Terra. Per i primi scienziati che studieranno Marte, i poli diverranno tra le zone più "calde" del pianeta.
Marte è anche un mondo molto piccolo, con un diametro che è circa la metà di quello della Terra e con solo un decimo della massa del nostro pianeta. Il risultato: una accelerazione gravitazionale sulla superficie che è circa un piacevole trentottesimo di quella della Terra. Questo potrebbe risultare utile soprattutto per i marzianauti che si ritroverebbero con problemi alla muscolatura degli arti inferiori a causa dei molti mesi di assenza di peso nel viaggio interplanetario. Molto importante per i primi esploratori marziani è la velocità di fuga relativamente bassa dal pianeta. Si tratta della velocità richiesta per uscire permanentemente dall'attrazione gravitazionale. Su Marte è di 5 chilometri al secondo mentre sulla Terra è di 11,2 chilometri al secondo. I razzi progettati per abbandonare il suolo marziano potrebbero essere considerevolmente più piccoli in ragione del loro ridotto "scoppio inerziale" rispetto alle navicelle costrette a uno sforzo molto maggiore per lasciare l'atmosfera terrestre.
La sottile atmosfera marziana (che in superficie raggiunge un livello di pressione tra il 6 e il 15 per cento di quella della Terra al livello del mare) favorisce la realizzazione di facili partenze dalla superficie di Marte (meno resistenza aerea da superare) ma rappresenta una disgrazia per i marzianauti che cercassero di sopravvivere in superficie. La composizione dell'aria di Marte è per il 95,3% di biossido di carbonio, per il 2,7% di azoto, 1,6% di argon, mentre le percentuali di ossigeno (solo lo 0,13%) e di vapore acqueo sono bassissime.
Oltre al fatto che l'atmosfera di Marte si presenta ostile per le forme di vita terrestri, la superficie del pianeta è molto più esposta di quella della Terra alle radiazioni solari ultraviolette, ai protoni provenienti dai bagliori solari e ai raggi cosmici. I coloni marziani avrebbero bisogno non solo di tute a pressione e sistemi di rifornimento ma anche di schermature per le radiazioni solari; probabilmente vivrebbero in strutture sotterranee e tunnel o, sulla superficie, dentro costruzioni pressurizzate che dovrebbero essere coperte con suolo marziano.
Sebbene l'atmosfera di Marte possa essere sottile, è abbastanza spessa da permettere a un veicolo spaziale in avvicinamento di trarre vantaggio dalla tecnica di "aerofrenata", ossia potrebbe servirsi del trascinamento gasdinamico per decelerare il veicolo, pur conservando la forza propulsiva dei retrorazzi. Sarebbe possibile, per un'astronave proveniente dalla Terra, scendere nell'atmosfera di Marte facendo momentaneamente a meno della sua energia, e scivolare così nello spazio per poi adattarsi all'orbita del pianeta. È una manovra difficile ma perfettamente adeguata all'abilità dei progettatori della nostra epoca.
La superficie di Marte è spazzata da periodiche e intense tempeste di sabbia che sollevano la sua sottile polvere ridistribuendola per tutto il pianeta. Questa polvere potrebbe essere di grande utilità per i coloni; i cumuli di sabbia potrebbero coprire ogni cosa fornendo protezione dalle radiazioni. Arricchito con gli elementi giusti, in particolare con l'azoto estratto dall'atmosfera, il suolo di Marte potrebbe permettere la crescita di vegetazione all'interno di serre pressurizzate. Non solo le piante aiuterebbero a produrre ossigeno e provvederebbero a fornire parte del cibo destinato ai coloni, ma porterebbero anche molti benefici psicologici.
La superficie di Marte è saldamente fissa con poca se non inesistente attività tettonica: non ci sono continenti che galleggiano su una massa liquida. Di certo ci sono stupendi vulcani marziani (presumibilmente estinti) e magnifici, profondissimi canyon in confronto ai quali simili formazioni sulla Terra sembrano miniature. Il suolo marziano è di colore grigio rossastro, presenta un terreno cosparso di rocce, simile ad alcuni deserti terrestri; prove di attività erosiva hanno suggerito ad alcuni scienziati terrestri che un tempo deve esserci stata acqua a sufficienza da formare uno strato alto un chilometro. Visto che, persino dopo alcuni milioni di anni poca di quell'acqua avrebbe potuto evaporare dal pianeta, molti credono che essa debba rimanere, sotto forma di uno strato di ghiaccio, a pochi metri sotto la superficie o forse potrebbe essere depositata in faglie acquifere a una profondità maggiore.
Alcune minime quantità di acqua marziana sono chiaramente visibili anche oggi. L'atmosfera secca del pianeta dispone in totale solo di un chilometro cubico di vapore acqueo, ma se fosse necessario, i coloni potrebbero estrarre altra acqua. Per ricavare un solo chilogrammo di acqua dall'aria di Marte sarebbe necessario utilizzare nel processo milioni di metri cubi di gas. Fortunatamente questa operazione può essere realizzata e il solo problema riguarda la possibilità di produrre la quantità di energia richiesta utilizzando il sole, il vento i sistemi energetici nucleari.
Per i coloni di Marte, come per i marziani costruttori di canali immaginati da Percival Lowell all'inizio del secolo, le calotte polari del pianeta rappresenterebbero le vere vene madri di acqua. I due poli hanno un diametro "permanente" di 1.000 e 350 chilometri. Hanno un aspetto simile a quello immaginato dagli appassionati di fantascienza. Al culmine dell'inverno di un emisfero la sua calotta raggiunge circa 55 gradi di latitudine dall'equatore. In estate, le calotte si restringono e tendono a diminuire, perché i loro manti di ghiaccio secco evaporano nell'atmosfera. Ogni calotta ha uno spessore di diversi chilometri di acqua ghiacciata, considerevolmente ricoperta e aumentata da ghiaccio formato da CO2 durante la stagione invernale. In effetti, la bassa atmosfera su Marte è regolata dal ciclo dell'ossido di carbonio della regione polare che si solidifica ed evapora.
Esistono due satelliti dalla forma simile a una patata che scivolano silenziosamente nei cieli rosa di Marte, Phobos e Deimos ("Paura" e Terrore") che costituirebbero una tappa irrinunciabile per la prima ondata di colonizzazione marziana. Le lune sono così piccole che furono completamente ignorate fino a quando l'astronomo americano Asaph Hall non le individuò nel 1877. Phobos e Deimos misurano ognuno circa dieci chilometri di diametro, e hanno forma molto irregolare. Questi due tozzi satelliti, che probabilmente hanno avuto origine da asteroidi erranti, rimasti nell'orbita del pianeta e che forse sono addirittura residui di antichissimi frammenti di Marte, sono stazioni intermedie molto convenienti dalle quali inviare le prime missioni esplorative condotte a distanza su Marte. Le due lune possiedono anche riserve di idrocarburi (principalmente idrogeno contenente residui organici) che sono assenti sulla superficie di Marte, elementi chimici che potrebbero fornire carburante e materie prime necessarie per le varie operazioni. Alcuni suggeriscono che le due lune posseggono anche faglie di acqua gelata a diversi chilometri sotto la superficie.
Il dottor Fred Singer dell'università George Manson della Virginia fu uno dei primi a suggerire che una missione esplorativa su Phobos e Deimos (soprannominata "missione Ph-D") potrebbe essere il primo passo per l'esplorazione di Marte. Avanzò la sua proposta nel 1969 riproponendola nel 1977 (durante il centenario della scoperta delle lune marziane) con una più completa analisi del progetto della missione Ph-D destinato all'amministratore della NASA James Fletcher. Sosteneva che una missione umana su Phobos e Deimos sarebbe stata "più veloce, meno costosa e più sicura e che avrebbe fornito maggiori dati scientifici" di una su Marte.
Se venisse stabilita un base sulla luna più esterna, Deimos, sarebbe possibile inviare successivamente su Marte diversi piccoli veicoli di ricerca. Dalla posizione vantaggiosa su Deimos si potrebbe comunicare virtualmente in tempo reale con un veicolo spaziale, permettendo, per esempio, un'interazione umana istantanea, cosa impossibile dalla Terra. Un essere umano che si trovasse sulla base di Deimos potrebbe interagire coi veicoli di ricerca servendosi di un sistema di teleoperazioni, la tecnologia di manovra a distanza che consente l'invio di dati attraverso sensazioni tattili del controllore umano. Questo sistema permetterebbe di vedere attraverso gli occhi del sistema video del veicolo di ricerca, di dirigere i suoi movimenti, di prevenire gli ostacoli e di raccogliere interessanti reperti di roccia attraverso le sue braccia meccaniche.
Ognuna delle due lune marziane possiede una bassissima accelerazione di gravità, una caratteristica che renderebbe molto semplice la partenza dal satellite (quasi come un tuffo o un salto in alto) ma comporterebbe alcuni inconvenienti medici collaterali per gli esseri umani, assuefatti a una prolungata quasi assenza di peso. I viaggi di andata e ritorno dalla base di Deimos a Marte dovrebbero essere frequenti e sarebbero grandemente facilitati se fosse possibile produrre carburante per i razzi, come l'idrogeno liquido, dalle riserve naturali della luna.
Incidentalmente, come la Luna terrestre, a causa della sua inclinazione, la luna Phobos mantiene sempre la stessa faccia verso il suo pianeta, cosa che facilita l'osservazione diretta e le comunicazioni. Sebbene sia più difficile lasciare l'orbita di Phobos diretti a Marte di quello che sarebbe lasciare Deimos, qualcuno potrebbe affermare che Phobos potrebbe trovarsi in una posizione più vantaggiosa per eseguire alcune esplorazioni sulla superficie del pianeta. Queste prime ricerche condotte da Phobos e Deimos della superficie di Marte servirebbero a individuare le risorse necessarie alla sopravvivenza dei coloni inviati in un secondo tempo sul pianeta. Le lune potrebbero diventare delle stazioni intermedie per i coloni in arrivo dalla Terra.
La posizione della prima colonia sulla superficie di Marte dovrebbe essere vicino all'equatore del pianeta, non solo perché il clima nella regione equatoriale è più temperato (avendo la minore variazione stagionale del pianeta) ma anche perché un veicolo spaziale che si alzasse dalla superficie potrebbe raggiungere una maggiore velocità di spinta in orbita a causa della velocità di rotazione del pianeta. Dalla prima base sull'equatore potrebbero essere inviate spedizioni di esplorazione nelle altre parti del pianeta, prima per insediare delle missioni scientifiche, poi delle stazioni minerarie, agricole e artigianali. Le miniere d'acqua dovrebbero essere senza dubbio le prime industrie su Marte e il miglior modo di trasportare l'acqua sarebbe senz'altro un oleodotto. Alla fine Marte avrebbe veramente i suoi canali! Dirigibili a gas potrebbero anche trasportare blocchi di ghiaccio da una parte all'altra del pianeta.
Oltre che stabilire una rudimentale economia basata sulle risorse del pianeta, il principale obiettivo della prima ondata di coloni dovrebbe essere l'esplorazione scientifica del nuovo mondo. In cima alla lista delle priorità scientifiche dovrebbe esserci la ricerca di forme di vita marziane esistenti o estinte. Gli specialisti cercherebbero voracemente fossili, tracce di chimica prebiotica negli strati esposti dei canyon o microbi esistenti in superficie. Potrebbero essere riesaminate alcune opinioni "sorpassate" come quella che sosteneva la possibilità che microbi terrestri, in un antichissimo passato, siano riusciti a raggiungere la superficie di Marte per cominciare una evoluzione autonoma. Il meccanismo per il quale avrebbero potuto sfuggire dalla Terra e sopravvivere a un viaggio interplanetario rimane oscuro e le teorie della proliferazione di forme li vita terrestri nello spazio suonano piuttosto improbabili, ma chi può saperlo?
Poi c'è la misteriosa e simmetrica "Faccia" di Marte che guarda stolidamente nello spazio dalla regione Cydonia, un viso o un'illusione catturata in diverse occasioni durante le missioni Viking; si tratta di una creazione di un'antica civiltà marziana oppure di una sentinella eretta da una civiltà extraterrestre che visitò il sistema solare nelle epoche passate? Sembrano ipotesi estremamente improbabili, ma chissà? Forse il ben noto potere di Marte di confondere e distorcere le più sagge immaginazioni umane aumenterà sempre più, suggerendo ipotesi ancora più bizzarre una volta che gli uomini visiteranno quel pianeta in carne e ossa. Si possono solo debolmente immaginare i miti e i racconti fantastici che verrebbero generati dalle avventure e dalle sventure dei primi coloni.
Sentiremo parlar di una "Maledizione di Marte" per spiegare gli incidenti e la follia causati dai viaggi nello spazio e da lunghe separazioni dal suolo terrestre? I "fantasmi di Marte" verranno a terrorizzare gli esploratori solitari? Nascerà una religione di Marte e, in questo caso, chi o cosa sarà il suo profeta? Ci saranno musiche e canzoni su Marte? In realtà la poesia di Marte ha già cominciato ad avere un corpo nella saga di 10.000 strofe intitolata Genesis, an Epic Poem, pubblicato nel 1988 (sulla Terra, naturalmente) da un certo Federick Turner che si è prodotto in un resoconto omerico della futura colonizzazione di Marte.
Riserve energetiche su Marte
Senza abbondanti riserve di energia elettrica e termica per soddisfare le necessità dei coloni, l'intera impresa di colonizzazione di Marte appassirebbe come una pianta senza acqua o luce solare. Oltre a ciò, a causa della funzione indispensabile per il sostentamento della produzione energetica, essa dovrebbe essere affidabile e registrabile. I primi coloni marziani, in particolare, dovrebbero poter disporre di due o tre mezzi per produrre almeno l'energia necessaria alla loro sopravvivenza. I primi coloni arriveranno senza dubbio con piccoli impianti nucleari capaci di produrre decine di centinaia di kilowatt di energia elettrica e "scarti" termici da cui estrarre il necessario per riscaldarsi. Per alimentare strumenti controllati a distanza e apparecchiature, gli esploratori potrebbero anche utilizzare generatori termoelettrici radioisotopi, del tipo già utilizzato dalle missioni Viking e da altre operazioni spaziali. L'energia nucleare può sembrare un anatema per gli abitanti della Terra, ma, sulla superficie fredda di Marte, con la luce del Sole tanto più debole, potrebbe rappresentare una importante possibilità di sopravvivenza. Si prevede che sarà necessaria una quantità minima di kilowatt per azionare i sistemi di sopravvivenza per ogni colono corrispondente all'energia impiegata da un forno a microonde acceso al massimo. Per realizzare una colonia molto più grande che intenda diventare un'entità economica sarebbe necessaria più energia, così dovrebbero essere disponibili maggiori riserve naturali.
L'energia nucleare sarà, per un certo tempo, una tecnologia importata e molto costosa, sebbene sia ipotizzabile che sorga un'industria nucleare autoctona su Marte.
Gradatamente, tuttavia, verranno alla luce altre forme di energia, segnatamente l'energia solare e, sì, anche quella prodotta dal vento! Con un'atmosfera tenue come quella di Marte, il vento raggiunge, in certe aree, velocità relativamente alte e l'idea di estrarre energia dalla sua forza potrebbe essere attuabile. Un possibile uso dell'energia del vento potrebbe essere il procedimento per scissione del biossido di carbonio in ossigeno respirabile e monossido di carbonio necessari per la produzione del carburante dei razzi, utilizzato dai motori che funzionano con monossido di carbonio liquido e ossigeno liquido. Oltre a ciò, estrarre l'energia dal movimento dell'atmosfera di Marte servirà per sfruttare quella dalla stessa risorsa usata come propellente per razzi, veicoli spaziali e persino veicoli di esplorazione terrestre.
La media della velocità del vento su Marte è stimata intorno alle venti miglia orarie (a circa tre metri dalla superficie) e, combinata con la bassa densità dell'atmosfera marziana, fa sì che l'energia del vento non sia utilizzabile secondo gli standard terrestri. Tuttavia Marte non è la Terra e l'economia di riserve energetiche necessarie a una colonia su Marte (i costi di trasporto su Marte diventano i più importanti) renderanno la potenza del vento molto interessante. È possibile localizzare alcune zone particolarmente favorevoli per sfruttare l'energia del vento individuandole in base alle ricognizioni orbitali. Il posizionamento di queste regioni si individua sulle mappe dagli ammassi di sabbia trascinata dal vento. Alcuni canyon di Marte, come i declivi dei più importanti vulcani terrestri, possono costituire a questo scopo zone particolarmente interessanti. Alcuni esploratori hanno suggerito che il lato sottovento di un cratere marziano potrebbe essere un ottimo punto per sfruttare questo tipo di energia.
I macchinari per sfruttare l'energia del vento di Marte avrebbero una scarsa rassomiglianza coi mulini a vento terrestri, che di solito hanno il loro asse principale di produzione energetica orizzontale a quello della terra. Molto probabilmente questo genere di macchinari svilupperebbe un asse verticale con lamine molto sottili e aerodinamiche alla sommità, azionate da un movimento rotatorio simile a quello di una giostra. A seconda della posizione e di altre variabili, sarebbe possibile per tali macchinari generare quantità di energia per unità di massa comparabili con quelle di un reattore nucleare, cioè decine di watt per chilogrammo.
L'energia solare raccolta da cellule fotovoltaiche di avanzata, alta tecnologia è un'altra possibile fonte di energia per le colonie marziane, anche se l'intensità della luce del Sole su Marte è solo il cinquanta per cento di quella terrestre. Le tempeste di sabbia che occasionalmente si abbattono sul pianeta potrebbero ridurre considerevolmente e modificare la luce che raggiungerebbe le cellule solari sulla superficie. Tuttavia la semplicità del procedimento con cui si ottiene questo tipo di energia lo rende ancora una delle fonti più interessanti per il sistema misto di sostentamento energetico del pianeta. Ma sia la luce solare che la potenza del vento non sono assolutamente affidabili come la divisione dell'atomo ed è difficile immaginare che i primi coloni affiderebbero le loro vite a riserve di energie così poco sicure.
C'è la remota possibilità che venga realizzata un equivalente dell'energia geotermale su Marte. Tuttavia, Marte non sembra possedere l'attività tettonica che abitualmente genera dei punti caldi sulla superficie di un pianeta. Ognuna di queste zone termiche, se fosse scoperta, diventerebbe un luogo molto interessante per la nuova colonizzazione. L'energia aereotermale (dal dio greco Ares) sarebbe relativamente facile da estrarre con l'uso di turbine a vapore o di altre tecnologie dirette.
Sopravvivenza su Marte
Come minimo, i colonizzatori di Marte avranno bisogno di un riparo dagli elementi di Marte, un'atmosfera respirabile, cibo, acqua e adeguati depositi per i rifiuti. Sarebbe relativamente semplice fornire una protezione contro le tempeste di sabbia e le radiazioni che si abbattono sulla superficie di Marte: basterebbe semplicemente scavare nel suolo o creare dei tunnel e grotte sotto la superficie. In larga misura i rifiuti potrebbero essere riciclati, certamente lo verrebbero nelle prime missioni sulle quali i costi derivati dal non fare in questo modo sarebbero veramente dolorosi.
Ottenere un'atmosfera con una quantità di ossigeno sufficiente con un'adeguata pressione è più problematico. L'atmosfera ideale nei luoghi chiusi sarà ottenuta chimicamente dal biossido di carbonio esistente nell'atmosfera, ricavato dall'acqua di Marte ed estratto dalle rocce e dal suolo. Sarebbe un procedimento possibile sebbene numerosi processi chimici dipendano dalla possibilità di utilizzare vaste quantità di energia a loro volta dipendenti dalle sopraccitate risorse energetiche. Inizialmente, le operazioni su Marte richiederanno una produzione continua di energia per realizzare un'atmosfera abitabile. Gradatamente si otterrà una specie di "circuito ambientale" con piante, microbi, e organismi viventi più grandi che produrranno biologicamente l'ossigeno e ricicleranno i gas di scarico.
Sulla Terra, anche oggi, vengono realizzati esperimenti, come Biosphere II, il progetto di sopravvivenza degli Stati Uniti o i test Bios dell'Unione Sovietica, per valutare la possibilità di chiudere completamente il sistema di sopravvivenza. Il concetto è quello chiamato Controlled Environment Life Support System, o CELSS, nel quale persino i rifiuti sono riciclati biologicamente. In tale sistema, alcune parti dei rifiuti organici devono essere immagazzinati per provvedere al nutrimento per gli abitanti del rifugio.
I raccordi del sistema di sopravvivenza possono venire sicuramente completati, facendo uso di un adeguato quantitativo di energia non chimica proveniente dall'esterno. Scienziati e ingegneri si preoccupano per la possibilità di contaminazione dei processi vitali di un ambiente da parte di microbi sconosciuti, insetti e tossine. Queste sono materie che richiederanno studi a termine veramente lungo, non mesi o anni ma decadi. Come non conosciamo tutto dell'ambiente naturale che ci circonda, i coloni marziani dovrebbero imparare a convivere con le incertezze e gli elementi sconosciuti presenti nel loro ambiente naturale in miniatura.
Trasporti su Marte
La superficie di Marte è approssimativamente uguale, per una meravigliosa coincidenza, a quella dei cinque continenti uniti sulla Terra. Così, sebbene Marte sia un pianeta più piccolo della Terra, c'è una superficie considerevolmente grande da esplorare. Non sarà un'impresa di poca importanza, per esempio, partire da un punto vicino al più alto vulcano di Marte, il monte Olimpo, che si trova nell'emisfero nord, attraversare l'enorme canyon delle Valles Marineris e arrivare ad Argyre Basin nell'emisfero sud, a un quarto della strada per completare il giro del pianeta.
Gli spostamenti a piedi sulla superficie dei marzianauti, anche equipaggiati con tute spaziali flessibili, si limiteranno a pochi chilometri, così saranno necessari dei veicoli di trasporto meccanici. Le prime auto marziane saranno probabilmente molto simili a veicoli semoventi della missione Apollo, ognuno dei quali munito di quattro cingoli elettrici. Tali veicoli, studiati per i percorsi "all'aria aperta" funzionerebbero a batteria e a cellule di carburante ossigeno/idrogeno che forniscono l'elettricità in grado di permettere dei percorsi di decine di chilometri dalla base. Per i viaggi più lunghi sarebbe opportuno disporre di un veicolo con un vano più ampio provvisto di sistema di sopravvivenza, un laboratorio mobile dal quale coordinare esplorazioni all'esterno. I coloni alla fine potranno viaggiare confortevolmente sulle strade polverose scavate dai primi esploratori sul duro suolo sassoso del pianeta.
Diversamente dalla Luna, che è priva d'aria, su Marte è possibile pensare a mezzi di trasporto nell'atmosfera. Potrebbero viaggiare sia dirigibili che aeroplani. Palloni aerostatici riempiti di idrogeno potrebbero trasportare passeggeri e vasti carichi da un punto a un altro del pianeta. L'idrogeno, naturalmente, sarebbe prodotto dalla dissociazione dell'acqua di Marte. Non ci dovrebbe essere pericolo di incendi o esplosioni alla Hindenburg nell'aria di Marte dove predomina il biossido di carbonio. Nella sottile atmosfera di Marte un pallone aerostatico dovrebbe avere un diametro di solo pochi metri per sostenere il peso di una persona.
Palloni alimentati dalla sottile atmosfera estiva e dal Sole sono anche perfettamente realizzabili. Alcuni progetti mostrano una combinazione tra i palloni a elio e quelli a idrogeno collegati in diversi modi con una sacca scura riscaldata dal Sole (aperta sul fondo come il classico pallone aerostatico). I progetti per l'esplorazione telecomandata di Marte realizzati nel 1990 già includono questo tipo di palloni aerostatici per prendere fotografie e tracciamenti radar sul pianeta.
Gli aeroplani di Marte avranno un aspetto simile a quello di un razzo. Se i loro motori si affideranno alla combustione, visto che l'atmosfera di Marte è così scarsa di ossigeno, gli aerei dovranno portare con sé non solo il carburante ma anche dell'ossidante. I ricercatori della NASA che studiano in laboratorio la propulsione jet, hanno già progettato un aeroplano marziano con lunghe ali del peso di molte centinaia di chilogrammi con la capacità di molte centinaia di chilometri orari. Un giorno veicoli più grandi potrebbero trasportare dei passeggeri. Ogni città o base su Marte senza dubbio disporrà di un aeroporto speciale per ricevere questo tipo di veicoli.
Non dobbiamo dimenticarci dei trasporti tramite razzo. Grazie all'atmosfera relativamente sottile di Marte, i voli suborbitali semibalistici saranno possibili se sarà necessario raggiungere in breve tempo un'altra parte del pianeta, magari per un controllo medico o ambientale. Ricordiamo che l'atmosfera marziana potrebbe essere lavorata in modo da produrre combustibile per razzi. I reattori nucleari e i collettori solari potrebbero riscaldare la componente principale dell'aria di Marte, il biossido di carbonio, scindendolo in ossigeno e monossido di carbonio. Il monossido di carbonio potrebbe essere usato come carburante per i razzi. Oppure l'ossigeno potrebbe essere usato per bruciare il metano liquido (portato in superficie dagli impianti di Phobos e Deimos). L'acqua di Marte potrebbe naturalmente subire un procedimento di elettrolisi per produrre idrogeno liquido/ossigeno liquido utilizzabili come carburanti.
Ordine sociale su Marte
Per evitare la dissoluzione e il caos causati da imprevisti sviluppi psicologici e sociali, i primi insediamenti su Marte dovranno organizzarsi con una struttura fortemente gerarchizzata di stampo militare, come quella in vigore nella marina. Ci saranno in seguito delle opportunità per sviluppare un regime più democratico quando saranno stati superati i rischi dei primi periodi di confusione.
Oltre a ciò ci sarà un'evoluzione politicamente stabilita, basata su tappe predeterminate dello sviluppo della colonia e dei suoi insediamenti.
Il primo gruppo che stabilirà un insediamento sulla superficie del pianeta sarà composto sicuramente da meno di una dozzina di individui. Per il primo contingente di esseri umani inviato su Marte sarà essenziale, per mantenere la salute psicologica e sociale, scegliere coppie di individui. I primi coloni dovranno ricoprire diversi ruoli, adattandosi all'attività di costruttori, ingegneri, agricoltori, medici e ricercatori scientifici. Quando la popolazione delle prime basi marziane crescerà grazie all'arrivo di altri coloni in possesso di altre abilità specialistiche, non ci sarà più bisogno che tutti si occupino di tutto e la gente potrà continuare a svolgere attività particolari, come faceva sulla Terra. Una volta che le tecniche di costruzione in ambienti ristretti e di sopravvivenza saranno state ben comprese non c'è ragione per cui la popolazione di Marte non potrebbe crescere riproducendosi e insegnare ai giovani le tecniche di sopravvivenza e quelle specificamente richieste sul pianeta.
Un ordine economico si svilupperà a mano a mano che le diverse colonie sul pianeta si specializzeranno in differenti attività, quali quella mineraria, la costruzione di nuovi insediamenti abitabili, la produzione di energia, l'agricoltura, la medicina e l'esplorazione scientifica. I vari insediamenti commerceranno tra di loro scambiandosi le cose necessarie e quelle superflue, istituendo senza dubbio molto presto una moneta valida sull'intero pianeta. Potrebbero non volerci neppure cinquanta anni perché le colonie siano in grado di produrre tutto ciò di cui potrebbero avere specificatamente bisogno senza alcun aiuto da parte della Terra.
Dopo neppure cento anni dall'inizio della civilizzazione potrebbero cominciare le prime serie discussioni a proposito di una totale indipendenza politica dalla Terra. In realtà l'avventura della colonizzazione di Marte dovrebbe avere questa prospettiva fermamente inserita in tutti i documenti legali stipulati per il governo delle colonie. Sarebbe tragico riproporre le lotte tra le nazioni madri e quelle colonizzatrici avvenute sulla Terra.
Una volta sviluppati obbiettivi più comuni e un forte spirito di gruppo, non sarebbe troppo aspettarsi che i marziani siano meno inclini dei terrestri alla conflittualità di quanto non lo siano le nazioni sulla Terra. L'alba del ventiduesimo secolo forse potrebbe vedere emergere le Nazioni Unite di Marte che saranno l'avanguardia dell'esplorazione della parte più distante del sistema solare e forse anche dello spazio più lontano. I veicoli interplanetari che esploreranno angoli e recessi di dozzine di lune e migliaia di asteroidi del sistema solare potrebbero venir costruiti su Marte, Phobos e Deimos. L'argon concentrato che costituisce l'1,6% dell'atmosfera di Marte potrebbe essere un ottimo carburante per razzi propulsori elettrici altamente efficienti, il genere di motore ideale per voli interplanetari. L'estrazione di questa preziosa risorsa potrebbe diventare un'industria chiave della nascente cultura del sistema solare nel ventunesimo secolo.
Rivolgendo lo sguardo alla Terra, i marziani non vedrebbero il pianeta color blu e marrone circondato da un letto di nubi che scorsero gli astronauti delle missioni Apollo negli anni Sessanta e Settanta. La Terra avrebbe l'aspetto di un brillante punto luminoso nei cieli di Marte che, durante il giorno, sono di colore rosa mentre, di notte, il nostro pianeta brillerebbe di una intensa luce biancazzurra. Il tempo minimo per stabilire una comunicazione radio o televisiva tra Marte e la Terra sarebbe di sei minuti. Più spesso per comunicare con la Terra sarebbe necessaria una mezz'ora.
La durata del viaggio tra Marte e la Terra non si restringerà mai nel modo in cui sono state avvicinate dal viaggio aereo le coste degli Stati Uniti. All'inizio, per compiere un viaggio interplanetario ci vorranno dei mesi. Alla fine, razzi a fusione nucleare e persino ad antimateria che oggi esistono solo nei sogni dei progettatori astronautici, ridurranno il viaggio Terra-Marte a meno di un mese di tragitto noioso o a poche settimane. Invece di utilizzare una traiettoria a lungo arco, un tale veicolo procederà virtualmente in linea retta tra i due mondi. Sfortunatamente non sarà mai possibile realizzare dei viaggi speciali di un week-end per o da Marte.
I sentimenti ispirati dalla lontananza fisica e dalla vicinanza emozionale col pianeta che daranno origine alla nuova civilizzazione sono difficili per i terrestri (per noi del pianeta madre) da immaginare. Ma sin dai primi giorni della civilizzazione marziana, i satelliti di comunicazione in orbita, in sincronia con Marte, consolideranno il nuovo mondo. Forse i coloni trarranno così tanto conforto dall'essere intimamente legati con le colonie sorelle sul pianeta da non soffrire troppo per il distacco dalla Terra. Se questi sentimenti rafforzeranno o indeboliranno la cultura marziana è una storia ancora tutta da scrivere.
Naturalmente c'è il conforto dei numeri. Esiste, letteralmente, un mondo di differenza tra vivere su un pianeta con non più di una dozzina di abitanti ed essere uno tra milioni di altri. Forse, alla metà del ventunesimo secolo, ci saranno migliaia di marziani e, nel ventiduesimo, forse i coloni saranno milioni. Secondo le statistiche demografiche, nell'ultima parte del ventunesimo secolo i primi nativi del pianeta potrebbero venire a visitare la Terra in vacanze crociera. Forse saranno riluttanti ad andarci se non per curiosità. C'è da sperare che la vita su Marte assomiglierà più a quella che si vive sulle montagne del Vermont o nel Wyoming piuttosto che a quella di New York City o di Los Angeles. Il turismo su Marte non può essere lontano.
Colonie terraformanti su Marte una nuova Terra
Dopo diversi secoli, gli Stati Uniti di Marte dovranno far fronte a un problema e a una decisione molto più importante del cambiamento del clima affrontato dalla civiltà terrestre alla fine del ventesimo secolo. I coloni dovrebbero rimanere per sempre nei loro abitacoli chiusi ermeticamente o dovrebbero cercare di rendere l'ambiente naturale ostile di Marte simile a quello della Terra?
La parola "terraformare" fa parte da lungo tempo del vocabolario degli appassionati di fantascienza, sin da quando fu coniata negli anni Quaranta dallo scrittore Jack Williamson. In seguito, scienziati planetari e ingegneri spaziali cominciarono a studiare la reale possibilità di terraformare un pianeta. Quale posto migliore per cominciare di Marte? (Nel 1961 Carl Sagan suggerì di terraformare l'atmosfera infernale di Venere iniettandovi dei batteri in grado di consumarne il biossido di carbonio). Ma il nostro mondo dovrebbe essere veramente riprodotto su un altro pianeta? La civiltà marziana non si solleverà giustamente oltraggiata per protestare contro l'idea di cambiare i deserti di Marte (intatti per centinaia di migliaia di anni) in laghi, mari, e paludi derivati da una civiltà umana trapiantata? In qualunque modo termini il dibattito (noi speriamo che non si avvii un processo di terraformazione, ma chissà?) rendere attuale il progetto e raccogliere tutte le nozioni necessarie richiederà anni e ci vorranno generazioni perché sia pronto e operativo.
Terraformare Marte richiederà come minimo rendere più densa la sua atmosfera, cioè alzarne la pressione. E ciò non si potrà realizzare nel giro di una notte, non c'è bisogno di ripeterlo. Persino con la tecnologia avanzata dei prossimi secoli, terraformare Marte sarà un progetto che necessiterà di secoli o di millenni piuttosto che di decadi per essere realizzato.
Rendere più densa l'atmosfera di Marte scatenerà il ben noto "effetto serra", nel quale radiazioni solari ultraviolette penetrano nella superficie di un pianeta, lo riscaldano e vengono ritrasmesse sotto forma di radiazioni infrarosse che sono bloccate dai gas di assorbimento. Due gas di contenimento-serra possono aiutare a terraformare Marte: il vapore acqueo e il biossido di carbonio. Per prima cosa bisogna considerare la possibilità di fondere gli strati di ghiaccio di acqua o di CO2 delle calotte polari di Marte. Ciò potrebbe essere realizzato oscurando le due calotte polari attualmente altamente riflettive. Forse uno strato sottile di qualche polimero chimico nero potrebbe essere applicato con un'operazione equivalente a... dipingere i poli. Alternativamente degli specchi di alluminio in orbita attorno a Marte potrebbero concentrare la luce del sole sui poli. Quando la pressione dell'atmosfera marziana aumentasse, il caldo derivante dalle regioni equatoriali del pianeta diventerebbe più forte con il rafforzamento della circolazione di correnti d'aria dal nord al sud.
Alzare la pressione atmosferica di Marte potrebbe risultare vantaggioso per rendere più temperato il duro clima del pianeta, e pressioni comparabili con le condizioni terrestri potrebbero permettere anche ai coloni di muoversi sulla superficie senza le tute. Per respirare avrebbero certamente bisogno di serbatoi di ossigeno e maschere facciali simili a quelle utilizzate nelle immersioni negli oceani. Con una pressione più elevata sarebbe possibile la formazione di stagni, laghi e piccoli mari permanenti.
Alcuni ricercatori hanno persino teorizzato che batteri creati geneticamente rilasciati su Marte potrebbero cominciare una lenta trasformazione dell'atmosfera composta per la maggior parte di biossido di carbonio, trasformandola in una miscela dove sarebbe dominante l'ossigeno. Così la vita stessa, nata questa volta sotto la direzione degli esseri umani, potrebbe alla fine cambiare Marte in una dimora più confortevole rispetto a quella realizzata sulla Terra da culture di microbi milioni di anni fa. Come James Oberg ampiamente ha sottolineato in Missione su Marte: "La metamorfosi del vecchio Marte in un pianeta vivente e simile alla Terra sarebbe più che una metafora della definitiva conquista dell'influenza del dio Marte su tutte le civiltà terrestri, o della vittoria della vita sulla morte che è stata la scintilla di così tante aspirazioni umane". Sarebbe un evento di proporzioni galattiche, l'inizio di una nuova era planetaria.
Dove va l'esplorazione di Marte?
Tornando, per così dire, sulla Terra, oltre questi grandiosi piani per trasformare Marte in un nuovo mondo, esiste veramente la speranza di esplorare il Pianeta Rosso? Possiamo individuare qualche segno che i sogni di realizzare delle colonie marziane siano più vicini ad essere esauditi di quanto non lo siano stati in passato? Nelle ultime decadi del ventesimo secolo abbiamo cominciato a confrontarci con la possibilità di un drastico cambiamento del clima del nostro pianeta (forzati dall'effetto-serra) e con la conseguente distruzione fisica e sociale della natura. Negli ultimi anni la minaccia di una guerra nucleare tra le superpotenze sembra aumentare, irrazionali atti di terrorismo sono diventati molto comuni e la popolazione mondiale preme inesorabilmente verso una soglia che all'inizio del prossimo secolo toccherà i due miliardi. Problemi ambientali, problemi energetici, problemi di riserve alimentari, pandemie presenti e future (tutti problemi esacerbati dall'aumento continuo della popolazione) sembrano spesso allontanare ogni romantica prospettiva di ricerca interplanetaria. Ma, forse proprio per questi problemi, esiste la possibilità reale di iniziare l'esplorazione di Marte.
Se la comunità politica ancora non ha sentito questa necessità, quella scientifica ha certamente ammesso il bisogno di studiare la complessa dinamica che regola la biosfera terrestre nel contesto più ampio possibile, confrontando i suoi meccanismi con quelli differenti ma più semplici di altri mondi apparentemente senza vita. Marte è un esperimento di controllo essenziale per il bene della Terra; non fosse che per questa unica ragione, dobbiamo esplorarlo. Ciò di cui il mondo ha anche disperatamente bisogno è di una buona polizza di assicurazione interplanetaria. Una volta che le razze umane saranno disperse in mondi distanti e autosufficienti, la possibile estinzione dell'umanità in ogni immaginabile cataclisma diventerà una prospettiva sempre più improbabile.
L'ultimo quarto di secolo ha visto il manifestarsi dei primi segnali di arresto nella strada verso Marte. Il primo viaggio su Marte veramente di successo si verificò quando il Mariner 4 passò vicino al pianeta il 14 luglio del 1965 e trasmise per radio ventiquattro perfette immagini di un mondo parzialmente coperto da crateri. I Mariner 6 e 7 ebbero parzialmente successo fotografando Marte ma furono in qualche modo eclissati dalla Missione Apollo 11 che atterrò sulla Luna qualche settimana dopo. Nel novembre del 1971 il Mariner 9 fu il primo a entrare nell'orbita di Marte e inviò un'ampia documentazione del pianeta che servì alle missioni Viking 1 e 2 che eseguirono operazioni di atterraggio e circumnavigazione dell'orbita. Per molti anni il veicolo spaziale Viking inviò immagini della superficie di Marte e altri dati scientifici, provvedendo a una tenue ma continua connessione tra i due pianeti. Il veicolo Viking 1 inviò dei dati da Chryse Planitia per più di sei anni. Da una regione dell'emisfero nord conosciuta dai cartografi di Marte come Utopia, il Viking 2 inviò dati per circa quattro anni.
Spesso si dimentica il veicolo spaziale sovietico Mars 3 che raggiunse la superficie di Marte il 2 dicembre del 1971 e inviò segnali radio per venti secondi prima di spegnersi, senza dubbio vittima della tempesta di sabbia che stava infuriando. Il mese prima il Mars 2 aveva raggiunto la superficie in silenzio a causa di un'avaria all'equipaggiamento. Questi furono i primi veicoli umani a toccare la superficie di Marte. Dopo di loro seguirono le missioni Viking e poi un lungo silenzio. Non siamo più ritornati sul suolo di Marte.
L'esplorazione di Marte subì una temporanea battuta di arresto alla fine del marzo del 1989 con il fallimento del progetto di due ambiziosi veicoli spaziali sovietici che dovevano esplorare Phobos in situ. Entrambi i veicoli erano stati progettati per incontrarsi e per esplorare la superficie di Phobos, ma non riuscirono a completare la loro eccitante missione. L'Unione Sovietica lanciò i due veicoli spaziali gemelli da sei tonnellate Phobos 1 e 2 tra il marzo e il luglio del 1988. Quasi subito, nel settembre del 1988, Phobos 1 uscì dal controllo sulla strada per il pianeta a causa di un comando errato inviato da Terra. Phobos 2 entrò nell'orbita di Marte e trasmise delle fotografie della superficie di Phobos da una distanza di circa 360 miglia prima di fallire drammaticamente vicino alla realizzazione del suo scopo. Phobos 1 e 2 dovevano depositare ciascuno due raccoglitori di campioni sulla superficie del satellite. Due di queste navicelle dovevano rimanere nelle loro iniziali posizioni fisse mentre le altre due erano provviste di motori autonomi che le avrebbero trasportate da un punto all'altro della piccola luna. Entrambi i veicoli madre Phobos avrebbero dovuto stazionare per meno di una mezz'ora a circa cinquanta metri dalla superficie de pianeta, fotografandola ed eseguendo dei test con vari strumenti, incluso un esperimento che avrebbe dovuto vaporizzare il materiale di superficie con un raggio laser e analizzare gli ioni che ne sarebbero risultati.
Molti progetti cooperativi tra le nazioni per l'esplorazione di Marte aspettano ancora di essere realizzati. Le missioni Phobos avevano un forte elemento di cooperazione internazionale scientifica, inclusa l'assistenza degli Stati Uniti nelle operazioni di rotta. Il formale invito rivolto a dieci scienziati americani di partecipare alla missione fu un inizio storico. L'Unione Sovietica ha sviluppato piani di invio dei veicoli di ricerca su Marte altre quattro volte nella decade successiva, ogni volta che il pianeta si è allineato convenientemente per il viaggio. Una di queste missioni, forse nel 1998, potrebbe tentare di riportare dei campioni della superficie di Marte sulla Terra. Nel 1993, gli Stati Uniti hanno pianificato di lanciare un veicolo di osservazione che dovrebbe entrare nell'orbita polare del pianeta nel 1994.
Ingegneri e scienziati, negli USA, stanno studiando la possibilità di una missione MRSR (Mars Rover Sample Return) che dovrebbe portare sulla Terra o su una stazione spaziale circa trenta chili di terreno marziano accuratamente selezionato per analisi chimiche e biologiche. Se i MRSR saranno realizzati alla fine degli anni Novanta o nella prima decade del 2000, un veicolo a sei ruote potrebbe percorrere il territorio di Marte per diversi mesi allontanandosi dal suo veicolo-base di una distanza pari a dieci o quindici chilometri. Il veicolo di ricerca potrebbe ritornare alla navicella con la quale potrebbe poi decollare diretto al veicolo di ritorno sulla Terra parcheggiato nell'orbita di Marte, che intanto provvederebbe a svolgere delle osservazioni per conto proprio. A causa della struttura modulare dei veicoli necessari per l'MRSR è stato suggerito che la missione di ritorno sarebbe un'ideale opportunità per una collaborazione russo-americana nell'esplorazione di Marte. Tuttavia, in considerazione del recente fallimento delle missioni Phobos sovietiche, alcuni potrebbero non essere d'accordo.
L'esplorazione condotta indirettamente su Marte con veicoli automatizzati alimenta solamente il nostro appetito per un più stretto contatto con questo mondo ancora misterioso. Se i futuri viaggi umani su Marte saranno o dovrebbero essere realizzati separatamente dalle nazioni (come avvenne per l'esplorazione dell'Antartico) o da un consorzio o da consorzi di nazioni è ancora una questione irrisolta. La risposta sarà determinata probabilmente negli anni Novanta dai venti di caotici cambiamenti della politica mondiale. Se le decisioni verranno prese abbastanza in fretta tuttavia, la prima discesa sul pianeta potrebbe avvenire nel 2010. Non c'è dubbio che se ci decideremo, ci sarà un modo di illuminare le sabbie di Marte per iniziare un mondo nuovo.
FINE